Stadio “Scida”, sicurezza e locali notturni: il monopolio silenzioso dei “Papaniciari”
L’ordinanza descrive un progetto criminale fondato su gestioni fittizie, investimenti nelle attività food & beverage e il ruolo centrale di Pennisi nella conquista del centro storico

CROTONE L’operazione eseguita mercoledì dalla Guardia di Finanza, su coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, affonda le radici nel solco già tracciato dalla maxi-inchiesta “Glicine-Acheronte”. L’ordinanza, firmata dal gip e ora notificata ai tre indagati – Gaetano Russo (classe ’80) e Gianluca Pennisi (classe ’75), finiti in carcere, e Nicola Siniscalchi (classe ’74), destinatario invece dei domiciliari con braccialetto elettronico – offre un quadro nitido dell’attività di infiltrazione della cosca Papaniciara nel settore della ristorazione, dei locali notturni e del food & beverage sul lungomare crotonese. Ma non solo.
Secondo la prospettazione accusatoria, i tre costituivano un tassello strategico della rete economico-criminale riconducibile al gruppo Megna: Pennisi e Russo quali terminali operativi per l’imposizione dei servizi e l’ingresso occulto nei locali, Siniscalchi quale figura imprenditoriale e gestore fiduciario delle attività commerciali riconducibili alla cosca.
Il ruolo di Pennisi e Russo nei servizi di sicurezza e nel controllo dei locali
Le risultanze riportate dal gip richiamano innanzitutto le pregresse acquisizioni dell’indagine “Glicine”, che già collocavano Gianluca Pennisi come «coadiutore delle attività delinquenziali dei Papaniciari», sempre in sinergia con Gaetano Russo. La cosca Megna – secondo quanto ricostruito nell’ordinanza – aveva da anni imposto la propria presenza nei servizi di vigilanza e nella gestione delle attività estorsive, sia allo stadio “Ezio Scida” durante le partite del Crotone Calcio, sia presso numerosi locali notturni della provincia. A confermare il quadro, il contributo del collaboratore di giustizia Giuseppe Montemurro, che ha riferito dei rapporti criminali intrattenuti con Russo, Pennisi e Mario Megna sin dal 2007. Le sue dichiarazioni – citate dal giudice – ricostruiscono un sistema in cui agenzie di sicurezza apparentemente lecite fungevano da copertura per un monopolio criminale del settore. I nomi degli addetti alla guardiania venivano infatti «individuati di volta in volta da Russo, Megna e Pennisi», mentre le agenzie cosentine provvedevano a fatturazioni e pagamenti in nero.
L’ordinanza riporta anche un passaggio d’intercettazione che rafforza il quadro di riconoscimento del ruolo dei tre indagati: in una conversazione del 18 maggio 2018, un soggetto identificato come “Antonio” fa chiaro riferimento all’autorità esercitata nel territorio da Mico Megna, citando espressamente Pennisi e “Gaetanuzzu” (Gaetano Russo) quali figure capaci di intervenire nelle controversie generate dalla gestione di attività commerciali. “Anche Gatanuzzo lo stimo perché è una persona perbene… e anche Gianluca a me stima tanto. Se c’è qualcosa… questo è commercio!” afferma l’interlocutore, riconoscendone il peso nel tessuto economico cittadino.
Le conferme dalle intercettazioni con Mario Megna e il ruolo strategico di Pennisi
Ulteriori elementi sul coinvolgimento di Pennisi nelle attività della cosca emergono da una serie di conversazioni intercettate mentre «Mario Megna si trovava a Parma in visita a Giacomo Pacenza, considerato dagli inquirenti un referente della cosca anche in Emilia-Romagna», annota il gip nell’ordinanza. Nel dialogo, Megna accenna ai comportamenti “poco accorti” di alcuni sodali, tra cui proprio Pennisi e Nicola Siniscalchi, che sarebbero stati ripresi dalle telecamere di una discoteca mentre “prendevano soldi dalla cassa”. Il passaggio, ritenuto significativo dagli inquirenti, mostra il malumore del vertice per l’esposizione giudiziaria generata da tali condotte.
“Ci hanno messo Pennisi! L’hanno ripreso le telecamere che prendeva i soldi dalla cassa! E Nicola della Cambusa…” lamenta Megna, collegando inoltre gli incassi della discoteca alle esigenze di “mantenimento” dei detenuti della cosca, che egli stesso dichiarava di gestire personalmente. “…i soldi li porto io per tutti i carcerati, gli ho detto… e a me mi dovete portare rispetto e stima come ve la porto io e tutta la famiglia mia!”.
È in questa cornice che Pennisi viene delineato – sulla base di dichiarazioni convergenti e di plurimi riscontri tecnici – come un soggetto di assoluta centralità nel progetto di infiltrazione economica della cosca, in particolare nel settore della ristorazione del centro storico e del lungomare. Il collaboratore Francesco Oliverio, in più interrogatori, ha riferito che Pennisi, dopo essere uscito dal carcere, avrebbe ottenuto la gestione di numerosi bar e locali «per conto della cosca», avvalendosi dell’intercessione dei Megna e di una clientela “borghese” capace di rendere redditizio il circuito commerciale da lui controllato.
Il “terminali economico” del sodalizio
Accanto all’operatività di Russo e Pennisi, l’ordinanza valorizza il ruolo di Nicola Siniscalchi, indicato come figura di rilievo nello scenario imprenditoriale cittadino, in particolare nel settore del food & beverage. La gip parla di Siniscalchi come del “terminali economico” della cosca, soggetto dotato di competenze gestionali e capace di fungere da interfaccia tra il sodalizio e il tessuto economico legale.
La sua figura emerge anche dalle dichiarazioni del collaboratore Domenico Bumbaca, che lo descrive come vicino ai Barillari e a Russo, e come soggetto abitualmente utilizzato quale prestanome per società fittizie.
Secondo l’accusa, Siniscalchi avrebbe costruito una rete di prestanome (spesso ex dipendenti) per infiltrarsi nella gestione di locali strategici della movida crotonese. Un disegno già evidenziato nelle precedenti indagini sui ristoranti “Il Veliero” e “La Casa Cantoniera”, e che, secondo la gip, si sarebbe esteso anche a “La Cambusa”, alla pizzeria “400 gradi” e al cocktail bar “Gin Lab”.
Le operazioni economiche contestate agli indagati sarebbero state finalizzate al reimpiego di capitali illeciti, alla protezione dai sequestri patrimoniali e al condizionamento della libera concorrenza, attraverso l’ingresso occulto della cosca in attività formalmente intestate a terzi.
Un sistema criminale integrato nella ristorazione crotonese
Dalle pagine dell’ordinanza emerge così un quadro organico: Pennisi, Russo e Siniscalchi, ciascuno con ruoli differenti ma complementari, avrebbero contribuito – secondo l’accusa – a dare attuazione al programma criminale della cosca Papaniciara, inserendosi progressivamente nel cuore pulsante dell’economia cittadina, tra bar, ristoranti, discoteche e locali del lungomare. Un’infiltrazione costruita nel tempo, già avviata secondo gli inquirenti tra 2018 e 2019, e consolidata attraverso un uso sistematico di prestanome, investimenti occulti, attività di guardiania imposte e un costante riferimento all’autorità criminale dei vertici della cosca. (f.v.)
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