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Processo "Infinito", sentenza "annullata" da una stampante rotta

MILANO C`erano una volta 110 condanne. E adesso non ci sono più. La Cassazione, infatti, ha annullato per un vizio di forma il deposito delle motivazioni della sentenza del processo milanese “Infin…

Pubblicato il: 10/01/2013 – 14:53
Processo "Infinito", sentenza "annullata" da una stampante rotta

MILANO C`erano una volta 110 condanne. E adesso non ci sono più. La Cassazione, infatti, ha annullato per un vizio di forma il deposito delle motivazioni della sentenza del processo milanese “Infinito” sulle cosche della `ndrangheta. Il deposito delle motivazioni avvenne in due tempi. Ora sarà la Corte d`appello a dover valutare gli effetti sul processo di secondo grado. Le condanne cancellate sono quelle disposte dal gup Roberto Arnaldi con il rito abbreviato.
Adesso toccherà alla Corte d`Appello valutare gli effetti di questa decisione sul processo di secondo grado. La maxi operazione Crimine-Infinito, scattata il 13 luglio 2010 e coordinata dalle Dda di Reggio Calabria e di Milano, portò all’arresto di oltre 300 persone, di cui 160 in Lombardia, dove furono individuati 16 “locali” di ‘ndrangheta. Il rito abbreviato terminò il 19 novembre 2011 con 110 condanne, mentre altre 41 persone sono state condannate in rito ordinario nello scorso dicembre.
All’origine del vizio riscontrato dai giudici della Cassazione, c`è un “doppio” deposito delle motivazioni, dovuto a un guasto della stampante, che fece letteralmente sparire 120 pagine sulle 900 della sentenza. Il gup se ne accorse qualche giorno dopo, integrando la sentenza e adottando un provvedimento in cui si stabiliva che la colpa era di un incidente tecnico. Per la Suprema Corte si tratta di un atto «abnorme».
La principale conseguenza è che, adesso, la Corte d`Appello si trova tra le mani una sentenza azzoppata, nella quale mancano le motivazioni relative ad alcuni clan locali e le sanzioni per gli imputati. Le possibilità, a questo punto, sono due. I giudici di secondo grado potrebbero rinviare al primo grado la sentenza, chiedendo un nuovo verdetto, oppure decidere lo stesso e, solo dopo la camera di consiglio, chiedere di rifare il primo processo.

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