Nuovi guai giudiziari per Gavioli
Nuovi guai giudiziari per il “re della monnezza” Stefano Gavioli. Questa volta è la Procura di Napoli a puntare la sua attenzione sull`imprenditore veneto e la sua Enerambiente. Con questa società Ga…

Nuovi guai giudiziari per il “re della monnezza” Stefano Gavioli. Questa volta è la Procura di Napoli a puntare la sua attenzione sull`imprenditore veneto e la sua Enerambiente. Con questa società Gavioli si era occupato fino al 2010 della raccolta di rifiuti nel capoluogo campano. La ricostruzione fatta dagli inquirenti partenopei è per molti versi sovrapponibile al lavoro svolto dal pm di Catanzaro, Carlo Villani. A Napoli Gavioli avrebbe agito svuotando le società dalle parti attive lasciando così le aziende cariche di debiti contratti verso l’erario. Meccanismo rodato che ha utilizzato anche nel caso di Enerambiente, nata dalle ceneri di Slia e poi sostituita da Enertech. Gavioli in concorso con Giovanni Faggiano, ad di Enerambiente, con la collaborazione dei consulenti legali e dei sindaci della stessa società, hanno contribuito a distrarre fondi da Enerambiente attraverso operazioni inesistenti. Un flusso di soldi che serviva ad alimentare le spese personali di Gavioli, «al pagamento – scrive il gip di Napoli – delle corruzioni di vari soggetti, non identificati, intranei alle stazioni appaltanti», con l’obiettivo di ottenere contratti pur in presenza di evidenti irregolarità.
Meccanismo che era emerso già nel filone catanzarese. La guardia di finanza, nell`agosto scorso, ha ricostruito il complesso gioco di scatole cinesi. Un sistema che avrebbe consentito alla holding veneta di evadere tasse per 90 milioni di euro a partire dal 2003. Nel capoluogo calabrese Gavioli e i suoi soci devono rispondere anche di disastro ambientale in relazione alla gestione della discarica di Alli. Secondo l`accusa, il percolato prodotto dai rifiuti sarebbe finito direttamente nel vicino fiume e da lì nel mare Jonio.
Gavioli, indagato insieme alla sorella Chiara, dovrà rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ricorso abusivo al credito, truffa aggravata ai danni di istituti bancari, corruzione e riciclaggio. Oltre ai vertici del gruppo veneto sotto accusa sono finiti anche funzionari della Banca di Credito cooperativo del Veneziano e sindacalisti legati alla gestione dei rifiuti urbani a Napoli nel 2010. I sospetti degli investigatori riguardano la stima del patrimonio aziendale prospettato in occasione del ricorso al concordato fallimentare ai tribunali di Venezia e di Napoli, e flussi di denaro concessi senza garanzie dalla banca veneziana alla ditta, che allo stato passivo ha svelato un buco di oltre 50 milioni di euro. L’indagine partì nel 2010, dalle sommosse dei lavoratori di alcune coop napoletane legate con contratti di prestazione a Enerambiente. Quello fu l’anno dell’emergenza-rifiuti, e, stando alle indagini dei finanzieri napoletani, Enerambiente avrebbe fomentato, con l’aiuto di «spregiudicati sindacalisti», la rivolta degli operai. L’obiettivo sarebbe stato, sempre a detta degli investigatori, ricattare la ditta appaltatrice di Napoli (la ex municipalizzata Asia) spingendola ad accettare di concludere una complessa trattativa finale.