Cisterna, la Procura generale accelera sulla fuga di notizie
REGGIO CALABRIA Non ha perso tempo la Procura generale, che vuole assolutamente vederci chiaro sulla fuga di notizie che nel giugno 2011 ha permesso al Corriere della Sera di pubblicare con enorme ri…

REGGIO CALABRIA Non ha perso tempo la Procura generale, che vuole assolutamente vederci chiaro sulla fuga di notizie che nel giugno 2011 ha permesso al Corriere della Sera di pubblicare con enorme risalto – prima ancora che il diretto interessato ne venisse a conoscenza – la notizia dell’indagine per corruzione in atti giudiziari – poi archiviata – nei confronti dell’ex numero due della Dna, Alberto Cisterna.
Precise deleghe investigative sono già state assegnate agli ufficiali di polizia giudiziaria per fare luce su un’inchiesta che nonostante i precisi esposti presentati dallo stesso Cisterna, si era conclusa con un nulla di fatto prima che la Procura generale decidesse di avocare il relativo fascicolo. Per la Procura reggina, presso cui i primi reclami erano stati presentati, non ci sarebbe stata alcuna rivelazione di segreto d’ufficio perché quel 17 giugno 2011 in cui Cisterna leggerà di essere indagato a seguito delle dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice direttamente dalle pagine del Corsera, aveva già ricevuto l’avviso a comparire. La condizione di indagato dunque – per i magistrati del Cedir – sarebbe stata già nota al magistrato, quindi non sussisterebbe alcun reato. Ed è per questo che l’esposto presentato da Cisterna, secondo alcune fonti non sarebbe iscritto neanche a modello 45, quello che identifica i fatti venuti a conoscenza della Procura, ma non costituenti reati.
Di tutt’altro avviso è stata la Procura generale che ad un secondo esposto presentato dall’ex numero due della Dna, lamentando l’inerzia investigativa, ha risposto con l’avocazione dell’indagine perché “sembra potersi affermare con certezza che […] la pubblicazione da parte del giornalista del Corriere della Sera della notizia oggetto delle doglianze del dott. Cisterna – scriveva il pg Francesco Scuderi nella richiesta di avocazione – sia il frutto dell`avvenuta consumazione da parte di un soggetto allo stato ignoto, in servizio presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, del reato di cui all`art. 326 c.p. (rivelazione di segreto d’ufficio, ndr)”. Uno “schiaffo” per i magistrati del Cedir responsabili dell’indagine che hanno immediatamente presentato ricorso in Cassazione contro l’iniziativa della Procura generale. Una querelle per gli uffici reggini, cui la Suprema Corte ha nei giorni scorsi messo un punto bocciando definitivamente l’impostazione dei magistrati del Cedir e dando visto buono alla prosecuzione delle indagini chiesta e ottenuta dalla Procura generale e dal pg Scuderi.
Starà a loro cercare di capire se ed eventualmente chi, nel giugno del 2011, ha passato al noto giornalista del Corriere della Sera, Giovanni Bianconi, la notizia dell’indagine su Cisterna, puntualmente pubblicata proprio il giorno in cui i magistrati Giuseppe Pignatone – all’epoca procuratore capo di Reggio Calabria – e il pm Beatrice Ronchi avrebbero dovuto incontrare nei suoi uffici di via Giulia l’ex numero due della Dna. Una pubblicazione “a orologeria”, l’ha spesso definita Alberto Cisterna, che più di una volta ha lamentato la curiosa puntualità con cui certe notizie e rivelazioni – in seguito regolarmente smentite – sono apparse su organi di stampa locali e nazionali.
Circostanze su cui – almeno relativamente al giugno 2011 – la Procura generale proverà a dare risposte. Ma non è la prima volta che i pg dell’ufficio guidato da Salvatore Di Landro si ritrovano costretti ad avocare indagini di competenza dei colleghi del sesto piano del Cedir. Nei mesi scorsi, un altro fascicolo apparentemente da tempo impantanato e oggetto di esposti e pubbliche denunce da parte dell’ex presidente del consiglio comunale Aurelio Chizzoniti è stato avocato, sviluppato e trasformato in un procedimento nel giro di poco approdato in dibattimento dai magistrati della Procura generale: quello sull’ex consigliere Rappoccio e le presunte cooperative fantasma con cui avrebbe alimentato la propria personalissima macchina elettorale. (0070)