‘Ndrangheta, Tommaso Anello «braccio destro» del fratello Rocco: «Entrambi comandavano a Filadelfia»
Nella requisitoria d’appello il pm ripercorre le accuse che hanno portato alla pesante condanna di 30 anni in primo grado

VIBO VALENTIA «Tommaso Anello era il braccio destro del fratello Rocco, capo indiscusso fondatore della cosca, diventato un punto di riferimento all’interno della consorteria». Sono le accuse della Procura generale contro Tommaso Anello, ritenuto esponente del clan di ‘ndrangheta di Filadelfia e coinvolto nell’inchiesta Imponimento. Condannato in primo grado a 30 anni di carcere, il sostituto procuratore generale Raffaella Sforza ha chiesto la conferma della pena nel processo arrivato di fronte la Corte d’Appello. Sono state chieste condanne pesanti nei confronti di soggetti ritenuti elementi di spicco della ‘ndrangheta tra il Vibonese e il Lametino, ma anche per imprenditori ed ex politici come i fratelli Stillitani e il già consigliere comunale Francescantonio Tedesco.
Le dichiarazioni dei pentiti
Nella requisitoria il pm ricostruisce il quadro probatorio che ha portato alla pesante condanna in primo grado, basate soprattutto sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tra queste, quelle di Francesco Michienzi che ha riferito sui due fratelli Anello che «avevano un ruolo di vertice nell’ambito della consorteria. Gli ordini dagli stessi impartiti non dovevano essere messi in discussione, ma dovevano essere eseguiti». Secondo quanto riportato dal pentito «entrambi i fratelli comandavano a Filadelfia», ma il ruolo di Tommaso Anello sarebbe ulteriormente accresciuto in seguito all’arresto di Rocco. Insieme a Giovanni Angotti, Michienzi lo ha indicato «quale soggetto ai vertici della consorteria, braccio destro del fratello Rocco». Anche Andrea Mantella «ha riferito che Tommaso Anello era punto di riferimento non solo per la cosca ma anche per le altre consorterie, che dovevano interfacciarsi con quest’ultimo». E ancora hanno parlato di lui Giuseppe Giampà, Onofrio Barbieri, Raffaele Moscato, Emanuele Mancuso e altri pentiti, secondo il pm «tutti convergenti nel nucleo essenziale».
Le mire sui villaggi turistici
Oltre alle dichiarazioni dei pentiti, il pm porta ad esempio alcune vicende in cui sarebbe stato coinvolto il presunto boss. La cosca Anello avrebbe avuto, secondo la ricostruzione dell’accusa, il controllo sui villaggi turistici della costa, imponendo estorsioni e forniture. In più occasioni Tommaso Anello si sarebbe lamentato con le proprietà, “colpevoli” di aver «estromesso le forniture locali» e intercedendo con loro per cercare di risolvere la questione. La procura, nella memoria, porta un altro esempio, ovvero la «reazione» di Tommaso Anello ad un sequestro di armi e droga ai danni di Pasquale Rondinelli avvenuto nel 2017. In quel caso, insieme al figlio Rocco Anello (cl. 91 e imputato nel processo) e Antonio Anania, avrebbero mostrato «preoccupazione di essere coinvolti nella vicenda», soprattutto in quanto Tommaso Anello avrebbe «toccato il giorno prima una delle armi». E, infine, conclude il pm la «posizione verticista all’interno della cosca di cui ha assunto le redini» sarebbe dimostrata anche dalla «partecipazione ai reati fine» tra il 2014 e il 2017. (ma.ru.)
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