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indagine nata a Genova

La banda che truffava gli anziani, 17 arresti in tutta Italia

Base logistica a Napoli, ricostruiti 33 episodi (anche in Calabria)

Pubblicato il: 16/12/2025 – 12:10
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La banda che truffava gli anziani, 17 arresti in tutta Italia

NAPOLI Sono 17 le persone arrestate nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura di Napoli che ha permesso di smantellare un’organizzazione criminale che pianificava e metteva a segno truffe ai danni di anziani. Il gip del Tribunale di Napoli ha disposto la custodia cautelare in carcere per 15 indagati, gli arresti domiciliari per 2 e l’obbligo di dimora nel comune di residenza, con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per altri 4. L’inchiesta è nata a Genova, dove i carabinieri hanno scoperto gli autori di una delle truffe poste in essere dall’organizzazione, con base logistica a Napoli; da lì è stato possibile ricostruire complessivamente 33 truffe, di cui 27 consumate e 6 tentate, perpetrate tra maggio 2024 e gennaio 2025, con profitti illeciti ancora in corso di quantificazione ma che superano di gran lunga i 300mila euro. Le truffe contestate sono state perpetrate in Liguria (Genova e Chiavari), Lombardia (Voghera e Pavia), Veneto (Verona), Lazio (Roma e Latina), Campania (Ottaviano), Calabria (Cosenza, Lamezia Terme e Catanzaro) e Sicilia (Palermo e Monreale). Nel corso dell’indagine, avviata nel maggio 2024, sono state arrestate in flagranza di reato 5 persone e denunciati altri 7 individui per i reati di truffa e tentata truffa aggravata, nonché recuperati denaro e monili in oro sottratti alle vittime per un valore di circa 150mila euro.
Da quanto emerso nel corso delle attività investigative, le truffe venivano eseguite sempre tramite figure ben definite: i “telefonisti”, incaricati di contattare le vittime, i “trasfertisti”, deputati a prelevare il denaro e i gioielli dalle vittime, e i “corrieri” a cui, in alcuni casi, pur non partecipando alle truffe, è stato affidato il trasporto dei proventi dei delitti a Napoli.

Il modus operandi

Anche il modus operandi seguiva sempre lo stesso schema: le vittime venivano contattate telefonicamente da sedicenti appartenenti all’Arma dei Carabinieri o avvocati, i quali riferivano che un congiunto dell’anziana vittima, generalmente un figlio o un nipote, aveva provocato un incidente stradale in cui la controparte era rimasta gravemente ferita. A quel punto, approfittando dello stato di agitazione ingenerato con la falsa notizia, i truffatori facevano credere che, per evitare l’arresto del proprio parente, sarebbe stato necessario pagare immediatamente una “cauzione” per risarcire il ferito, spingendo la vittima a mettere a disposizione il denaro e i gioielli custoditi in casa che, entro un breve lasso di tempo, un incaricato avrebbe ritirato. Per evitare che la vittima avesse ripensamenti o chiedesse aiuto, il “telefonista” continuava ininterrottamente a intrattenerla al telefono, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione, fino a quando il “trasfertista” prelevava i beni e si dileguava.
Le indagini hanno documentato come il gruppo criminale abbia organizzato nel dettaglio la realizzazione delle truffe, usando per le trasferte verso tutto il territorio nazionale autovetture a noleggio, nonché sfruttando smartphone e utenze intestate a prestanome per i contatti tra i sodali, i quali comunicavano tendenzialmente solo mediante social network o attraverso le più comuni applicazioni di messaggistica istantanea.

La rete

Nel periodo di indagine, inoltre, è emerso che il gruppo aveva a disposizione almeno un appartamento e un B&B, adibiti a “call center”, a Napoli, in cui la coppia a capo dell’organizzazione si riuniva con i “telefonisti”. Il sodalizio era ben radicato anche in Sicilia, dove due degli indagati operavano attivamente soprattutto nella provincia di Palermo, da dove inviavano il provento delle truffe a Napoli.
Il gruppo poteva contare anche sul supporto di almeno due orafi napoletani, che avevano il compito di valutare, smontare, acquistare o riciclare i gioielli provento dei delitti. In particolare, uno dei due professionisti è titolare di una gioielleria situata nel cuore del capoluogo campano, in zona “Spaccanapoli”, mentre l’altro è titolare di un laboratorio orafo abusivo, situato nel Borgo Orefici. L’indagine ha documentato anche che il denaro ricavato dall’attività illecita è stato investito sia nell’acquisto di un immobile, sia in un’agenzia di scommesse, ubicata nel quartiere San Giuseppe di Napoli, utilizzata per riciclare il denaro sporco.
Oltre alle misure cautelari personali sono stati eseguiti provvedimento di sequestro preventivo di: un laboratorio orafo abusivo a Napoli nel Borgo Orefici; un’abitazione nel quartiere di Napoli Poggioreale, acquistata con i proventi dei delitti; un’agenzia di scommesse, nel quartiere San Giuseppe di Napoli; tre autovetture (DR5, Jeep Renegade e Fiat Panda) ed un motoveicolo Yamaha T-Max; la somma contante di euro 100.900, già sequestrata nel gennaio scorso. A seguito dell’esecuzione del provvedimento cautelare sono state sequestrati, all’interno dell’abitazione di un’indagata, 120.000 euro in contanti, occultati all’interno di uno scaldabagno ed all’interno dell’abitazione di un altro indagato altri 40.000 euro in contanti.

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