L’assedio dei narcos al porto di Gioia Tauro, tra strategie criminali e squadre di “infedeli”
Dalle noccioline alle banane e al combustibile, la cocaina viaggia nei container. Tra sequestri e operazioni antimafia, la controffensiva ai clan di ‘ndrangheta

GIOIA TAURO Mille sacchi di noccioline che nascondevano cocaina che avrebbe potuto fruttare 70 milioni di euro. La fantasia dei narcotrafficanti sembra non conoscere limiti e confini, e il porto di Gioia Tauro si conferma anche per il 2025 crocevia strategico per le organizzazioni criminali – con la ‘ndrangheta in prima linea – e i loro traffici internazionali di sostanze stupefacenti. Un lotta serrata che le procure reggine affrontano grazie ai controlli delle forze dell’ordine che scoprono e sequestrano con una allarmante frequenza chili e chili di droga, occultati con sistemi che evidenziano una capacità di adattamento dei cartelli che spaziano dall’uso di carichi di copertura — come banane, legname o prodotti alimentari — a sofisticati sistemi di occultamento nei vani dei container.
Il monitoraggio costante dei terminal riflette la duplice natura del porto gioiese, dove il volume dei traffici commerciali legali deve convivere con il tentativo sistematico delle consorterie criminali di infiltrarne le maglie logistiche.
Sequestri record e arresti in flagranza
In un porto blindato per le festività, la Guardia di Finanza ha intercettato pochi giorni fa un carico proveniente dall’America Latina e diretto all’Europa dell’Est. Nascosti tra mille sacchi di noccioline, sono stati rinvenuti 435 chilogrammi di cocaina purissima suddivisi in 400 panetti. L’operazione, terminata a notte fonda, ha sottratto alle consorterie criminali un profitto stimato di 70 milioni di euro.

E ancora, lo scorso settembre i militari, invece, ha intercettato due container sospetti che, all’esito della scansione radiogena effettuata con lo scanner portuale, presentavano anomalie nei vani di ventilazione posti sul fondo della struttura. L’ispezione ha consentito di scoprire – occultati dietro i pannelli di protezione dei predetti vani – ben 249 panetti di cocaina, per un peso complessivo di 288 chilogrammi.
Tra le tante operazioni portate a termine, a marzo le Fiamme Gialle hanno messo a segno uno dei più grossi risultati di servizio conseguiti presso il Porto di Gioia Tauro negli ultimi dieci anni, con la scoperta di un migliaio di panetti di cocaina nascosti dentro sacchi di materiale combustibile. Un carico di cocaina purissima, del peso totale di 1.170 chilogrammi. La partita di droga sequestrata, una volta immessa sul mercato, in Italia e in tutta Europa, avrebbe fruttato un introito di oltre 187 milioni di euro. I militari del Gruppo di Gioia Tauro e i funzionari del locale Ufficio delle Dogane hanno ispezionato 11 container sospetti, provenienti da un porto del Brasile meridionale, tutti diretti ad una società con sede a Reggio Calabria, dopo aver fatto scalo in Spagna.
A giugno, le Fiamme Gialle non si sono limitate a sequestrare 228 chili di droga (193 panetti), ma hanno arrestato in flagranza due operatori portuali. I due sono stati sorpresi mentre tentavano di prelevare la merce illecita da un container, cercando poi una fuga disperata tra i giganti d’acciaio del piazzale operativo. Il loro arresto ha confermato il ruolo cruciale delle “maestranze” infedeli, indispensabili per recuperare la droga prima dei controlli ufficiali.
I colpi ai clan
Se i sequestri nei container colpiscono la logistica, le grandi inchieste coordinate dalla Dda di Reggio Calabria hanno smantellato le menti dietro il traffico.
A luglio, la maxioperazione “Arangea bis – Oikos” ha portato a 54 arresti, svelando una struttura complessa con ramificazioni in Ecuador, Spagna, Germania e Belgio. Gioia Tauro non era solo un punto di passaggio, ma il fulcro di un sistema capace di rifornire piazze di spaccio da Reggio a Catania, con i gruppi criminali che facevano sistematicamente uso di piattaforme come SkyEcc per sfuggire alle intercettazioni e che ripulivano i proventi della droga venivano attraverso una rete gestita da soggetti di origine cinese. In questo filone, sono stati recuperati ulteriori 117 kg di cocaina a bordo di un autoarticolato appena uscito dal porto e quasi mezzo milione di euro in contanti.
A maggio l’operazione “Millennium” ha fatto luce sull’operatività dei clan “Alvaro” e “Barbaro Castani”, dei “locali” reggini di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri , con proiezioni fino a Volpiano e Buccinasco. L’inchiesta della Dda reggina ha messo in luce l’esistenza di una struttura stabile e unitaria, frutto di un’alleanza strategica tra i tre mandamenti della provincia reggina capace di gestire l’intero ciclo del narcotraffico: dall’importazione di cocaina da Colombia, Brasile e Panama, fino all’esfiltrazione dai container a Gioia Tauro. Anche in questo caso, il sistema si poggiava sulla complicità di squadre di portuali infedeli, garantendo una distribuzione capillare dello stupefacente su tutto il territorio nazionale.
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato