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l’intervista del corriere

Facciolla: «La morte di Bergamini? Un omicidio camuffato da suicidio» – VIDEO

Così l’ex procuratore di Castrovillari a margine del dibattito tenutosi a Rende. Sul podcast di Selvaggia Lucarelli: «Non seguo opinionisti esperti di nulla e capaci di tutto»

Pubblicato il: 13/12/2025 – 10:40
di Francesco Veltri
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Facciolla: «La morte di Bergamini? Un omicidio camuffato da suicidio» – VIDEO

RENDE A più di trentacinque anni dalla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio Donato Bergamini, il suo caso continua a interrogare la giustizia e l’opinione pubblica. Se ne è discusso ieri a Rende, al Best Western Premier “Villa Fabiano Hotel”, nel corso dell’incontro “Il caso Bergamini verso la giustizia”, promosso dal Rotary Club Rende, che ha riunito familiari, protagonisti del mondo sportivo, giornalisti e magistrati coinvolti nella riapertura delle indagini.
All’incontro hanno preso parte Donata Bergamini, sorella di Denis, Gigi Simoni, ex compagno di squadra del calciatore, il giornalista di Sky Sport Bruno Palermo e soprattutto l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, il magistrato che nel 2017 ha riaperto il caso, conducendo alle indagini sfociate nel processo di primo grado. A moderare il dibattito è stato il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, che ha ripercorso le tappe fondamentali della vicenda, dalla tragica sera del 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, quando perse la vita Donato Bergamini, fino alla recente svolta giudiziaria. Le indagini riaperte dalla Procura di Castrovillari hanno portato al processo di primo grado, conclusosi nell’ottobre 2024 con la condanna a 16 anni di reclusione di Isabella Internò per omicidio in concorso con ignoti. Il 24 ottobre scorso, a Catanzaro, è iniziato il processo d’appello.

L’intervento di Facciolla

Nel corso del dibattito pubblico, l’ex procuratore Eugenio Facciolla ha sottolineato il valore e la delicatezza del momento giudiziario. «È una fase storica e delicata della giustizia. Questo è il momento giusto per fare corretta informazione. Il processo non ha raggiunto la parola fine, c’è una sentenza di primo grado», ha affermato Facciolla.
Il magistrato ha poi elogiato la tenacia della famiglia Bergamini, soffermandosi in particolare sulla figura di Donata. «La resilienza di Donata Bergamini – ha detto – è stata un esempio di ricerca della verità. Bisogna crederci nella giustizia, nonostante i guai che leggiamo ogni giorno. Complimenti a lei e al papà Domizio, che voglio ricordare qui stasera».
Facciolla ha ricordato una promessa fatta proprio al padre di Denis Bergamini: «Dissi a Domizio che saremmo arrivati a una prima verità: quello di Denis è stato un omicidio camuffato da suicidio. Questo lo dicono gli atti dei processi, questo dice la scienza. Ci sono dati insormontabili». Nel suo intervento, l’ex procuratore ha voluto rendere omaggio anche a Padre Fedele Bisceglia e a Giuseppe Milicchio, recentemente scomparsi, che negli anni si sono battuti per fare luce sulla vicenda.

Le ragioni della riapertura del caso

Facciolla ha spiegato come si sia arrivati alla riapertura delle indagini nel 2017: «Ho preso i decreti di archiviazione e ho capito che c’erano diverse falle, soprattutto nelle dichiarazioni della ragazza (Isabella Internò, ndr). Penso ad esempio a ciò che diceva sulla posizione dell’auto, che cambiava più volte. Ci sono discrasie, contraddizioni, versioni diverse». E ancora: «L’autista del camion (Raffaele Pisano, ndr) prima rende una dichiarazione e poi ne fornisce una sovrapponibile a quella della ragazza. Io non ho fatto nessuna scoperta, ho solo guardato le carte e ho detto: queste sono balle». L’ex procuratore di Castrovillari ha poi collocato la vicenda nel contesto storico dell’epoca: «In quel periodo a Cosenza c’erano già tante vicende di mafia. Si uccideva e si lasciava il morto per strada. Se Bergamini si fosse voluto suicidare, sarebbe bastato salire sul tetto del Motel Agip. Si va a Roseto perché si deve sfuggire a ogni tipo di indagine, sia della magistratura che della criminalità». Facciolla ha parlato anche di interessi della stessa criminalità organizzata attorno al Cosenza calcio in quegli anni, precisando tuttavia che la propria idea personale resta riservata, essendo il processo ancora in corso.

La riesumazione e gli accertamenti scientifici

Uno dei passaggi più significativi ricordati da Facciolla ha riguardato la riesumazione del corpo di Denis Bergamini: «Fui d’accordo sull’incidente probatorio perché volevo mettere la parola fine alla vicenda, in un senso o nell’altro. Io non stavo dalla parte di nessuno. La sorpresa fu, dopo 29 anni, trovare un corpo integro e in condizioni tali da permettere numerosi accertamenti». E ancora: «Il corpo di Denis si trovava con le estremità sotto il guardrail: questo dimostra che non si sarebbe mai potuto lanciare. Quando fu aperta la cassa, dissi che Denis ci stava aspettando. Quel corpo lasciò di stucco i consulenti».

Gigi Simoni e la squadra

L’intervento di Gigi Simoni, ex portiere del Cosenza, ha restituito l’immagine umana e sportiva di Bergamini. «Denis – ha spiegato – era il migliore di tutti noi, era il migliore amico di tutti. Una persona solare, riservata, un mattacchione, legatissimo alla famiglia. Per chi lo ha conosciuto è inimmaginabile pensare al suicidio. Aveva una voglia di vivere incredibile e aveva fatto progetti di vita anche insieme a me». In sala erano presenti anche gli altri compagni di squadra del calciatore Ugo Napolitano, Ciccio Marino e Gigi De Rosa, a testimonianza di un legame che resiste al tempo.

Donata Bergamini: «Grazie al procuratore Facciolla»

Commosso l’intervento di Donata Bergamini, che ha ripercorso le tappe della lunga battaglia giudiziaria. «Dopo due archiviazioni, quando seppi che il procuratore di Castrovillari voleva riaprire il caso, non ero fiduciosa. Da quella procura avevo avuto solo delusioni. Chiesi al mio avvocato Anselmo se fosse possibile portare il caso altrove: sarebbe stato l’errore più grande della mia vita». Ricordando i funerali del fratello, Donata ha aggiunto: «In quella chiesa sentivi che c’era qualcosa di strano, come qualcuno che ci volesse male».

Facciolla al Corriere della Calabria

A margine dell’evento, Eugenio Facciolla ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere della Calabria, ribadendo la necessità di rispetto per il percorso giudiziario in corso. «C’è una sentenza di primo grado – ha ricordato – quindi nulla è ancora definitivo. Nel rispetto del principio di non colpevolezza, questo aspetto va sempre messo in evidenza». Sulla riapertura delle indagini del 2017, Facciolla ha chiarito: «Ho fatto il mio dovere fino in fondo. Il merito va soprattutto alla mia polizia giudiziaria, che senza conoscere nulla delle indagini precedenti ha ricostruito in modo puntuale i fatti. Io mi sono fermato nel 2019: ciò che ho letto nella sentenza è il frutto di quel lavoro».
L’ex procuratore ha poi ricordato che la Corte d’Assise di Cosenza ha rimesso gli atti alla Procura di Castrovillari per valutare eventuali ulteriori responsabilità, anche per ipotesi di falsa testimonianza. «Ho letto che ci sono attività ulteriori, nella sentenza la Corte dall’Assise di Cosenza ha rimesso gli atti alla procura di Castrovillari proprio per accettare altre eventuali responsabilità sia per quanto riguarda la condotta di concorso in omicidio sia per altri reati emersi nel corso delle udienze, come falsa testimonianza e altre situazioni. Credo ci vorrà ancora del tempo per scrivere la parola fine, in un senso o nell’altro. Una cosa è certa, qui non si tratta di alzare la paletta per dire “io sono favorevole , io non sono favorevole” o “per me è innocente, per me è colpevole”. No, non siamo in un quiz, non siamo in un gioco a premi, non siamo in un programma o in un social. Stiamo parlando di una cosa delicatissima, di un fatto molto grave che si verifica in un momento storico per la giustizia italiana. I casi di cronaca all’ordine del giorno mi pare siano abbastanza noti, con vicende che vengono riaperte dopo anni. Quella di Bergamini è ancora più grave rispetto ad altre vicende perché non si tratta di un omicidio non scoperto o rimasto ignoto, ma si tratta di un omicidio camuffato da suicidio. Per questo dico che la giustizia è una cosa seria e deve essere affidata a chi la esercita nelle aule di tribunale. Commenti o opinioni sono altra roba».
Infine, sulle critiche mosse da Selvaggia Lucarelli nel suo podcast “Tu non puoi capire” in cui difende Isabella Internò, Facciolla ha liquidato la questione con poche parole: «Io non seguo i social, non seguo opinionisti esperti di nulla e capaci di tutto». (f.veltri@corrierecal.it)

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