"Caso Fallara", il governatore a processo
REGGIO CALABRIA Tempi duri per il governatore Peppe Scopelliti. Mentre la bufera che ha fatto naufragare il consiglio comunale e il “Modello” cui si ispirava non accenna a placarsi e nubi nere si add…

REGGIO CALABRIA Tempi duri per il governatore Peppe Scopelliti. Mentre la bufera che ha fatto naufragare il consiglio comunale e il “Modello” cui si ispirava non accenna a placarsi e nubi nere si addensano sui palazzi regionali, per il presidente della Regione Calabria le grane non sono finite. Si apre oggi il procedimento noto come “caso Fallara” che lo vede imputato in qualità di ex sindaco di Reggio Calabria, insieme ai tre revisori dei conti dell`epoca, Domenico D`Amico, Ruggero Alessandro De Medici e Carmelo Stracuzzi. Per tutti, qualche mese fa, il procuratore capo Ottavio Sferlazza e il sostituto Sara Ombra avevano chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per falso in atto pubblico, con l`aggiunta, per il governatore, di un`ulteriore imputazione: l`abuso d`ufficio. Una decisione giunta il 20 luglio scorso dopo un rosario di rinvii, cui il gup Laganà ha impresso un deciso stop prima della pausa estiva, riconvocando tutti per il 7 novembre.
UNA VORAGINE
Una decisione che all`epoca Scopelliti ha commentato con l`asserita “serenità” divenuta consueta nelle ormai frequenti occasioni in cui il presidente della Regione si è trovato a frequentare procure e tribunali in qualità di imputato o indagato. Medesima imperturbabilità che ha ostentato nelle altrettanto ormai frequenti occasioni in cui il suo nome è stato accostato a quello di personaggi di piccola e media caratura della galassia `ndranghetista reggina e non. Ma che domani in tribunale potrebbero sbriciolarsi. Al governatore Scopelliti toccherà infatti rispondere davanti ai giudici delle accuse di abuso d`ufficio e falso in atto pubblico. E l`atto in questione – tanto per i tre revisori che lo hanno certificato e ne dovranno rispondere, tanto per Scopelliti che ne è il responsabile giuridico e politico – è il bilancio del Comune di Reggio Calabria negli anni che vanno dal 2008 al 2010. Un buco nero nel quale – hanno accertato i periti incaricati dalla Procura – in due anni, grazie a un`infinita gamma di artifici contabili, sono spariti oltre 87 milioni di euro. Manovre finanziare complesse, quasi spericolate. Ma necessarie. Per far quadrare i conti. Per rispettare il patto di stabilità. E quindi poter spendere, assumere, contrarre mutui, pagare consulenze e progettazioni. E accumulare debiti su debiti, mascherati abilmente. Medesimo modus operandi fotografato dalla relazione degli ispettori del ministero dell`Economia, secondo i quali tra il 2006 e il 2010, dalle casse comunali sono spariti oltre 170 milioni di euro.
Una voragine – si legge in quel documento «approssimata per difetto», perfettamente compatibile con il cratere accertato per il biennio 2008-2010. Un buco nero che oggi rischia di portare la città al default e del quale – ancor prima che politicamente – Scopelliti è chiamato a rispondere davanti ai giudici.
L`OMBRA DELLA FALLARA
Allo stato, l`unica responsabile ufficiale di quella voragine che oggi ha portato il Comune sull`orlo del dissesto sarebbe l`ex dirigente del settore Bilancio, Orsola Fallara, accusata di essersi indebitamente liquidata ingenti somme di denaro. Ma non può più parlare. La dirigente che per anni ha avuto in mano le chiavi del tesoro comunale e ha accompagnato Scopelliti fin dagli albori della sua carriera politica, è morta suicida dopo essersi somministrata una dose letale di acido muriatico.
Ma la scomparsa dell`indiziata numero uno non ha fermato i pm, decisi a chiarire se dietro il tanto decantato “Modello Reggio” si nascondesse la condotta illecita di un singolo o un sistema di illegalità diffusa. E più le indagini sono andate a fondo, più gli inquirenti si sono convinti che l`ex dirigente del settore Bilancio non potesse aver fatto tutto da sola, senza che nessuno a Palazzo San Giorgio se ne accorgesse. Troppe e troppo evidenti erano infatti le anomalie che i periti incaricati dalla Procura di passare al setaccio i bilanci del Comune di Reggio Calabria hanno riscontrato. Una lunga e variegata lista di «22 irregolarità palesi» e altre alterazioni che va dall`iscrizione a bilancio di entrate inesistenti nei servizi per conto terzi (oltre 26 milioni di euro) all`omessa contabilizzazione dell`esposizione debitoria verso le società miste cresciuta fino a 41 milioni e 728mila euro. Dal «mancato versamento all`erario dall`anno 2007 fino al 2009 (fenomeno proseguito anche nell`anno 2010 ed accertato solo dopo la sospensione della dirigente Fallara) delle somme trattenute al personale dipendente a titolo di Irpef», all`alterazione «dei residui attivi riportati nei conti consuntivi per la presenza di crediti del tutto fittizi relativi all`Ici ordinaria, a somme già riscosse e trattenute dalla Reges e dai maggiori crediti contabilizzati rispetto a quelli in riscossione tramite la Reges».
Ancora, dalla «dolosa omissione della determina di riaccertamento prevista dal regolamento di contabilità allo scopo di occultare un disavanzo di amministrazione e giustificare la previsione di entrate fittizie atte a bilanciare spese previste in bilancio altrimenti insostenibili», alla dissimulazione «dell`abnorme ricorso all`anticipazione di tesoreria che veniva imputata nei consuntivi relativi agli anni 2007, 2008, 2009, anziché al Titolo III della spesa (spesa per rimborso di prestiti) al Titolo IV (spese per conto terzi) allo scopo di far fronte al crescente bisogno di liquidità».
E questi non sono che esempi di un bilancio costruito – secondo i periti incaricati dalla Procura – sull`alterazione sistematica di dati, entrate e uscite.
Fra i beneficiari fino ad oggi accertati di questo fiume di denaro che avrebbe progressivamente prosciugato le casse del Comune, l`architetto Franco Labate, che con la Fallara ha avuto una relazione sentimentale e oggi è imputato per peculato e truffa in uno degli stralci del procedimento che dalla Fallara prende il nome. In un interrogatorio di qualche mese fa, Labate ha raccontato ai pm che «la Fallara mi aveva invece procurato dei contrattini per piccoli lavori pubblici sul verde attrezzato portandomi personalmente le lettere di conferimento che io firmavo e che lei stessa avrebbe portato al responsabile del settore. Erano soltanto piccole progettazioni di aiuole e piazzuole che non so nemmeno se siano state realizzate». Valore delle opere, spesso fantasma, settecentomila euro. Tutti prelevati dalle casse del Comune. Soldi che Labate ha già in parte restituito e preannuncia di voler restituire totalmente.
Ma l`ex dirigente del settore Bilancio, non era l`unico alto papavero dell`amministrazione reggina dal quale l`architetto avesse ricevuto favori e attenzioni. «Fu la Fallara – ha detto Labate – tramite Franco Zoccali che era assieme a Scopelliti a procurarmi l`incarico di capo della delegazione romana, sempre da considerarsi un “parcheggio” in attesa dell`incarico a Fincalabra, che era il mio vero obiettivo. L`incarico di direttore Fincalabra avrebbe comportato lo stipendio di circa ottomila euro, almeno così mi disse la Fallara». Parcheggio di cui Labate avrebbe parlato direttamente con l`attuale governatore: «Fu un incontro breve e Scopelliti mi disse di parlare con Zoccali – all`epoca direttore generale del Comune di Reggio Calabria e storico braccio destro dell`attuale governatore – al quale spiegai la mia aspirazione. Poi mi mandarono tutte le carte del contratto a Roma per firmarle».
«FIRMAVO CARTE CHE NON LEGGEVO»
Eppure di tutto questo Scopelliti, responsabile giuridico e politico di quanto avvenisse dentro Palazzo San Giorgio negli anni in cui era sindaco, non avrebbe avuto la benché minima cognizione. O almeno, questo ha dichiarato il 10 marzo 2011 ai magistrati che lo hanno interrogato e che all`epoca gli contestavano solo l`abuso d`ufficio. «Premetto che in qualità di sindaco ho firmato tantissimi atti e preciso che gli stessi mi venivano sottoposti in notevole quantità all`interno di faldoni. Sicché li sottoscrivevo senza leggerne il contenuto, confidando nella responsabilità e professionali
tà dei colleghi competenti», ha sostenuto Scopelliti. Una dichiarazione che però fa a pugni con quanto messo a verbale nel corso di un precedente interrogatorio da Franco Zoccali – prima capo di gabinetto poi city manager del Comune, attualmente direttore generale della Regione Calabria – per il quale «gli atti della dottoressa Fallara venivano sottoposti alla firma del sindaco da lei stessa». Circostanza in seguito smentita da Scopelliti che ha sottolineato: «Ribadisco che gli atti della Fallara seguivano lo stesso iter degli altri», lasciando intendere che – contrariamente alle apparenze – fra lui e quella che la città ha sempre considerato il suo braccio destro non ci fosse – o non ci fosse più – alcun rapporto particolare.
«Conoscevo la dottoressa Fallara fin da bambini e fu da me scelta per ricoprire il ruolo di dirigente perché godeva della mia fiducia sotto il profilo della professionalità. Successivamente però – ha detto il governatore ai magistrati – la Fallara cominciò a creare problemi di relazione con il pubblico per motivi caratteriali. C`è stato un periodo di frequentazione con la dottoressa Fallara che però è scemata nel tempo. Non ho mai avuto rapporti di cointeressenza economica con la dottoressa Fallara».
Argomentazioni che poco o nulla devono aver convinto i pm che hanno chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, formulando accuse molto chiare: «Scopelliti, nella funzione di sindaco, in ragione dei rapporti personali intercorsi con la Fallara, agiva intenzionalmente allo scopo di procurare alla stessa un ingiusto vantaggio patrimoniale mediante l`attribuzione alla stessa degli incarichi professionali». Un vantaggio da 540mila euro. E di cui nessuno dei tre revisori dei conti che hanno certificato i bilanci di quegli anni – Domenico D`Amico, Ruggero Alessandro De Medici e Carmelo Stracuzzi, che ha seguito Scopelliti e dopo anni di “onorato servizio” al Comune, lavora oggi alla Regione Calabria – sembra essersi mai accorto. Interrogati dai magistrati nei mesi scorsi, i tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, posticipando così ogni eventuale chiarimento a una memoria difensiva che però non è mai stata consegnata alla Procura della Repubblica.
Anche loro dunque dovranno presentarsi di fronte ai giudici per tentare di spiegare come siano loro sfuggite tali macroscopiche alterazioni. Ma domani, sul banco degli imputati, ci sarà anche – vero convitato di pietra – quel “Modello Reggio” di cui l`intera vicenda è espressione. Un modello non punibile penalmente, ma già sconfessato dal decreto con cui il Consiglio dei ministri ha sciolto per contiguità con le cosche il Comune di Reggio Calabria e mandato a casa l`amministrazione che come affermato dal ministro Cancellieri “in continuità” con le precedenti targate Scopelliti, lo gestiva.