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Diciotto anni in Appello al pentito Fracapane

REGGIO CALABRIA Diciotto anni di reclusione: la Corte d`Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna comminata il 16 maggio 2011 al pentito Giovanbattista Fracapane, reo confesso di una lunga…

Pubblicato il: 06/12/2012 – 23:16
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Diciotto anni in Appello al pentito Fracapane

REGGIO CALABRIA Diciotto anni di reclusione: la Corte d`Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna comminata il 16 maggio 2011 al pentito Giovanbattista Fracapane, reo confesso di una lunga serie di fatti di sangue che hanno macchiato la storia di Reggio città e di quelle due guerre di ndrangheta su cui la famiglia De Stefano ha costruito il proprio predominio. Arrestato dopo una lunga latitanza, Fracapane è stato il primo dei destefaniani a decidere di collaborare con i magistrati. E lo ha fatto senza filtri: con le sue dichiarazioni ha riempito pagine e pagine di verbali, indicando esecutori e mandanti, spiegando il contesto in cui sono maturati numerosi omicidi rimasti senza colpevole. Fatti di sangue successi tra il 1984 e il 1991 quando sotto i colpi di uno dei più noti killer dello schieramento destefaniano sono caduti Rocco Caridi ( 5 novembre 1984), Bruno Fortugno (16 maggio 1989), Pasquale Latella (20 ottobre 2000), Cosimo Pasquale Polimeni (9 febbraio 1986), Giuseppe Veltri (17 aprile 1984), Giovanni Rodà (22 gennaio 1986), Francesco Serraino e il figlio Alessandro (23 aprile 1986), Vincenzo Condello e Saverio Cavalcanti (7 luglio 1986). Sette i tentati omicidi confessati dall`ex sicario, oggi quarantottenne, che per conto degli arcoti aveva cercato di freddare Bruno Trapani (22 gennaio 1986), Giuseppe Cartisano e Domenico Cartisano (16 luglio 1986), Pasquale Condello (10 aprile 1986), Giuseppe Laurendi (2 giugno 1991), Pasquale Buda e Antonino Imerti (7 luglio 1986). Tutti omicidi e tentati omicidi che allo stato solo a lui vengono contestati: nonostante il pentito abbia indicato i presunti complici dei fatti di sangue che lo hanno visto protagonista, le sue rivelazioni del pentito non hanno trovato sufficiente riscontro, dunque solo per lui è in seguito arrivato il rinvio a giudizio. Ma le sue rivelazioni sono confluite in decine di procedimenti che hanno portato alla condanna di numerosissimi affiliati delle più importanti cosche della ndrangheta reggina. Dal 2004 – anno di inizio della collaborazione di Fracapane – il pentito ha ricostruito nel dettaglio, in lunghi interrogatori, così come in centinaia di udienze, la propria esperienza criminale a partire dal 1983, quando appena ventenne e legato ai Tegano, aveva aderito al potente gruppo di `ndrangheta di Archi. Per i pm la sua attendibilità è “elevatissima”. Si tratta infatti di un «soggetto che ha conosciuto dall’interno i De Stefano ed i Tegano, che ha lavorato per le loro cosche nei momenti più difficili e cruenti della guerra di mafia, che si è reso responsabile in passato di gravissimi fatti delittuosi ed a sua volta è scampato ad un attentato da parte di un commando antidestefaniano in data 18 maggio 1990 e che ha continuato a far parte del sodalizio durante i lunghi anni di latitanza divenendo ricettacolo delle notizie più importanti e riservate portate al capo Orazio De Stefano dai suoi più fidi e dai primati in merito all’andamento ed ai fatti di rilievo del mondo criminale organizzato di appartenenza. Ed è proprio per questa sua lunga militanza nelle fila teganiane e destefaniane, che gli ha fruttato una succulenta ascesa nella scala gerarchica guadagnata sul campo, che diventa fonte di notizie preziosa ed assai attendibile».

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