Bombe in Procura, Villani: «Lo Giudice guidava lo scooter»
Per il collaboratore di giustizia Consolato Villani, la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria del 3 gennaio 2010 sarebbe stata piazzata da Antonio Cortese, considerato l`esperto di armi ed e…

Per il collaboratore di giustizia Consolato Villani, la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria del 3 gennaio 2010 sarebbe stata piazzata da Antonio Cortese, considerato l`esperto di armi ed esplosivi della cosca, e dallo stesso Antonino Lo Giudice, che si è assunto la paternità dell`attentato.
Nell`udienza di oggi del processo contro la cosca Lo Giudice, il pentito Villani ha confermato le dichiarazioni rese nei mesi scorsi al sostituto procuratore della Dda Beatrice Ronchi.
Una parte di quelle dichiarazioni sono finite nel fascicolo del processo che inizia l`8 giugno davanti al gup di Catanzaro dove sono imputati Nino Lo Giudice e il fratello Luciano come mandanti degli attentati alla Procura generale che sarebbero stati commessi da Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri.
Su questo punto ci sono delle discrepanze tra le dichiarazioni dei pentiti Lo Giudice e Villani. Mentre per quest`ultimo, il conducente dello scooter Honda Sh utilizzato dagli attentatori sarebbe stato Nino Lo Giudice (travestito con una parrucca), stando alla versione fornita dal primo collaboratore il mezzo a due ruote era guidato da Vincenzo Puntorieri.
«Li riconosco dai movimenti, spesso in passato ho commesso attentati dinamitardi agli esercizi commerciali a Reggio Calabria per conto dei Lo Giudice» ha spiegato in aula bunker Consolato Villani che è cugino di primo grado di Antonino Lo Giudice. Lui stesso ha affermato di avere «due parrucche a casa perché le usavamo per piazzare le bombe».
Rispondendo alle domande del pm, il collaboratore di giustizia Villani ha confermato l`ampia disponibilità della cosca di armi in generale, dall`esplosivo ai kalashnikov.
Gli imputati del processo che si sta tenendo a Reggio Calabria sono 12, tra questi compare anche Luciano Lo Giudice, fratello del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice e anima economica della cosca. Di lui Villani oggi ha detto che «non aveva una caratura criminale importante, ma sapeva come fare soldi».
Sempre nel corso dell`udienza, il pentito ha rivelato che la cosca Lo Giudice rimandò indietro una grossa parte di un`estorsione, 80 mila euro, inviatagli dal boss Pasquale Condello, perché non ne aveva bisogno.
Villani ha spiegato l`avvicinamento di Antonino Lo Giudice a Pasquale Condello, e di come quest`ultimo intorno al 2005 volesse affidare a Lo Giudice il ruolo di suo uomo di fiducia per i locali di Santa Caterina e San Brunello.
«I Condello effettivamente mandavano le estorsioni ai Lo Giudice – ha raccontato ancora Villani – fino a un certo punto; hanno mandato l`estorsione, una somma non ricordo, circa 80 mila euro, ma Nino insieme al fratello Luciano Lo Giudice, la somma gliel`hanno mandata indietro. Non l`hanno voluta perché non hanno bisogno. Gli hanno detto “abbiamo le attività e possiamo vivere senza nessun problema, di darla a chi ne aveva più bisogno”».
Il collaboratore ha, infine, aggiunto che «Nino Lo Giudice mi aveva chiesto di trovare una casa per Pasquale Condello, che era latitante, ma io rifiutai. Io ho rifiutato perché ho capito che c`era qualcosa con lo Stato».
«Se trovavo io la casa per la latitanza di Condello – ha concluso su quest`argomento il collaboratore, spiegando le ragioni del rifiuto – e poi Condello veniva arrestato, di chi era la colpa?».