‘Ndrangheta, la “linea di sangue” dei Barbaro: da Platì a Milano l’erede di “U Rosi” ai vertici del narcotraffico
Dalla “sintonia” con Bruzzaniti ai broker Carbone e Imperiale, oggi pentiti. E la fiducia incrollabile nel cognato Antonio

LAMEZIA TERME Un nome e una dinastia da portare avanti. Un peso criminale da mantenere e tramandare. Lungo questa direttrice si è mosso, finora, Franco Barbaro (cl. ’76), finito in manette nel corso dell’ultimo blitz della Distrettuale antimafia di Milano. Arrestato insieme ad altre 27 persone nell’ambito di una nuova (l’ennesima) inchiesta contro l’imponente business del narcotraffico internazionale che, dal Sudamerica, ha visto (e vede tuttora) l’arrivo in Europa e sul territorio italiano di ingenti quantitativi di cocaina per un controvalore di milioni di euro.
Il “peso” di Rosi Barbaro
La presenza della ‘ndrangheta e di soggetti con un pedigree criminale riconosciuto è un fattore decisivo. Franco Barbaro è un passo avanti agli altri perché figlio di Rosario Barbaro alias “U Rosi”. Quindi non un nome qualunque, ma quello che per decenni è stato considerato il capo bastone dell’omonima cosca di Platì, patriarca della famiglia detta “i nigri”. Già nel 1965 era stato identificato come “mafioso” dal questore di Reggio Calabria, ma già a vent’anni, nel 1960, Rosario Barbaro venne denunciato per sequestro di persona in concorso, minacce gravi, percosse aggravate e lesioni personali volontarie. Le principali vicende penali che lo riguardano hanno origine nelle operazioni antimafia “Saggezza”, “Marine”, “Mandamento Jonico” e “Montagna Alati” mentre due pentiti, Rocco Varacalli e Rocco Marando, lo hanno descritto come «il numero uno di Platì».
L’aura criminale dei Barbaro
E, seguendo la linea di sangue, per diretta discendenza Franco Barbaro ha mantenuto intatta l’aura criminale e ‘ndranghetista della propria famiglia di appartenenza, portandola da protagonista nel fiorente business del narcotraffico internazionale con snodo cruciale a Milano e il suo hinterland.
Non è un caso se, già in passato, per gli inquirenti della Dda di Milano Franco Barbaro era stato considerato l’unico soggetto in grado di porsi su un piano paritetico a Bartolo Bruzzaniti (cl. ’75) considerato un elemento di spicco della cosca Bruzzaniti-Morabito-Palamara operante ad Africo Nuovo e località limitrofe e capeggiata da Giuseppe Morabito alias “Tiradritto” e condannato a vent’anni di carcere quasi due mesi fa. Per sua stessa ammissione Bruzzaniti è un soggetto di assoluto peso nel narcotraffico in qualità di «trafficante di stupefacenti di comprovata esperienza», nel suo habitat a Milano.

La coppia Barbaro-Bruzzaniti e gli affari con Carbone e Imperiale
In questo scenario la coppia Barbaro-Bruzzaniti avrebbe operato “in sintonia” per far entrare carichi di cocaina a Gerenzano, potendo contare però su un’altra coppia: Carbone e Imperiale. E qui si spalanca un altro enorme capitolo di una storia criminale lunga moltissimi anni. I due, infatti, sono ormai due ex noti broker della Camorra e, dal 2022, hanno scelto di saltare il fosso, iniziando a collaborare con la giustizia. Prima, però, i due hanno costruito un impero, abbattuto mattone dopo mattone dalle inchieste giudiziarie. Carbone, coinvolto anche lui nell’ultima inchiesta “Sky Fall” della Dda, è un ex latitante pericoloso, arrestato il 15 novembre del 2022 e ricercato in quanto condannato in via definitiva alla pena detentiva a vent’anni di reclusione. “Urano”, “Giove”, “Nettuno” o “Plutone” erano i suoi nickname scelti per muoversi sulle chat criptate di SkyECC, trattando l’acquisto di quintali di cocaina. Il device “KCB27B” al quale erano abbinati i nickname “Urano-Giove-Plutone” sarebbe comparso per la prima volta nell’indagine della Dda con il nickname “Urano” quando Bartolo Bruzzaniti e Franco Barbaro dovevano rifornirsi da Carbone e Imperiale di un carico di cocaina da 100 kg il 17 giugno del 2020 e di un ulteriore carico di 113 kg qualche giorno più tardi, il 10 luglio.
Il cognato Barbaro
A proposito di linea di sangue: per gli inquirenti milanese, tra gli organizzatori dell’associazione e legato dal vincolo associativo ma «con margini di autonomia decisionale e strategica, capace di impegnare con la propria parola all’esterno il gruppo anche senza l’approvazione di Franco Barbaro» c’era un altro Barbaro, Antonio, cognato di Franco in quanto fratello della moglie. Dalle chat intrattenute tra i due emergerebbe – come riporta il gip nell’ordinanza – un rapporto di due pari grado, in quanto ad esempio Antonio Barbaro aveva la libertà di attingere autonomamente alle riserve di stupefacente del gruppo avendo, a differenza di altri, «il potere di determinare in autonomia il prezzo di rivendita». La fiducia di Franco Barbaro nei confronti del cognato sarebbe stata tale da consentire ad Antonio Barbaro di occuparsi in prima persona delle autovetture utilizzate dal gruppo – dotate di doppio fondo – grazie alle quali potevano trasportare i carichi di cocaina in grandi quantità. Insomma, quello di Antonio Barbaro sarebbe stato un coinvolgimento «ai massimi livelli» anche nelle importazioni (considerevoli) di cocaina dall’estero. (g.curcio@corrierecal.it)
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