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Traffico di droga a Cosenza, i “tre canali” di approvvigionamento e il “sottobanco”

In Corte d’Assise a Cosenza emergono i dettagli dell’operazione Recovery. L’acquisto di droga da altri canali è “vietato”, ma qualcuno elude i “controlli”

Pubblicato il: 13/12/2025 – 10:35
di Fabio Benincasa
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Traffico di droga a Cosenza, i “tre canali” di approvvigionamento e il “sottobanco”

COSENZA L’acquisto di droga sottobanco, una pratica “vietata” nel Sistema Cosenza ma praticata da alcuni soggetti ritenuti gravitanti nella galassia criminale bruzia. La circostanza è emersa già in passato in alcune delle operazioni concluse dalla Dda di Catanzaro e destinate a scardinare il narcotraffico nell’hinterland Cosentino. E’ successo – ad esempio – che Salvatore Muoio, ritenuto pusher del centro storico della città dei bruzi, sia stato gambizzato perché aveva smesso di rifornirsi dal gruppo dei “Banana” preferendo altre fonti. I fatti vengono cristallizzati nell’inchiesta “Testa del Serpente”. Muoio è stato raggiunto dai proiettili di una pistola calibro 9×21 mentre si trovava sui gradini del bar vicino al Duomo del centro storico di Cosenza perché «era intenzione dei “Banana” assicurarsi la gestione in monopolio dello spaccio dell’eroina nell’area (il centro storico di Cosenza, ndr)». L’attentato risale al mezzogiorno del 19 ottobre nell’anno del 2011. Ivan Barone, pentitosi nel 2022, ha avuto modo di illustrare i dettagli del ricorso al sottobanco. «I “Banana” mi ricordo che parlavano di certi che avevano preso l’eroina dagli albanesi. Era sottobanco e non era quella di Cassano, bensì di questi albanesi (…) l’avevano pagata di meno». Ma perché un gruppo come quello degli Zingari di Cosenza avrebbe fatto ricorso al “sottobanco”? «Ne parlavano davanti a me che avevano preso questa partita a poco prezzo, che magari volevano mettere sul mercato. Secondo me per pagare i debiti che avevano con quelli di Cassano. Io so che avevano 80mila euro di debiti con quelli di Cassano per il fatto dell’eroina che avevano preso successivamente», sostiene il collaboratore di giustizia.

Il sottobanco nel processo Recovery

Anche nella più recente inchiesta della Distrettuale di Catanzaro denominata “Recovery“, si segnalano alcuni presunti episodi di sottobanco. La circostanza è emersa nel corso di una delle ultime udienze del processo con rito ordinario celebrato in Corte d’Assise a Cosenza. In aula, l’ispettore Gianluca Vadalà responsabile della sezione antidroga della Squadra Mobile di Cosenza ripercorre alcune tappe dell’attività investigativa svolta e si sofferma sulla figura di Andrea Pugliese, che avrebbe utilizzato – per approvvigionarsi di sostanze stupefacente – tre diversi canali: «a Cosenza (da Francesco Patitucci e Antonio Illuminato come emissario), il canale di Cetraro (Franco Scorza) e un terzo canale a Roggiano Gravina». Anche Pugliese, nell’ottica del rispetto delle regole imposte dal Sistema Cosenza è «costretto ad acquistare cocaina utilizzando esclusivamente il canale di approvvigionamento di Cosenza». Tuttavia – secondo la ricostruzione suggerita dall’ispettore – Pugliese avrebbe acquistato «sottobanco da Franco Scorza» ottenendo «un margine di guadagno superiore rispetto ai prezzi praticati nella città dei bruzi dove lui è costretto ad acquistare». Questo perché? «Nel Sistema il prezzo della sostanza è più elevato e oltre a pagare il prezzo della sostanza acquistata, è obbligato a versare anche una parte dei proventi calcolati in base alla vendita». Una questione di soldi, insomma.

Il controesame

In sede di controesame, il testimone Vadalà risponde alle domande dell’avvocato Antonio Ingrosso, difensore di Pugliese, che chiede: «Per quanto riguarda l’approvvigionamento su Cetraro quanti incontri ci sono stati con il fornitore di Cetraro? Sette». Ed ancora, «sa se ci sono stati dei rapporti telefonici, intercettazioni ambientali e quant’altro, tra Pugliese e Patitucci? Non c’è stato nessun contatto diretto». L’avvocato insiste. «Ha mai sentito, ha mai ascoltato qualche intercettazione avvenuta tra Illuminato e Patitucci su Pugliese? No, perché noi all’epoca non monitoravamo Patitucci, monitoravamo Illuminato e tra i due, a memoria, non è intercorsa alcuna conversazione».
Le domande del legale sono tutte tese a smontare l’ipotesi che il proprio assistito abbia avuto contatti diretti con soggetti ritenuti ai vertici della criminalità organizzata cosentina. «Avete effettuato delle indagini per verificare se Cosenza aveva, in qualche modo, scoperto che cosa faceva il Pugliese? Non abbiamo constatato se lui avesse avuto delle minacce anche semplicemente velate oppure fosse stato addirittura avvicinato da qualcuno, però posso dire che lui era perfetto era perfettamente consapevole del fatto che acquistare sottobanco sarebbe stato molto rischioso da parte sua perché l’avrebbe potuto esporre a delle ripercussioni anche di carattere fisico». (f.benincasa@corrierecal.it)

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