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la rivolta silenziosa

La fame come ultimo appello, i detenuti di San Pietro chiedono diritti

A Reggio Calabria 47 detenuti rinunciano al cibo per denunciare strutture fatiscenti e condizioni di vita al limite. I garanti chiedono risposte immediate

Pubblicato il: 15/11/2025 – 17:38
di Paola Suraci
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La fame come ultimo appello, i detenuti di San Pietro chiedono diritti

REGGIO CALABRIA Rifiutano il cibo da oltre dieci giorni. La protesta, iniziata con 23 detenuti della sezione “Scilla” del carcere di San Pietro a Reggio Calabria, oggi coinvolge 47 uomini, tutti appartenenti al circuito di alta sicurezza. Un gesto estremo, ma preciso e determinato, con cui denunciano le condizioni di vita che considerano insopportabili: celle anguste, corridoi scrostati, spazi comuni ridotti al minimo e cortili esterni privi di riparo dal sole cocente o dalla pioggia. Ogni gesto quotidiano, dal camminare all’aria aperta al semplice trascorrere del tempo fuori dalla cella, diventa una prova costante. La vicenda è seguita da vicino dai garanti dei detenuti: Giovanna Russo, Garante regionale dei diritti delle persone detenute per la Calabria, e Giuseppe Aloisio, Garante comunale dei detenuti di Reggio Calabria. Entrambi hanno visitato più volte la sezione, parlando con i detenuti e verificando le loro condizioni di salute. Russo spiega: “Stiamo monitorando attentamente la situazione. Abbiamo verificato che ogni giorno i detenuti vengano sottoposti a controlli da parte dell’area sanitaria dell’istituto. A tal proposito, manteniamo un contatto diretto e costante con la direzione e con l’amministrazione penitenziaria, ricevendo aggiornamenti continui sull’evoluzione degli eventi”.

La protesta in un silenzio che pesa

L’amministrazione penitenziaria, dunque, in collaborazione con i garanti, monitora quotidianamente i detenuti, garantendo assistenza sanitaria e tutela dei diritti fondamentali. Dietro ai protocolli e ai numeri ci sono uomini che chiedono solo ciò che dovrebbe essere naturale: vivere in sicurezza, in ambienti dignitosi e puliti, con la possibilità di svolgere le attività quotidiane minime senza rischi. Lo sciopero della fame a San Pietro non è un episodio isolato. È il simbolo delle criticità che affliggono molte carceri italiane, tra edifici vecchi, sovraffollamento e strutture fatiscenti. La presenza dei garanti Russo e Aloisio è fondamentale: rappresentano il ponte tra i detenuti e le istituzioni, assicurando che le loro voci non rimangano inascoltate e che le istanze della protesta siano seguite concretamente. Nella sezione “Scilla”, ogni giorno scorre tra corridoi silenziosi, celle anguste e gesti che parlano di fatica e resistenza. I detenuti continuano a resistere, trasformando la loro protesta in un richiamo urgente alle istituzioni: servono interventi concreti, manutenzione e ristrutturazione, prima che la situazione peggiori ulteriormente. In questo silenzio che pesa, la voce dei 47 uomini di San Pietro ricorda che la dignità e i diritti non possono essere sospesi dietro le sbarre. (redazione@corrierecal.it)

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