Il futuro della controversa centrale a carbone di Saline Joniche è appeso a un referendum popolare. Ma a decretare con il loro voto la sopravvivenza del progetto non saranno i calabresi, bensì i cittadini svizzeri. L’impianto, che dovrebbe sorgere nell’area grecanica della provincia reggina per un costo stimato attorno al miliardo di euro, è infatti al centro di una petizione presentata il 19 ottobre scorso alle autorità del cantone dei Grigioni da un’ampia rete di partiti e associazioni ambientaliste locali (Ps, Verdi, Wwf, Pro Natura). Il documento domanda l’accantonamento del progetto in Calabria, e di quello di una seconda centrale da erigere a Brunsbuettel nel nord della Germania, sulla base di forti preoccupazioni ecologiche. E avendo rastrellato oltre 4mila firme, verrà prossimamente messo a referendum in linea con la legislazione del cantone. Si tratta di uno scrutinio esiziale: il governo dei Grigioni è azionista di maggioranza di Repower – la multinazionale dell’energia svizzera che attraverso la società Sei (Società energia Saline) finanzierà buona parte dei lavori della centrale – e se arrivasse un “niet” dalle urne dovrebbe dire addio all’opera.
I promotori della petizione lamentano l’enorme potenziale inquinante dell’impianto. Assieme a quello tedesco, secondo le loro stime, dovrebbe generare quasi il 40% delle emissioni di Co2 dell’intera Svizzera, ovvero 14 volte quelle registrate annualmente nel cantone dei Grigioni. Troppo per autorizzarne il finanziamento.
La vittoria degli ambientalisti grigionesi giunge peraltro in coda a una lunga battaglia politica e civile che li ha visti unire le forze con il folto fronte del “no” tra i residenti di Saline e Montebello Jonico. Il 28 agosto le due anime del movimento contro la centrale si erano date appuntamento per una colorata manifestazione a Coira, città capoluogo del cantone. Una delegazione di 40 persone, tra cui Mimmo Romeo della Pro loco di Saline Joniche, avevano affrontato in pullman un viaggio di 20 ore per partecipare alla protesta. Eppure l’opposizione al progetto, almeno in Calabria, ha da tempo cominciato a sfilacciarsi. I benefici economici dell’impianto fanno gola a molti, a cominciare dal mondo politico. Secondo stime della Sei l’indotto dell’opera sul territorio arriverebbe fino a 1 miliardo e 300 milioni di euro e la centrale stessa dovrebbe impiegare circa 300 persone. Repower, ultimamente, è anche finita nel ciclone per aver sponsorizzato la partecipazione di alcune decine di attivisti pro-carbone alla manifestazione di Coira. Tutte querelle e polemiche che potrebbero ora essere spazzate via d’un sol colpo dal referendum grigionese.
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