“Recovery”, il viaggio da Cosenza a Rosarno e la truffa della finta cocaina: così salta l’affare
Dalla polvere bianca allo zucchero: il raggiro sulla partita di droga svela l’esistenza del canale che collega la città dei bruzi al reggino

COSENZA L’asse criminale che collega Cosenza a Reggio Calabria si regge sul traffico di droga. L’acquisto di sostanza stupefacente è vincolata al “Sistema” che mette insieme tutti i gruppi cosentini, ma quando la polvere bianca scarseggia c’è chi predilige un canale diverso, rivolgendosi a nuovi fornitori. Nella robusta ricostruzione dell’attività svolta dalla Dda di Catanzaro, il pm Corrado Cubellotti cita un episodio che confermerebbe l’intenzione di alcuni soggetti gravitanti nell’universo criminale cosentino di acquistare cocaina da fornitori reggini.
Il viaggio a Rosarno
E’ il 2021 quando al telefono due interlocutori discutono i dettagli di un viaggio, da Cosenza a Rosarno, destinato all’approvvigionamento di sostanza stupefacente. Si parla di circa 800 grammi di polvere bianca, da ritirare allo svincolo di Rosarno. Il percorso è “sorvegliato” dai carabinieri che tuttavia non riusciranno a monitorare direttamente lo scambio ed individuare i soggetti coinvolti. I militari attendono il ritorno del “mulo” chiamato a trasportare il carico e nel corso di un posto di blocco fermano l’auto e trovano a bordo una busta in cellophane, «occultata sotto il vano guida del veicolo, avvolta da del nastro adesivo di colore marrone».
Il raggiro
I carabinieri chiedono al conducente di rivelare il contenuto dell’involucro, l’uomo alla guida della vettura ammette il trasporto di cocaina. Quello che appare immediatamente come un classico rinvenimento di stupefacente a seguito di controlli, assume – di fatto – i contorni dell’intrigo. A seguito di accertamenti svolti negli uffici del Nucleo Radiomobile, «si accertava come il peso dell’involucro fosse di circa 800 grammi e all’interno fosse celato dello zucchero». Non cocaina, ma saccarosio.
All’interno della busta – altro elemento particolarmente rilevante – i militari trovano anche un bigliettino di carta con la scritta in stampatello di colore rosso: «QUESTO E’ PER I SOLDI FALSI CHE MI Al RIFILATO CIAO». La frase lascia poco spazio all’interpretazione, lo “scambio” ( a questo punto solo ipotetico) di droga si rivela un raggiro rifilato all’acquirente cosentino. La vittima dell’imbroglio medita vendetta nei confronti del contatto rosarnese, «arrivando ad ipotizzare un rapimento». «Non lo chiamo per 4/5 giorni (…) come arriva lo prendo, lo lego e me lo porto e me lo tengo una settimana qua fino a quando non mi portano 50.000 euro non lo lascio e me lo tengo sequestrato qua». Il cosentino è irritato, riesce ad interloquire con il contatto di Rosarno e – oltre a rivolgergli delle minacce («ti faccio vedere di quello che sono capace») – lo accusa di aver «avvisato i carabinieri per procedere al controllo». L’acquirente bruzio si sfoga con la propria compagna e rivela la provenienza del contatto. «Si pensano che sono di Africo e fanno i boss, lo faccio a pezzi…». Sempre alla compagna, l’uomo riferisce i dettagli di un episodio passato nel quale sarebbero sorti altri problemi legati all’acquisto di una partita di marijuana e anche in quella occasione, il fornitore avrebbe accampato delle scuse per giustificare un intoppo nella cessione. «Gli avevano mischiato quella legale di dentro (…), non le facciamo noi queste cose, queste le fanno i sanlucoti e i bovalinoti, quelli di San Luca e di Bovalino».
L’intervento di “Ciccio”
La tensione è altissima, per concludere la diatriba senza conseguenze è necessaria una mediazione. Sulla scena compare tale “Ciccio”. L’acquirente cosentino, introduce la figura del mediatore che avrebbe minacciato il suo interlocutore reggino, («vedi che ti faccio pisciare nella bocca dai paesani tuoi stessi»). Per chi indaga, “Ciccio” è un soggetto di elevato spessore criminale. (f.benincasa@corrierecal.it)
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