Farmaci e anziani: oltre 3 dosi al giorno. Quando seguire la cura diventa difficile
Gli uomini spendono mediamente di più, probabilmente correlato a una maggiore assunzione di dosi o di farmaci più costosi

ROMA Nella popolazione anziana la spesa media per utilizzatore ammonta a 570,2 euro (621,6 nei maschi e 529,5 nelle femmine), in lieve aumento rispetto al 2023 (+1,2%). Ben il 97,4% degli anziani ha ricevuto nel corso dell’anno almeno una prescrizione farmacologica. In media si arriva a oltre 3,4 dosi al giorno, gli uomini ne prendono più delle donne. Per entrambi i sessi, all’aumentare dell’età si assiste a un progressivo incremento del numero di principi attivi assunti. È quanto emerge dal Rapporto Osmed 2024 sull’uso dei medicinali in Italia, realizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, presentato oggi a Roma. Il 68,1% degli over 65 ha ricevuto prescrizioni di almeno 5 diverse sostanze (politerapia) nel corso del 2024 e circa uno su tre (28,3%) ha assunto almeno 10 principi attivi diversi. Dal Rapporto emerge inoltre che il 33,1% della popolazione anziana (3 pazienti su 10) assume almeno 5 differenti farmaci per almeno 6 mesi nel corso di un anno (politerapia cronica), con un andamento crescente all’aumentare dell’età: fra gli 85 e gli 89 anni si raggiunge il picco del 43,7%, quasi uno su due. Più farmaci, più dosi, più occasioni di errore e di abbandono: seguire bene la cura, per il tempo necessario, diventa difficile. La scarsa aderenza del paziente alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche. Nel caso di terapie croniche, inadeguati livelli di aderenza e persistenza al trattamento sono associati a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, morbilità e mortalità, rappresentando un danno sia per il paziente che per il Servizio sanitario nazionale. La popolazione anziana è quella più a rischio. Ma l’aderenza alla cura varia anche a seconda della categoria terapeutica: maggiori criticità si osservano con i farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie (52,2% pazienti con bassa aderenza), gli antidepressivi (28,1%, con la conseguenza di una cronicizzazione della malattia) e i farmaci antidiabetici (22,6%, in calo del 5% rispetto all’anno precedente). Minori criticità si osservano con i farmaci per il trattamento dell’osteoporosi (68,7% pazienti con alta aderenza) seguiti dalla terapia per l’ipertrofia prostatica benigna (64,9%), dagli antiaggreganti (61,8%), anticoagulanti (53,2%) e antipertensivi (52,6%). Per i farmaci lipolipemizzanti l’alta aderenza è pari al 45,6% dei pazienti in trattamento: il dato è in aumento dal 2019 (+4% rispetto al 2023), ma ci sono ancora margini di miglioramento anche per questi medicinali. Per quasi tutte le categorie terapeutiche analizzate poco più della metà dei pazienti era ancora in trattamento dopo 12 mesi, con valori massimi per gli anticoagulanti (66,6%), mentre per i farmaci per asma e Bpco si registra il 50% di probabilità di interrompere la terapia dopo appena 36 giorni. Tendenzialmente le donne sono meno aderenti e persistenti degli uomini per tutte le categorie terapeutiche analizzate e le regioni del sud registrano livelli di aderenza e persistenza al trattamento più bassi rispetto al resto d’Italia.