Rende, scioglimento per mafia: il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar
I requisiti dello scioglimento sorretti dalla «generale mala gestio della cosa pubblica, l’affidamento dei contratti e la gestione dei beni»

RENDE Il 25 febbraio 2025, il Tar del Lazio confermava la legittimità dello scioglimento del Comune di Rende, respingendo i ricorsi presentati dall’ex sindaco Marcello Manna e degli ex amministratori. Per i giudici del tribunale amministrativo era emersa l’infondatezza della tesi difensiva. Avverso la sentenza, l’ex sindaco e gli altri amministratori hanno proposto ricorso attendendo l’esito del Consiglio di Stato. La sezione terza, ha reso noto l’esito della decisione finale: respingendo la tesi proposta dai ricorrenti, sostenendo che «emerge con manifesta chiarezza l’infondatezza delle argomentazioni spese nel ricorso e nei primi due atti di motivi aggiunti, atteso che le circostanze considerate nella proposta ministeriale risultano ampiamente supportate dall’istruttoria amministrativa compiuta». Inoltre, sottolineano i giudici «la generale mala gestio della cosa pubblica, in particolare l’affidamento dei contratti e la gestione dei beni comunali, dimostrano in maniera chiara ed univoca la sussistenza dei requisiti di legge per lo scioglimento dell’ente locale».
I motivi del ricorso e la posizione del Ministero
I ricorrenti – nella robusta memoria presentata a sostegno della tesi di parte – ritengono che il Tar abbia espresso un giudizio «errato nel ritenere che gli elementi indiziari tratti massimamente dalle vicende penali soddisfacessero i requisiti di concretezza, univocità e rilevanza, sovrapponendo e collegando illegittimamente ed illogicamente mere disfunzioni amministrative ad un’infiltrazione mafiosa». Sul punto pare doveroso ricordare, come il Ministero dell’Interno si sia costituito, ritenendo l’attività di indagine capace di far emergere «circostanze, confluite nella relazione prefettizia e in quella ministeriale, sintomatiche di anomale cointeressenze degli esponenti dell’ente, ritenute idonee a suffragare la proposta di adozione della misura, (…) i rilievi mossi al civico consesso non nascono da mere congetture o ragionamenti di tipo deduttivo, ma da elementi fattuali, da vicende e accadimenti storicamente verificatisi e accertati, quindi da elementi “concreti”». Il contesto generale di «diffusa illegalità», si legge ancora, denota come «la cura dell’interesse pubblico connesso al mandato conferito agli amministratori sia stata del tutto pretermessa e come l’impegno assunto nei confronti degli elettori non sia stato rispettato».
La decisione del Consiglio di Stato
Dal punto di vista della valutazione giurisdizionale, i giudici hanno respinto le doglianze legate alla positiva conclusione di vicende di natura penale chiuse con una assoluzione a favore del ricorrente, ribadendo la piena «possibilità di valutare circostanze di fatto comunque comprovate anche indipendentemente dagli esiti dei giudizi di responsabilità penale». In merito agli argomenti oggetto dello scioglimento, nella sentenza si richiamano le dichiarazioni dei soggetti auditi dalla commissione d’accesso in merito ai «lavori al palazzetto dello sport, che hanno inequivocabilmente evidenziato la violazione dei principi di correttezza e trasparenza, a fronte di conclamate illegittimità ed
omissioni a favore dell’aggiudicatario della gara (cui poi verrà rivolto un particolare favor nella fase gestionale della struttura)». Non solo. Sarebbero molti altri gli «aspetti di irregolarità amministrativa» vagliati dal Tar (il riferimento è ad esempio alla gestione di beni pubblici, alla gestione degli impianti pubblicitari ed alla riscossione dei tributi locali), dai quali è emersa – da parte del Consiglio di Stato – «la manifesta infondatezza delle doglianze dell’appellante». Sotto i riflettori anche i «multipli rapporti con un imprenditore, a suo tempo destinatario di interdittiva antimafia e considerato fortemente legato a locali consorterie criminali, che hanno comportato l’illegittimo affidamento di lavori a lui ovvero a imprese comunque a lui riconducibili, a fronte di un comprovato appoggio dell’imprenditore all’elezione del sindaco dell’epoca». Caso chiuso, lo scioglimento del Comune di Rende è stato giudicato legittimo, gli elettori ed i cittadini rendesi – nei mesi scorsi nel corso delle elezioni amministrative – sono tornati alle urne dopo un lungo periodo vissuto in un limbo caratterizzate da attese, sentenze e ricorsi. (f.benincasa@corrierecal.it)
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