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A Motta San Giovanni la prima spiaggia di "Libera"

REGGIO CALABRIA Parte dalla Calabria un nuovo messaggio di legalita` “estivo“. Si trova a Lazzaro, nel Comune di Motta San Giovanni, la prima spiaggia di Libera, l`associazione contro le mafie di d…

Pubblicato il: 26/08/2012 – 16:16
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A Motta San Giovanni la prima spiaggia di "Libera"

REGGIO CALABRIA Parte dalla Calabria un nuovo messaggio di legalita` “estivo“. Si trova a Lazzaro, nel Comune di Motta San Giovanni, la prima spiaggia di Libera, l`associazione contro le mafie di don Luigi Ciotti. A realizzarla è stato Filippo Cogliandro, proprietario del ristorante L`Accademia che nel 2008 denunciò i suoi estorsori. Da allora ha iniziato il suo percorso di legalità che lo ha portato all`inedita esperienza di quest`anno. Tutto ha avuto origine dalle forti mareggiate di aprile che hanno seguito i lavori di ripascimento della costa grecanica reggina.
«Quando don Ciotti è venuto qui a cena, una sera, mi ha chiesto se la sabbia l`avevano portata con i camion. Io risposi – racconta all`Adnkronos Filippo Cogliandro – che l`aveva mandata il Padreterno e il suo viso si e` illuminato. Mi disse “allora è la spiaggia di Libera”. Perché no?».
Così è iniziata la nuova avventura calabrese. La particolarità della spiaggia dell`Accademia a Lazzaro è che non si tratta di un lido privato ma è aperta a tutti. Il Comune di Motta San Giovanni (lo stesso paese d`origine di Francesco Azzarà, il cooperante di Emergency rapito in Sudan e liberato dopo qualche mese) guidato dal sindaco Paolo Laganà ha concesso all`imprenditore quello spazio gratuitamente, grazie alla legge sul sostegno agli imprenditori che denunciano il racket. Il Comune e` stato uno dei primi a costituirsi parte civile al processo di Filippo Cogliandro contro i suoi estorsori e il primo in Calabria a dichiararsi “pizzo free“. Il sostegno offerto al ristoratore è stato premiato. Da anni l`area di Lazzaro soffriva per la poca presenza di turisti e invece «quest`anno – racconta orgoglioso Cogliandro – non si trova posto negli alberghi e nei bed and breakfast». È diventata così un`opportunità di rilancio per tutto il territorio.
«A Reggio Calabria c`è voglia di legalità», afferma Filippo Cogliandro che è entusiasta dai risultati ottenuti dal progetto ReggioLiberaReggio promosso insieme ad altri imprenditori che hanno denunciato il racket come Tiberio Bentivoglio, Salvatore D`Amico e il responsabile di Libera Mimmo Nasone. Tutti in prima linea, uniti in una rete a trame fitte che consente a tutti di sostenersi gli uni con gli altri. “I cittadini -spiega ancora Cogliandro- si stanno avvicinando sempre di piu` al consumo critico. Ad esempio vengono al mio ristorante perche` si mangia bene ma anche perche` riconoscono che siamo un locale da premiare per esserci ribellati alla `ndrangheta“. Tra gli ospiti dell`Accademia, oltre a don Ciotti, spesso ci sono anche il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza, altri magistrati e ufficiali delle Forze dell`Ordine. “E` sempre piacevole ascoltarli -dice il ristoratore- e quando leggo sui giornali delle operazioni che fanno mi sento più incoraggiato». La vita di Filippo Cogliandro, imprenditore coraggioso che non si e` piegato al racket, non è però semplice. A spingerlo a denunciare e` stato il ricordo del padre che mandava via in malo modo gli emissari quando si presentavano a chiedere soldi. Per questo, tanti anni fa, il genitore e` stato gambizzato. C`e` stato poi il sostegno della sua famiglia, importantissimo. E quello dei suoi collaboratori, che lo hanno aiutato anche economicamente nei momenti di difficoltà. «Quando ho denunciato il pizzo, al mio ristorante non veniva più nessuno perché la gente aveva paura di trovarsi in mezzo a un attentato. Ho pensato anche di chiudere. Ma i miei collaboratori mi hanno detto di pagare prima i fornitori e saldare i debiti con le banche, che certo non aiutano, e poi pensare a loro. Io sto pagando adesso i loro arretrati».
Salvo poi la nuova tegola Etr. «Entro la fine di questo mese devo rateizzare il debito altrimenti ipotecano la mia casa. Non ho molto, solo quella», spiega Cogliandro. Qui passa all`amarezza perché «lo Stato non capisce che è questa la vera difficoltà di chi denuncia, la ripresa economica. E poi -conclude- ancora non esiste una legge che riconosca come categoria chi denuncia il pizzo».

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