‘Ndrangheta nel Bresciano, a processo la suora «postina del boss» Tripodi
A processo anche Giovanni Acri, ex consigliere comunale in quota Fratelli d’Italia e l’ex assessore leghista Mauro Galeazzi

Sarebbe un’ambasciatrice di «ordini, direttive, aiuti morali e materiali ai sodali o contigui», aiutava a pianificare strategie criminali «di reazione alle attività delle forze dell’ordine e della procura» e dava una mano ai reclusi per «farli comunicare con i parenti pur in presenza di divieto, risolveva dissidi tra fazioni in carcere per conto del boss, sostengono i pubblici ministeri». Con queste pesanti accuse il gup di Brescia (Valeria Rey) ha deciso di rinviare a giudizio suor Anna Donelli, 58 anni, per anni impegnata come volontaria nelle carceri di San Vittore e Canton Mombello. L’inchiesta è quella che vede la religiosa accusata – secondo la DDA – di aver dato una mano «concreta» e «continuativa» a Stefano Terzo Tripodi e al figlio Francesco, ritenuti i capi di un potente “locale” di ‘ndrangheta radicato nel Bresciano, contigua alla cosca calabrese Alvaro di Sant’Eufemia D’Aspromonte. La procura di Brescia contesta alla suora il reato di concorso esterno in associazione mafiosa mentre. Suor Anna Donelli era finita ai domiciliari ma il Riesame l’aveva rimessa in libertà dopo qualche giorno e lo stesso Riesame in altre due occasioni aveva rigettato la richiesta di misura cautelare nei suoi confronti.
L’accusa alla suora
Secondo quanto emerso dall’inchiesta della Distrettuale antimafia, infatti, la vicinanza della religiosa alla famiglia Tripodi «non appare né occasionale né insignificante» anche perché gli stessi capi del sodalizio avevano di fatto «la capacità di veicolare messaggi, tramite la stessa suora, all’interno degli istituti penitenziari di Milano e Brescia». A fare il nome della religiosa era stato anche Rosario Marchese, riferendo una «confidenza fattagli da Vincenzo Iaria secondo cui Tripodi, all’interno del carcere, riusciva a veicolare informazioni tramite una religiosa che operava». Una tesi che ha poi avuto un riscontro oggettivo, almeno secondo gli inquirenti. Ci sono, ad esempio, intercettazioni in cui Tripodi avrebbe chiesto alla suora Donelli di incontrare Francesco Candiloro (detenuto per reati di criminalità organizzata) nel carcere di Brescia e di stare con lui «fino al momento in cui non fosse presente nessun altro, per comunicargli che lei era “l’amica di Stefano”», annota ancora il gip nell’ordinanza.
Il processo
Insieme alla religiosa ieri sono stati rinviati a giudizio altri 12 imputati. Tra loro, l’ex consigliere comunale di Brescia Giovanni Acri (FdI) presunto medico di fiducia dei “feriti” del clan Tripodi. Secondo la Dda, infatti, Acri «avrebbe fornito assistenza sanitaria ai sodali anche quando questi erano latitanti» e avrebbe medicato uno degli esponenti del presunto clan rimasto ferito durante una rapina. Hanno chiesto l’abbreviato invece 21 imputati, tra cui Francesco Tripodi, il figlio del presunto boss Stefano Terzo (deceduto la scorsa estate) titolari di uno sfasciacarrozze e di una ditta di rottami a Flero per gli inquirenti a capo di una locale di ‘ndrangheta in terra bresciana dedita a violenza e minacce, usura, estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, riciclaggio, voto di scambio. In abbreviato anche l’ex assessore e candidato sindaco in quota Lega nel 2021 a Castelmella Mauro Galeazzi, al quale i Tripodi per i pm avrebbero garantito voti in massa in cambio di appalti pubblici. Sei imputati invece vorrebbero patteggiare. L’operazione interforze scattò nel dicembre 2024, con 33 misure cautelari: 29 persone arrestate, tra carcere e domiciliari, e sequestri per oltre 1,8 milioni di euro. (Gi.Cu.)
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