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"Redux", in tribunale i testimoni non parlano

MILANO Hanno scelto la via del silenzio. In tribunale, davanti ai giudici, neanche un cenno alle domande dei magistrati. È successo non a Reggio Calabria o Lamezia, ma a Milano. È su questo aspetto –…

Pubblicato il: 22/12/2012 – 18:43
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"Redux", in tribunale i testimoni non parlano

MILANO Hanno scelto la via del silenzio. In tribunale, davanti ai giudici, neanche un cenno alle domande dei magistrati. È successo non a Reggio Calabria o Lamezia, ma a Milano.
È su questo aspetto – scrive il Fatto quotidiano sul sito web – che il pm Paolo Storari, della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo, ha incentrato la sua requisitoria contro il clan Flachi, una cosca “storica” della ‘ndrangheta trapiantata al Nord, sgominata dall’operazione “Redux-Caposaldo” il 14 marzo 2011. Al termine della requisitoria, il pm Storari ha chiesto pene pesanti per gli imputati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa e altri reati. Sedici anni di reclusione per il patriarca Pepè Flachi, ritenuto il capo del grande traffico di eroina nella Lombardia di fine anni Ottanta-inizio anni Novanta; 18 per suo fratello Emanuele; 14 per Giuseppe Amato, più volte “registrato” dagli investigatori mentre gestiva le estorsioni o ne svelava ad altri i meccanismi (compreso il politico del Pdl Marco Clemente); 18 a Giuseppe Romeo. Sedici anni sono stati richiesti per Paolo Martino, altro nome storico della ‘ndrangheta, forte di ottimi rapporti nel giro della politica lombarda e dei “vip”. A cui Pepé Flachi, detenuto – secondo quanto emerso da attività investigative – aveva affidato l’educazione criminale del figlio Davide.
L’inchiesta ha svelato le attività criminali ed economiche del clan: dal traffico di droga al controllo di attività imprenditoriali lecite, tra le quali le filiali lombarde della multinazionale della logistica Tnt-Traco. E una fitta rete di estorsioni, in particolare nel mondo della “movida” milanese: dalle discoteche ai furgoni dei “paninari”, vittime del pizzo.
Molti gestori dei furgoni – ha detto il pm – hanno fornito «versioni vergognose», impauriti dal clima di «assoggettamento mafioso». Uno di loro nelle intercettazioni mostrava di conoscere il sistema del pizzo, ma in tribunale ha poi negato tutto. Un altro è arrivato a smentire di aver accettato la “protezione” del clan Flachi, dopo averlo ammesso nel corso delle indagini. E c’è anche chi, davanti ai giudici, nega di conoscere personaggi con cui – risulta dalle intercettazioni – ha intrattenuto lunghe conversazioni. Tra queste Giuseppe “Pinone” Amato, accusato di essere l’emissario del clan nella gestione delle estorsioni. E, salendo di livello, c’è anche un imprenditore del Nord che ha negato ogni contatto con Giuseppe Romeo, uomo di punta dell’attività economica del Flachi, nonostante dalle intercettazioni emerga il contrario. La carenza di denunce e l`omertà dilagante da tempo denunciate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.

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