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I risvolti giudiziari

L’avvocato Giorgio De Stefano estraneo al processo Gotha. Mutazioni di una ‘ndrangheta modificata

La Cassazione annulla senza rinvio la condanna, sancendone l’estraneità dopo anni di detenzione. Resta la distanza irrisolta tra verità giudiziaria e racconto storico dei clan

Pubblicato il: 16/12/2025 – 10:45
di Paride Leporace
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L’avvocato Giorgio De Stefano estraneo al processo Gotha. Mutazioni di una ‘ndrangheta modificata

La caduta di interesse verso la ’ndrangheta da parte dei media nazionali non ha orientato il giusto sguardo su una sentenza che riguarda il processo Gotha, che per anni ha raccontato un ordito che ora viene meno alla verità giudiziaria. Venerdì scorso la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna a 10 anni di carcere che la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva comminato all’avvocato Giorgio De Stefano, da sempre dipinto come il consigliori e la faccia presentabile di uno dei clan egemoni della città dello Stretto, tra guerre cruenti, massomafia ed eversione nera.
Una sorta di gioco dell’oca il processo all’anziano avvocato di 77 anni, partito con grandi condanne e finito nel nulla. Secondo l’Ansa, che riporta le notizie della difesa, l’avvocatone reggino è stato assolto “per non avere commesso il fatto” nella vicenda della ’ndrangheta superiore contaminata con la borghesia politica. In attesa di leggere le motivazioni, a noi sembra che sia prevalso il concetto giuridico del ne bis in idem, che sancisce il principio secondo cui chi è stato già condannato non può essere nuovamente processato per lo stesso reato. Infatti l’avvocato reggino era già stato condannato nel processo Olimpia solo per il reato di concorso esterno e non per appartenenza o comando di organizzazione. Da esterno all’organizzazione, l’avvocato avrebbe operato in zone oscure, non essendo né capo né gregario dei più celebri cugini di Archi. Siamo in presenza di un’ingiusta detenzione durata ben sei anni che ora dovrà essere risarcita.
Poca l’indignazione sulla clamorosa vicenda. L’unica lettura politicista arriva dal Giornale, che coglie l’occasione per titolare “Crolla Gotha, figuraccia di De Raho”, mettendo alla berlina l’ex procuratore di Reggio Calabria oggi approdato in Parlamento con la pettorina legalitaria a 5 Stelle. Secondo il Giornale la sentenza “è uno schiaffo alla verità storica ma anche ai signori del ‘No’ al referendum sulla riforma della giustizia, da Federico Cafiero de Raho al pm Giuseppe Lombardo”, con un sillogismo piuttosto azzardato. Resta la crasi tra narrazione e verità giudiziaria. Fa riflettere che un processo durato anni contro uno dei suoi principali esponenti, e tra i suoi più suggestivi, vada a franare facendo emergere la tesi che un impianto già definito sia diventato “l’ennesima tesi ideologica che mescola mafia, ’ndrangheta, servizi segreti deviati, massoneria ed eversione nera”. La riflessione molto laica da fare è che quando un maxi processo nasce fondendo quattro procedimenti diversi per provare l’esistenza di una struttura superiore che tutto condiziona, gli avvocati difensori hanno buone possibilità di smontare il tutto. E la verità diventa uno scenario di castelli in aria. Per chi ancora studia e va a conoscere in dettaglio i fatti, sul processo Gotha segnalo l’omonimo libro scritto dal capace e documentato Claudio Cordova.
Per sintesi, qui mi sembra giusto rievocare il profilo dell’avvocato Giorgio De Stefano, da non confondere con l’omonimo zio, capo militare, ucciso a Santo Stefano d’Aspromonte il 7 novembre 1977 in un summit-trappola organizzato dai suoi avversari. Il Giorgio in questione, in Olimpia, viene condannato perché indicato da pentiti come appartenente a una struttura super segreta attraverso una loggia, cui il collaboratore dice di aver partecipato indicando riunioni a casa sua dove sarebbero stati presenti, oltre a De Stefano, anche Paolo Romeo (altro uomo centrale di questa vicenda) e il neofascista Franco Freda, mai scalfito da sentenze di questo tipo. Paolo Romeo, invece, già giovane fascista, poi parlamentare del Psdi e convitato perenne della politica reggina, ha sul groppone per Gotha una condanna a 25 anni in primo grado. Sarà interessante vedere cosa deciderà il processo d’Appello quando arriverà a sentenza con rito ordinario, a differenza dell’abbreviato che ha assolto De Stefano. Giorgio De Stefano, non solo per Barreca ma anche per il collaboratore Giacomo Lauro, sarebbe stato “il consigliori di suo cugino Paolo”, rappresentando “un’eminenza grigia a fronte della sua raffinata intelligenza e dell’abile capacità di intrattenere rapporti sofisticati con i centri occulti del potere, tra cui i servizi deviati e la massoneria”. Una “testa pensante”, l’avvocato, già consigliere comunale della Democrazia Cristiana a Reggio negli anni Ottanta, indicato a far parte del Comitato di gestione dell’Usl di Reggio Calabria e che più volte viene definito da diversi collaboratori nel corso del tempo “il massimo”, inteso come capo. Ma la sentenza di Olimpia scrive che era un esterno in concorso.
La verità giudiziaria ci dice che l’avvocato Giorgio De Stefano era inutile processarlo a Gotha. Va risarcito dallo Stato, con i soldi dei contribuenti, per la sua lunga e ingiusta detenzione. La verità storica ci racconta invece che l’avvocato De Stefano è la personificazione di una ’ndrangheta che muta pelle e funzione nel corso del tempo. Concorre con gli uomini della malapianta, ma per la giustizia non comanda né si affilia.
Possiamo dire che delle trame oscure della politica reggina la città e la regione si disinteressano da tempo, per convenienza e per stanchezza. La giustizia intanto arranca, e non per le posizioni sul referendum. Affidare la soluzione politica dei problemi della società alla magistratura resta un dogma fallace e una soluzione sbagliata, come ci indicarono Leonardo Sciascia e, ancora prima, Benedetto Croce. La giustizia giusta tarda ad arrivare. La ’ndrangheta pesa ancora nella vita dei calabresi in forme inedite, che abbiamo difficoltà molto serie a riconoscere per meglio avversarla. Sempre che si voglia combatterla. (redazione@corrierecal.it)

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