Il caso Reggio fa rumore anche in Europa
All`indomani dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose, del blitz che ha portato in carcere il direttore della Leonia, la società municipalizzata di Palazzo San Giorg…

All`indomani dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose, del blitz che ha portato in carcere il direttore della Leonia, la società municipalizzata di Palazzo San Giorgio, e dell`arresto dell`assessore regionale della Lombardia, Domenico Zambetti del Pdl – accusato di aver dato soldi alle `ndrine in cambio di voti –, la `ndrangheta, e in particolare, la commistione `ndrangheta-politica torna sotto i riflettori dell`Europa. Che – afferma il direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, intervistato da Euronews – «resta un paradiso per la criminalità organizzata calabrese».
Pollichieni spiega al collega Michele Carlino – in collegamento dallo studio di Lione – che lo scioglimento del Comune dello Stretto «fa più rumore» rispetto a tutti gli altri «intanto perché è il primo capoluogo di provincia, che viene sciolto in Italia ed è anche la città più grande, quantomeno la più popolata, della Calabria. Ma c`è anche una ragione politica: il fatto che negli anni scorsi si sia parlato di un modello politico, il “modello Reggio”, attraverso il quale il centrodestra avrebbe voluto governare la Calabria e altre realtà locali. La relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento parla di un “modelllo criminogeno”. Il ministro ha sottolineato in conferenza stampa che a Reggio eravamo di fronte a una sorta di coabitazione, a una contiguità, questo il termine esatto usato dal ministro, che significa non che mi sono trovato qualcuno in casa a mia insaputa, ma che ho lasciato la porta aperta per lasciarlo entrare».
E sull`arresto di Zambetti il direttore del Corriere della Calabria sottolinea come «c`è ancora oggi non solo in Italia, ma anche in Europa, il concetto della `ndrangheta come di una mafia localistica, regionale, quasi folkloristica. Le indagini hanno provato che non è così. Anche fuori dai confini italiani c`è una grande presenza. Se ne erano accorti dopo la strage di Duisburg. Gli investigatori, che vogliono evitare che le cosche entrino negli appalti dell’Expo 2015, hanno segnalato come molte aziende della `ndrangheta si siano impossessate, grazie all’enorme liquidità di narcodollari, di aziende pulitissime che hanno sede in Germania, Francia e soprattutto Olanda. Con quelle partecipano alle gare d’appalto in Italia anche per l’Expo. Laddove a un’azienda italiana si chiede il certificato antimafia, a un’azienda straniera no».
Il vero problema – ricorda Pollichieni – è che «l’Europa non ha proprio coscienza che questo problema esista. La legislazione europea non contempla il reato associativo fine a se stesso. Men che meno prevede un reato di associazione mafiosa. E invece questo è un fattore ormai tangibile, quando i nostri investigatori vanno all’estero. Nella ricerca dei latitanti un minimo di collaborazione c‘è. Ma nella prevenzione, per evitare che la `ndrangheta ricicli il denaro sporco e faccia un tipo di economia pulita, per i mafiosi l’Europa è ancora un paradiso. Purché paghi le tasse tutto va bene».