Una «clientela stabile» e un block notes per contabilizzare lo spaccio: il modus operandi delle giovani leve dei Cordì
L’organizzazione smantellata con l’inchiesta della Dda aveva ruoli ben delineati e «nascondigli funzionali al deposito dello stupefacente»

REGGIO CALABRIA Una clientela «stabile», ruoli ben delineati e «nascondigli funzionali al deposito dello stupefacente». Quella smantellata con l’inchiesta “New Generation” della Dda di Reggio Calabria, secondo i giudici della Corte d’appello, era «una vera e propria associazione» dedita al «procacciamento di clientela su una vasta area, non solo nella zona della Locride, ma con espansioni anche su Reggio Calabria e su Messina». «Non vi è dubbio che, nel caso di specie, le indagini hanno portato alla ribalta un’associazione fondata su un meccanismo di funzionamento ben rodato e consolidato, realizzato in occasione delle plurime cessioni di stupefacente monitorate», scrivono i giudici nelle 250 pagine delle motivazioni sul processo in secondo grado scaturito dall’operazione scattata nel luglio 2022 e che aveva portato all’arresto di 29 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanza stupefacente, detenzione di armi e munizioni, danneggiamento, estorsione pluriaggravata, traffico e spaccio di banconote false. Le indagini evidenziarono che lo scopo del clan era duplice: controllare, attraverso il giovane gruppo, le attività svolte sul proprio territorio e, allo stesso formare giovani leve assoggettate all’autorevolezza criminale dei Cordì «da cui poter attingere in futuro per rafforzare l’organigramma specifico della consorteria» tanto che «anche all’esterno il gruppo di ragazzi viene considerato una propaggine della cosca Cordì».
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Secondo i giudici, i componenti del gruppo si muovevano in base a un «modus operandi più volte sperimentato e sempre costante, fondato sull’adozione di opportune cautele per contrastare le indagini». Determinanti le conversazioni e le chat intercettate: «bastava, infatti, lo scambio di poche battute tra di loro per comprendersi al volo», si legge nelle motivazioni.
I ruoli apicali e le direttive
«Nel contesto sopra descritto, – scrivono ancora i giudici – caratterizzato dalla commissione dei numerosi episodi delittuosi di detenzione e di spaccio sopra descritti, documentati dalle intercettazioni in atti, si colloca la figura di Riccardo Francesco Cordì”. Le indagini hanno dimostrato che «punto di riferimento di tutti gli altri sodali», erano Riccardo Francesco Cordì (classe ’96) e Luca Scaramuzzino (classe ’93), e condannati in secondo grado rispettivamente a 10 anni e 5 mesi, e 8 anni di reclusione. Per gli investigatori a contraddistinguersi inoltre «per autorevolezza e operatività» all’interno del gruppo, c’erano anche Antonio Aversa e Salvatore Congiusta, condannati a 4 anni e 7 anni di reclusione.
Sulla figura di Cordì, la Corte, evidenzia «un suo stabile inserimento nell’associazione, con un ruolo apicale, all’interno della quale egli si prodiga attivamente, intervenendo nella gestione di ogni affare in tema di cessione di stupefacente, di proprietà del gruppo, discutendo con piena cognizione sia dei crediti vantati dal gruppo, sia della quantità e qualità di stupefacente custodito nei luoghi di pertinenza, e dimostrando di essere consapevole di far parte in maniera permanente». Significativo un episodio in particolare in cui Cordì era intervento per il recupero di debiti «attraverso l’impiego di un’azione violenta e prevaricatrice». Centrale anche la figura di Scaramuzzino, secondo i giudici, «impegnato in prima persona in maniera assidua nei numerosi episodi di spaccio dello stupefacente e deputato a mantenere i contatti con i vari associati». Scaramuzzino si occupava di prelevare lo stupefacente da consegnare ai vari pusher o ai consumatori, recandosi, «nelle imminenze della cessione, nei nascondigli comuni, dimostrando persino di essere esperto del taglio della cocaina». Scaramuzzino, evidenziano i giudici, aveva proposto di disporre di un registro da utilizzare per la contabilità interna, per «segnare in un “block notes” le quantità, gli importi ed i destinatari delle cessioni, in modo da avere contezza delle entrate e delle uscite».
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