‘Ndrangheta, il patto tra cosche sulle gare boschive e le imprese «disposte ad accettarlo»
Il sostituto procuratore generale spiega il sistema di turnazione negli appalti boschivi tra i Bruno, gli Iozzo e gli Anello. I dissidi e il monito sulle ditte

VIBO VALENTIA Un accordo per la spartizione delle gare boschive, in modo da accontentare le diverse cosche di riferimento del territorio tra il Vibonese e il Catanzarese. Il sostituto procuratore generale Raffaella Sforza ripercorre nella sua requisitoria di fronte la Corte d’Appello di Catanzaro il filone relativo ad un sistema illecito di appalti «spartiti» in base al volere della ‘ndrangheta, tale da agevolare la cosca Anello di Filadelfia, i Bruno e gli Iozzo di Vallefiorita, le “parti” che avrebbero concordato il meccanismo di turnazione. La vicenda è emersa nell’inchiesta di Imponimento, l’operazione che portò all’arresto dei vertici del clan Anello-Fruci e ad alcuni “colletti bianchi” e imprenditori ritenuti dall’accusa «contigui» alla criminalità organizzata.
L’accordo fino alla morte dei Bruno
Il pm nella requisitoria parte dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Danieli, che ha riferito riguardo «un sistema di turnazione, cioè si decideva a monte chi doveva essere il vincitore di queste gare». Il pentito ha spiegato il modus operandi: «Le altre ditte interessate venivano invitate a partecipare alla gara e a presentare un’offerta leggermente più svantaggiosa, poi alla gara successiva magari avrebbe vinto un altro». Un settore, quello boschivo, lucroso e che si prestava agli interessi della criminalità organizzata, come già emerso in passato in altre inchieste come Luce nei boschi. Ma lì dove nascono accordi di “spartizione”, possono nasce anche dissidi. «Quindi – continua la requisitoria – vi era una divisione degli appalti per territorio che era stata rispettata fino alla morte di Giovanni Bruno e successivamente fino alla morte di Giuseppe Bruno, i capi della cosca di Vallefiorita». Entrambi morti in agguati e, di conseguenza, generando un vuoto di potere. «Le cosche Anello e lozzo entrarono in competizione per coprire lo spazio lasciato vuoto».
Le imprese «disposte ad accettare il gioco anticoncorrenziale»
Il sistema di “turnazione” sarebbe emerso anche nelle intercettazioni. Un meccanismo secondo cui «le ditte che concorrono per una gara si accordano per far vincere uno di loro designato quale aggiudicatario per quel turno, consentendogli poi un rialzo minimo, con danno anche da parte del comune fino alla prossima gara in cui avrebbe beneficialo qualcun altro». Le imprese avrebbero beneficiato per anni di questo sistema, arrivando anche a rivolgersi ai boss piuttosto che alle forze dell’ordine per risolvere “dissidi” con l’altra cosca. Come sottolinea in conclusione il sostituto procuratore, ribadendo che il sistema non avrebbe funzionato «se accanto alle cosche non vi fosse stata una rete di imprese disposte ad accettare il gioco anticoncorrenziale, quindi a rimettere agli organi decisionali della ‘ndrangheta conflitti sulle aggiudicazioni». (ma.ru.)
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