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Cisterna, il plico anomalo e la trattativa Stato-mafia

Un filo rosso lega il “caso Cisterna” alla trattativa Stato-mafia. E` un`intervista shock quella rilasciata alla trasmissione “Servizio pubblico” dall`ex viceprocuratore nazionale antimafia nello ste…

Pubblicato il: 07/12/2012 – 0:29
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Cisterna, il plico anomalo e la trattativa Stato-mafia

Un filo rosso lega il “caso Cisterna” alla trattativa Stato-mafia. E` un`intervista shock quella rilasciata alla trasmissione “Servizio pubblico” dall`ex viceprocuratore nazionale antimafia nello stesso giorno in cui incassa il rigetto della Cassazione al ricorso presentato contro il trasferimento provvisorio al Tribunale di Tivoli. Rispondendo alle domande di Sandro Ruotolo, il magistrato Alberto Cisterna non le manda a dire ed evidenzia le anomalie che ha riscontrato nella gestione dell`inchiesta della Dda di Reggio Calabria che lo aveva accusato di corruzione in atti giudiziari e di aver intrattenuto rapporti con il boss Luciano Lo Giudice. Inchiesta che, pur non portando a nulla, ha stroncato la sua carriera lasciando ingombranti punti interrogativi ai quali occorrerebbe dare risposte, a partire dal coinvolgimento del Quirinale. «La vicenda è stata archiviata da pochissime ore. – afferma Cisterna – E` una vicenda che non avrebbe dovuto sorgere perché mancava la notizia di reato. La Procura di Reggio e la squadra mobile si sono incaricati di consegnare informative di reato coperte dal segreto al dottor Loris D`Ambrosio al Quirinale. Quello che so di mio è che ho trovato in atti una lettera di trasmissione da parte del capo della squadra mobile di Reggio Calabria, attuale capo della squadra mobile di Roma, dottor Cortese, di un plico riservato a varie autorità legittimamente investite della questione, ma mandate in copia al Quirinale. Non è un problema di invasione di campo. Si è creato un circuito di informazione improprio a mio avviso, perché se la presidenza della Repubblica ha la necessità di essere informata di questo, lo fa attingendo gli atti al Csm che li aveva ricevuti. Non c`era nessuna ragione di trasmettere questi atti personalmente al Quirinale. La questione la faccio con chi li ha mandati gli atti, non con chi li ha ricevuti che probabilmente ne ha fatto l`uso che ha ritenuto proprio. Quello che sindaco e trovo straordinariamente anomalo è che si mandino atti e si instaurano contatti fuori da un circuito istituzionale, che si divulghino informative unilaterali (perché queste informative contengono reati falsi). Il Csm ha subito detto che della corruzione non c`era traccia. Tuttavia tu (si riferisce a se stesso, ndr) hai intrattenuto rapporti con un soggetto che, quando tu hai conosciuto era assolutamente incensurato, ma che sei anni dopo si scopre possa essere un soggetto appartenente alla criminalità organizzata». E quando il giornalista Ruotolo gli ha domandato il motivo per il quale lega il suo caso alla trattativa che si è svolta con la Procura nazionale antimafia per la cattura di Bernardo Provenzano, l`ex vice di Piero Grasso ha risposto: «Perché io non avevo alcun interesse a conoscere questo soggetto (Luciano Lo Giudice, ndr), né alcuna necessità se non per il fatto che si era detto disponibile a fornire informazioni per la cattura del più importante latitante calabrese del momento, Pasquale Condello. Io individuai nell`ex capo del Ros di Reggio Calabria, passato al Sismi come responsabile della sezione criminalità organizzata, un uomo di riferimento. In quel momento il mio ufficio aveva altri contatti con il Sismi e vi era anche un soggetto presentatosi in Procura nazionale come emissario di Bernardo Provenzano che ne voleva trattare la costituzione presso il nostro ufficio. Se si fosse parlato di questo Lo Giudice per la cattura di Pasquale Condello, io avrei dovuto a tutela del mio onore parlare anche di quello che stava succedendo in quel frangente per altre questioni. Perché non c`era solo Pasquale Condello, ma c`era Bernardo Provenzano, c`erano vicende relative a partite di esplosivo trattate dal Sismi e fatte rinvenire in Calabria, c`erano questioni relative a traffici di sostanze stupefacenti nel porto di Livorno». Ottenuta l`archiviazione, dopo due anni di inferno e una carriera da magistrato travolta da un`indagine che non è riuscita a dimostrare nulla, Cisterna si toglie alcuni sassolini dalle scarpe attraverso i microfoni di Servizio Pubblico: «La magistratura è attraversata da lotte intestine molto gravi che ne stanno erodendo, in maniera sostanziale, l`affidabilità e la tenuta. La mia carriera è finita. Io ne ho preso atto. Certo se guardo, per esempio, ad altre carriere e ad altre vicende, in particolare a quella del dottor Pignatone, accusato da Giovanni Falcone, nel suo diario, di essere in qualche modo un soggetto che, per conto di Giammanco, ne osservava le iniziative. Se penso sempre al dottor Pignatone indagato per corruzione dalla Procura di Caltanissetta, non certo perché accusato da Nino detto il “Nano” (come nel mio caso), ma da un collaboratore di giustizia come Siino e ne è venuto fuori brillantemente e giustamente perché si vede assolutamente innocente, come lo sono io, e lo vedo procuratore di Reggio e poi procuratore di Roma, allora una speranzella, nel fondo del cuore, la conservo».

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