«È a porte chiuse. Se voi non uscite qui non cominciamo». Il fastidio di Rosy Bindi per la presenza delle telecamere di Report in un convegno del Pd sulla sanità, a Reggio, non era passato inosservato. Cosa assai rara, il fronte della solidarietà per Antonino Monteleone si era immediatamente allargato.
Non solo i colleghi, ma anche – e soprattutto – pezzi consistenti del Pdl reggino. Come la deputata (all`epoca dei fatti era solo candidata) Rosanna Scopelliti («ci piace evidenziare il principio secondo cui alle domande, di solito, si risponde se non si ha nulla da nascondere»). Oppure Michele Marcianò, consigliere provinciale del Pdl («semplice confrontarsi con i giornalisti dello stesso colore politico, un po` più complicato invece il confronto con chi incalza senza guardare in faccia nessuno»). O ancora Daniele Romeo, coordinatore del Pdl Grande Città («il Pd dialoga solo con la stampa amica, noi siamo “allenati” a confrontarci con tutti i giornalisti su qualunque tematica, anche su quelle più scomode»).
Si attendono analoghe critiche per l`atteggiamento del segretario generale del consiglio regionale, che ha minacciato di «sbattere fuori» le telecamere di Report se non avessero smesso di «disturbare» con quelle strane domande sulla trasparenza dei conti dei gruppi regionali. C`è ancora tempo per esternare. Tutti insieme o uno per volta, da Rosanna Scopelliti a Daniele Romeo. Altrimenti potrebbe sorgere il dubbio che il confronto con «chi incalza senza guardare in faccia nessuno» sia davvero difficile.
Per tutti. Non solo per il Pd, che – fatto che non scusa certi atteggiamenti – almeno è un partito politico. Ma anche per il consiglio regionale, che dovrebbe essere la casa di tutti calabresi. E invece è un palazzo in cui le regole sono dettate da un solo dirigente. (0020)
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