PALMI Per gli inquirenti – non solo reggini – Gianluca Favara, cognato dell’ex primula rossa della ndrangheta, Domenico Condello è l’ambasciatore dei clan, l’uomo della cosca Pesce, deputato a tenere i contatti fra le ndrine della tirrenica e quelle della città, tra Rosarno e Reggio. Un indispensabile trait d’union nei nuovi assetti della ndrangheta scaturiti dalla seconda guerra di mafia, attivo tanto in Calabria, come fuori dai confini regionali. Per questo il pubblico ministero Giuseppe Lombardo aveva chiesto per lui – imputato di estorsione, possesso e detenzione di armi nell’ambito dello stralcio del procedimento Meta celebrato a Palmi – diciotto anni di reclusione. Un’interpretazione non condivisa dal Tribunale di Palmi, presieduto da Antonio Battaglia, con Claudio Paris e Anna Laura Ascioti, a latere, che ha assolto Favara, difeso dall’avvocato Francesco Calabrese, da tutti i reati contestati.
Ma questa è solo una delle clamorose assoluzioni disposte dai giudici del distretto della tirrenica. Cadono le accuse anche per Giasone Italiano, il figlio del boss di Delianuova, Giuseppantonio, storico “Patriarca” della ‘ndrangheta operante nella fascia tirrenica della provincia reggina difeso dagli avvocati Umberto Abate e Pasquale Foti, così come per Domenico Rugolo e Vincenzo Verduci, accusato di estorsione e danneggiamento aggravato e difeso dagli avvocati Antonino Napoli e Luciano Battista.
Una sentenza che ha fatto spalancare le porte del carcere per Italiano, Rugolo e Favara, mentre Verduci era già da tempo stato scarcerato dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria in accoglimento dell`istanza presentata, in seguito ad indagini difensive, dagli avvocati Antonino Napoli e Luciano Battista. Per i giudici del Tribunale di Palmi l’unico responsabile dell’estorsione, imposta alla famiglia Buceto al prezzo di diversi atti intimidatori e danneggiamenti, è Nicola Alvaro, condannato ad otto anni di reclusione.
Il processo, scaturito dall’operazione Meta, è stato celebrato a Palmi in seguito all’accoglimento, da parte del Tribunale di Reggio Calabria, dell’eccezione, formulata dall’avvocato Antonino Napoli, difensore di Vincenzo Verduci, di incompetenza per territorio poiché il reato di tentata estorsione e danneggiamento aggravato dalle modalità mafiose sarebbe stato commesso a Scido, dunque da giudicare a Palmi e non a Reggio Calabria, come richiesto dal pubblico ministero. (0030)
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