Radici che generano economia, le dimore storiche e la “rinascita” della Calabria
Tra agricoltura, turismo ed enoturismo, generano lavoro, attraggono visitatori e contribuiscono alla rigenerazione dei piccoli comuni

COSENZA Le dimore storiche, oltre al valore architettonico e artistico, rappresentano una risorsa per le economie locali. Secondo i dati dell’Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato, quasi il 40% delle dimore che svolgono attività agricola ricava da essa più dei tre quarti del reddito annuale. L’enoturismo cresce costantemente e contribuisce alla vitalità delle campagne, in una gestione che tiene insieme lavoro agricolo e patrimonio culturale.
Qualche numero
I numeri legati a questo particolare segmento di turismo sono notevoli. Il patrimonio culturale privato in Italia, con oltre 37 mila immobili identificati, costituisce una parte fondamentale della ricchezza storica, artistica e culturale nazionale. Contrariamente a quanto si pensi, in Italia sono presenti oltre 8.200 dimore private abitualmente aperte al pubblico, superando di gran lunga il numero dei comuni italiani, che ammontano a 7.901: in media, più di una dimora per località. Si può dunque parlare di una delle principali risorse per lo sviluppo del Paese, basato sulla storia e l’identità e che favorisce la nascita di nuove occupazioni e la creazione di un futuro sostenibile a partire dalla propria memoria. Uno sviluppo di cui non tutti i Paesi possono vantarsi.
Le dimore storiche, non solo il più vasto museo diffuso, ma anche la più estesa industria culturale del Paese, creano economia e valore sociale – oltre che culturale – in tantissime filiere estremamente ampie ed articolate, come turismo, artigianato e restauro, soprattutto al di fuori delle grandi città.
Il 28% delle dimore si trova in comuni sotto i 5.000 abitanti – che costituiscono il 70% dei comuni italiani – oltre la metà (54%) si trova nei centri abitati con meno di 20.000 abitanti ed il 31,3% in aree periurbane o al di fuori delle città. Più di una dimora su tre risulta inoltre essere all’interno di un borgo storico, una su quattro in area rurale.
Le dimore storiche, antidoto allo spopolamento
Le dimore sono beni non delocalizzabili che generano un valore sociale ed un’economia legata al territorio. Se adeguatamente valorizzate possono quindi rappresentare uno stimolo per la ripartenza dei piccoli comuni garantendo un ritorno positivo per le attività produttive locali che sono sempre più in difficoltà. Le aree interne – pari al 58% del Paese, in cui vivono 13 milioni di persone – sono sempre più povere e prive di servizi a causa di uno spopolamento che va ben oltre l’attuale calo demografico. Come si legge sul Sole 24 Ore, «secondo Luciano Monti, docente dell’Università Luiss Guido Carli, autore dell’Osservatorio, per ogni euro investito nei lavori il moltiplicatore sull’indotto è di circa il 2%. I dati contenuti nel rapporto Enea, invece, mostrano come e quanto siano stati notevoli gli sforzi profusi, negli ultimi anni, destinati alla valorizzazione e riqualificazione di molti dei beni, oggi diventati mete turistiche ambite. Grazie ai fondi legati al Superbonus 110% sono stati ristrutturati, nel 2024, «otto castelli in Piemonte, Lombardia, Lazio e Basilicata per un costo totale di circa 1 milione di euro (135 mila euro cadauno) e altri cinque nel 2025 per un importo analogo, in Calabria, Lazio, Lombardia e Piemonte».
Il percorso suggerito dall’Associazione Dimore Storiche Italiane ETS
In Calabria, lo scorso 9 novembre, sono state aperte al pubblico alcune residenze che raccontano, in modi diversi, la storia di antiche famiglie che hanno mantenuto la continuità tra storia e paesaggio. A Corigliano Rossano, il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli” racconta secoli di esperienza agricola e industriale, con strumenti, archivi e spazi di produzione che testimoniano l’evoluzione di un’attività divenuta parte dell’identità locale.

Nel Crotonese, la Masseria Zurlo a Scandale conserva la memoria dell’antico casale di San Leone, citato nelle fonti medievali. Nei ruderi inglobati negli edifici rurali e nelle iscrizioni che richiamano il passato, la masseria mantiene la sua funzione di presidio agricolo e ambientale sulle colline del Marchesato.

Sulla costa tirrenica, a Sangineto, il Castello del Principe rappresenta un raro esempio di architettura cinquecentesca affacciata sul mare. Dalle torri circolari, la corte e il loggiato superiore si possono leggere le tracce delle trasformazioni che nei secoli hanno disegnato l’aspetto attuale.

In provincia di Reggio Calabria, la Tenuta Acton di Rizziconi, sorta nel Settecento come centro produttivo olivicolo, resta nella forma originaria del borgo agricolo con la piazza quadrangolare, la residenza principale e la chiesa gentilizia in mezzo a 200 ettari di uliveti. Mantiene la sua vocazione agricola, ma ha trasformato le antiche abitazioni dei lavoratori, ora destinate alla ricezione turistica.

A Polistena, Palazzo Grillo accoglie i visitatori nel centro storico, tra le sale restaurate di un edificio settecentesco con corte interna e scala monumentale in pregiata pietra locale che si apre in un portico colonnato sullo stile delle architetture napoletane del XVII secolo.

Chiude il percorso calabrese Palazzo Provenzano a Catanzaro, residenza settecentesca privata che ha conservato integre la struttura e gli arredi originari. (f.b.)

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