Un albero di Natale sul mare della memoria
Partita dalla Tunisia al nono mese di gravidanza, sopravvissuta a un naufragio, oggi Nay vive e lavora a Reggio Calabria

Il 25 dicembre per Nay non è solo il suo compleanno, ma anche un’occasione per vivere la gioia insieme alla sua bambina Larine e al suo compagno. «Anche se sono tunisina e musulmana, per mia figlia preparo l’albero di Natale. Per lei è gioia pura», racconta. L’albero è pieno di luci e palline colorate, e non mancano quelle con i personaggi dei cartoni animati, scelti da Larine, che frequenta l’asilo comunale. «Vedere la felicità nei suoi occhi è ciò che conta di più», aggiunge Nay con un sorriso.
Questa immagine di quotidiana felicità è il frutto di un percorso lungo e faticoso. Nay, nome di battesimo Nayrouz, partì da Kerkena, in Tunisia, nel giugno 2021, a ventuno anni, al nono mese di gravidanza, insieme al marito. In piena emergenza Covid, salì su un barcone con altre venti persone. La prima traversata fu drammatica e terminò in un naufragio: «Abbiamo lasciato la riva e dopo qualche ora la barca ha iniziato ad affondare. Eravamo nel buio, con l’acqua che arrivava alla gola. Ho mantenuto la calma e ho messo il telefono sulla testa per non perdere tutto».
Dopo il naufragio, Nay e gli altri tornarono a Kerkena e, dopo due giorni, ripresero il viaggio con una nuova partenza, pagando 5 mila euro per la traversata: era l’unica speranza di arrivare in Italia. Questa volta il viaggio riuscì e il 15 giugno Nay arrivò a Lampedusa. Trasportata subito in ambulanza e poi in elicottero ad Agrigento, il 26 giugno diede alla luce la sua bambina con un cesareo difficile. «Mi sentivo malissimo, ho avuto infezioni e problemi legati al cesareo, ma ero determinata a farcela per mia figlia», racconta Nay.
Il percorso di integrazione fu lungo e impegnativo. Dopo il centro di prima accoglienza, Nay fu trasferita al Sai di Melicuccà, un piccolo comune dell’entroterra tirrenico della provincia di Reggio Calabria, vicino a Palmi. Qui rimase per oltre un anno e mezzo, costruendo giorno dopo giorno la sua nuova vita. Successivamente fu trasferita al Sai di Sant’Alessio, sempre in provincia di Reggio Calabria, dove continuò il suo percorso di crescita e integrazione.


La prima richiesta di permesso di soggiorno era stata respinta, ma Nay non si arrese: «Ho dimostrato con i documenti la mia integrazione: ho preso la certificazione di lingua italiana A2, la patente, ho fatto un corso di pasticceria della Regione Calabria e svolto il servizio civile con l’Arci». Alla seconda richiesta, il permesso fu finalmente concesso. Dopo oltre un anno e mezzo nel progetto, Nay decise di uscire dal Sai: «Volevo dimostrare che sarei riuscita anche da sola e costruire la mia vita indipendente. Il mio matrimonio, infatti, nel frattempo era finito malgrado i tanti anni insieme, compreso il fidanzamento», racconta. Appena uscita dal progetto, Nay dovette affrontare la vita con grande determinazione: «Facevo tre lavori: pulizie, cameriera in un bar e badante. Un giorno coprivo tre turni, ero molto stanca, ma felice».
Anche sua sorella, nel frattempo, tentò di raggiungerla in Italia per aiutarla. Il viaggio fu ancora più drammatico: il barcone su cui era salita affondò a poche ore dall’arrivo a Lampedusa, e solo grazie all’intervento di un pescatore che li vide riuscirono a salvarsi dopo tre giorni in mare.
Oggi Nay lavora come operatrice d’accoglienza in un CAS per uomini adulti a Reggio Calabria, gestito dalla Cisme e si dedica con passione ai ragazzi migranti: «Mi sento la persona più adatta a capire la loro sofferenza e aiutarli a integrarsi. Noi dobbiamo rispettare le leggi italiane, ma vorrei che gli italiani cambiassero il giudizio negativo sui migranti». La quotidianità di Nay è intensa: Larine va all’asilo comunale, lei studia alla scuola serale per completare l’ultimo anno e ottenere il diploma, e coltiva una nuova storia d’amore nata sul lavoro: «L’ho conosciuto mentre facevo la cameriera in un bar. Mi ha fatto dimenticare tutta la sofferenza vissuta. Oggi ogni pallina messa sull’albero parla di amore e di gioia».
Per il Natale e il suo compleanno, Nay si prepara a festeggiare con il compagno, preparando un menu speciale: «Il 25 dicembre cucinerò per lui un menu italiano, perché è la sua festa, e poi a Capodanno che è festa per tutti, farò un menu tunisino».
Il passato, però, resta vivo nella memoria: le traversate in mare, il primo barcone naufragato e la nascita di sua figlia in condizioni estreme. «Ogni ostacolo mi ha insegnato a non mollare mai», dice Nay. Oggi ha una casa in affitto, lavora, ama e sogna: «Vorrei comprare una casa a Reggio Calabria, continuare questa storia d’amore, creare una famiglia e fare altri figli». La storia di Nay è un esempio di resilienza, integrazione e speranza. L’albero di Natale, le luci, le palline colorate e i personaggi dei cartoni rappresentano molto più di una tradizione: sono la gioia condivisa con sua figlia e la testimonianza di una donna che ha saputo trasformare la sofferenza in una vita piena di amore e speranza. (redazione@corrierecal.it)
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