Dal narcotraffico globale al business del caporalato: l’ombra della ‘ndrangheta sullo sfruttamento dei migranti
Dalla Piana di Gioia Tauro all’infiltrazione nei centri di accoglienza. Lo studio Eurispes fa luce sul business gestito dalla criminalità organizzata

ROMA Non solo leader indiscussa nel settore del narcotraffico internazionale, la ‘ndrangheta risulta essere anche uno degli attori principali nel settore dello sfruttamento dei migranti. Dalla gestione del caporalato fino alle infiltrazioni nel sistema di accoglienza, un recente studio dell’Eurispes, intitolato “Immigrazione e criminalità organizzata: le strategie dei sodalizi italiani”, getta luce su come la più potente mafia italiana abbia integrato il business nelle sue strategie criminali. Lo studio, che copre il periodo 2019-2024, ha utilizzato una metodologia innovativa combinando l’analisi digitale di fonti aperte con l’analisi qualitativa dei casi studio, confermando: «La sussistenza di una correlazione tra la criminalità organizzata e l’immigrazione relativamente allo sfruttamento dei migranti in attività legali e illegali, risulta confermata». E lo studio evidenzia che «a differenza delle mafie cinese e nigeriana, non si riscontra un diretto coinvolgimento dei sodalizi italiani nelle tratte che conducono in Italia. I gruppi italiani si attiverebbero nel momento in cui i migranti giungono in Italia».
Lo strapotere dei clan calabresi e la capacità di «colonizzazione»
Considerato «il gruppo criminale italiano più potente dal punto di vista politico, economico e finanziario», la ‘ndrangheta – evidenzia il report – «gestisce gran parte del mercato della cocaina a livello europeo, intrattenendo relazioni dirette con i produttori sudamericani». Quella dei clan calabresi sarebbe stata una crescita «a livello globale a partire dagli anni Novanta in poi», «in parte, da ricondurre alla complessiva sottovalutazione del gruppo, che ha comportato ridotte e poco efficaci azioni di contrasto, poiché a lungo ritenuta un’entità essenzialmente locale e rurale, confinata alle campagne calabresi». «Contestualmente, la ’ndrangheta ha profittato, nella sua ascesa, delle lotte interne a Cosa Nostra e alla Camorra, imponendo la propria supremazia nel traffico internazionale di cocaina (mercato inizialmente considerato meno redditizio)». Nel report, viene rilevato come la ‘ndrangheta abbia ramificazioni in tutta Italia, l’Unione europea, la Svizzera, il Regno Unito, il Canada, gli Stati Uniti, la Colombia, l’Australia e il Sudafrica. «A differenza di Cosa Nostra, che all’estero invia essenzialmente degli emissari con il ruolo di tramite, la ’ndrangheta costituisce all’estero vere e proprie cosche, riproponendo la tipica struttura della ’ndrina anche all’estero e attuando un vero e proprio processo di colonizzazione. Le cosche sono caratterizzate da strutture solide, agili e adattabili, collegate tra loro e unite da un vincolo di segretezza difficilmente scalfibile. La struttura delle cosche è essenzialmente verticistica e, seppur relativamente autonome, costituiscono una fitta rete in cui sono presenti organismi di coordinamento intermedi».
E sono vari i settori in cui i clan hanno trovato terreno fertile per portare avanti i loro affari: «I proventi che la ’ndrangheta acquisisce dal traffico di droga sono usualmente reinvestiti in un ampio ventaglio di attività di riciclaggio, da quelle commerciali al settore edilizio, dalla realizzazione di progetti per intercettare fondi pubblici alla gestione dei rifiuti». Se il traffico di droga rimane l’attività più redditizia, da cui la sola ‘ndrangheta ricaverebbe annualmente circa «€27 miliardi, dei 44 miliardi di euro complessivi delle sue rendite annuali», lo sfruttamento dei migranti si inserisce in un ventaglio di attività illecite che include contraffazione, estorsione, traffico di armi e riciclaggio.
Dalla Piana di Gioia Tauro all’infiltrazione nei centri di accoglienza
Il report evidenzia come il legame tra criminalità e sfruttamento dei migranti sia «risultata maggiormente evidente nell’ambito del caporalato». In questo contesto, i gruppi criminali italiani «cooperano attivamente sfruttando i migranti in contesti lavorativi sommersi o di paralegalità». La ‘ndrangheta emerge dallo studio come un attore cruciale in questo scenario. L’indagine è «esemplificativa» riguardo alla «gestione delle reti di caporali da parte della ’ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro, dove il gruppo mafioso ha installato diverse società che hanno inquinato il settore agricolo, anche tramite la soggiogazione dei migranti».
Nel caporalato agricolo, la struttura è mista: «La maggior parte dei caporali sono stranieri, mentre le strutture criminali centrali sono italiane». Ma l’interesse della ‘ndrangheta per i flussi migratori non si ferma ai campi. Lo studio di Eurispes richiama l’attenzione sulle «infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno del sistema di accoglienza dei migranti in Italia». Le mafie, in particolare la ‘ndrangheta, avrebbero «ripetutamente ed efficacemente profittato delle emergenze che ciclicamente hanno interessato i centri di accoglienza italiani». «Le infiltrazioni registrate in diversi contesti (Sicilia, Calabria, Roma) avvengono attraverso cooperative e società riconducibili ai gruppi criminali. Questi sfruttano le necessità che si presentano a causa delle condizioni di sovraffollamento dei centri, risolte amministrativamente tramite un sistema di appalti e subappalti. Le mafie attivano quindi le cooperative a loro riconducibili, fornendo i servizi necessari per supportare i centri di accoglienza, con costi vantaggiosi per le amministrazioni coinvolte».
Dal punto di vista geografico, il coinvolgimento della ‘ndrangheta si estende ben oltre i suoi territori storici. Casi di coinvolgimento del sodalizio calabrese sono stati individuati «tanto nelle regioni meridionali quanto in quelle settentrionali». A livello regionale, Calabria, Sicilia e Campania (aree delle tre principali mafie) sono tra le più interessate. Una nota interessante riguarda la strategia di arruolamento: «La cooptazione non è fondata su legami preesistenti, ma sul controllo territoriale delle aree in cui avviene lo sfruttamento. Camorra e ’Ndrangheta, ad esempio, adescano principalmente migranti provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e dal Bangladesh».
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