Alta Velocità e Ponte, il rebus calabrese dei trasporti tra lievi miglioramenti e un gap cronico
Una flotta tra le più vecchie d’Italia (i vagoni hanno mediamente 17,7 anni), linee da elettrificare e l’incognita sulla Salerno-Reggio Calabria

ROMA Ritardi cronici, una flotta tra le più vecchie d’Italia, linee da elettrificare e l’incognita sulla Salerno-Reggio Calabria. Tra tagli al Fondo Nazionale Trasporti e investimenti polarizzati su grandi opere come il progetto del Ponte sullo Stretto, la Calabria resta sospesa.
Una fotografia che emerge dalla ventesima edizione di “Pendolaria”, il rapporto di Legambiente che analizza lo stato della mobilità su ferro nel Paese. I dati mostrano un primo segnale positivo: l’età media dei treni regionali in Calabria è in miglioramento, grazie ai contratti di servizio con Trenitalia e agli investimenti di Ferrovie della Calabria. Tuttavia, il gap con il resto d’Italia rimane profondo. Se la media nazionale è di 14,7 anni, in Calabria i vagoni hanno mediamente 17,7 anni. Ancora più preoccupante è il dato sulla vetustà: il 62,2% dei treni regionali calabresi ha più di 15 anni di servizio, contro una media del Mezzogiorno (16,6) e del Nord (13,2).

Note positive arrivano però dal futuro prossimo: entro l’inizio del 2027, dodici nuovi treni entreranno in servizio sulla tratta Cosenza-Catanzaro, un’iniezione di ossigeno per un’area urbana che attende da anni un servizio metropolitano dignitoso.
Il rebus Salerno-Reggio Calabria
Il vero “nervo scoperto” del report riguarda la nuova linea Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria. Un’opera da 30 miliardi di euro che, secondo Legambiente, sta assistendo a una preoccupante rivisitazione dei progetti. «Si tratta di 30 miliardi di euro previsti per la nuova linea ad alta velocità (in parte finanziata con il Fondo complementare al Pnrr), che nelle prime ipotesi di progetto allungava il tracciato e abbandonava i piani, già previsti, di potenziamento della linea esistente». La linea, scrive Legambiente, «non sarebbe pronta prima del 2032 (secondo gli annunci del Ministro Salvini) e va sottolineato come tra Roma e Villa San Giovanni fino al 2019 era in servizio un Frecciargento che impiegava 4 ore e mezza. Sorprende anche la decisione di costruire la fermata intermedia AV del Vallo di Diano a Padula (SA) in aperta campagna, fuori dalla tratta Sicignano Lagonegro e in contrasto con il Regolamento UE 2024/1679 che richiede espressamente, per la realizzazione di nuove linee ad alta velocità, l’interscambio ferro su ferro».
Le criticità
Dal report emerge inoltre che in Calabria il servizio ferroviario è spesso «fermo a treni ogni ora o più», senza un orario cadenzato che permetta ai pendolari di rinunciare all’auto: «Parliamo di molte delle linee sospese in Piemonte, delle linee umbre, lungo la costa adriatica e in Calabria, dove il servizio è ancora fermo a treni ogni ora e oltre (senza orario cadenzato e senza treni diretti), mentre è necessario garantire almeno il passaggio di un treno ogni 30 minuti in orari di punta e di ogni 60 minuti in quelli di morbida». L’obiettivo di Legambiente è ambizioso: raddoppiare i viaggi giornalieri sui treni regionali entro il 2035. Per farlo, servirebbe garantire un treno ogni 30 minuti nelle ore di punta su linee oggi ai margini, come la Jonica, e investire massicciamente nell’elettrificazione e nella riqualificazione delle stazioni, trasformandole in centri di rigenerazione urbana e non in cattedrali nel deserto.
Il capitolo Ponte: «Una scelta politica che ignora le priorità»
Il capitolo dedicato al “collegamento stabile tra Calabria e Sicilia” è probabilmente il più critico del rapporto Pendolaria 2025. Il confronto economico proposto da Legambiente è definito «brutale» e mette in luce una sproporzione negli investimenti che non ha precedenti. Mentre il progetto del Ponte sullo Stretto ha visto lievitare i costi dai 6,3 miliardi stimati nel 2011 agli attuali 14,7 miliardi di euro per poco più di 3 chilometri di campata, il report sottolinea come le priorità siano altrove: «Con un terzo di quella cifra – 5,4 miliardi – si stanno realizzando 250 chilometri di tranvie in 11 città italiane». Per l’associazione ambientalista non ci sono dubbi: «Sul Ponte c’è una scelta politica di fondo di procedere ad ogni costo, evitando i vincoli procedurali e sorpassando una serie di valutazioni che hanno importanza essenziale in un’ottica preventiva».
Un’opera «insostenibile, costosa e inutile»
Il rapporto elenca cinque punti tecnici che smontano la narrazione dell’opera, focalizzandosi su criticità strutturali e funzionali.
Il paradosso dei tempi. Nonostante l’investimento, le previsioni di Ferrovie dello Stato indicano un tempo di percorrenza tra Roma e Palermo di circa sette ore, «chiaramente tempi non competitivi rispetto ai collegamenti aerei».
L’impatto ambientale. La costruzione avverrebbe in un’area a elevatissima biodiversità. Il report definisce «devastante» l’impatto sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS), come la Costa Viola sul lato calabrese e i Monti Peloritani su quello siciliano, ricordando che già nel 2005 la Commissione Europea era pronta ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia.
Pochi vantaggi per i pendolari: Il risparmio stimato per chi attraversa lo Stretto in auto sarebbe di soli 15-20 minuti, ma il progetto rischia di essere controproducente per chi usa il trasporto pubblico. Il posizionamento della campata unica, infatti, allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, «peggiorando o non migliorando nei fatti gli spostamenti e i tempi di percorrenza».
I rischi. Legambiente ricorda che la campata unica di 3,3 chilometri supererebbe di gran lunga il record mondiale attuale (il ponte turco sui Dardanelli, lungo 2 km e solo stradale). In un’area ad elevata attività sismica, sottolinea il report, «non ci sono ponti con le stesse caratteristiche che permettono il passaggio di treni».
«Le risorse sottratte al territorio»
L’analisi si conclude con una nota amara sulle risorse effettivamente spese: «È stato già speso circa 1 miliardo di euro in progetti, senza realizzare alcuna opera, mentre ancora non si ha idea di quanto effettivamente, a fine lavori, costerebbe. Le previsioni di spesa sono passate dai quasi 5 miliardi del 2001 (delibera Cipe 121/2001) ai 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011 fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente. Nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza di aprile 2023, il costo per la realizzazione del Ponte (escluse le opere connesse su entrambe le sponde) era di 13,5 miliardi di euro, per poi passare con la scorsa legge di Bilancio a una spesa complessiva autorizzata di 11,63 miliardi e arrivare a 14,7 miliardi previsti attualmente. Si tratta di una cifra superiore a quanto speso per realizzare l’alta velocità tra Torino e Milano (tra le tratte più costose del sistema AV in Italia)».
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