Processo Fallara, il "modello Reggio" raccontato da Scopelliti
REGGIO CALABRIA Se qualcuno, mesi fa, avesse detto al governatore Giuseppe Scopelliti che al termine dell’esame sarebbe uscito dall’aula 12 del Cedir sereno e soddisfatto, probabilmente sarebbe stato…

REGGIO CALABRIA Se qualcuno, mesi fa, avesse detto al governatore Giuseppe Scopelliti che al termine dell’esame sarebbe uscito dall’aula 12 del Cedir sereno e soddisfatto, probabilmente sarebbe stato scacciato in malo modo e accusato di facili ironie. L’esercito di testimoni sfilato di fronte al Tribunale presieduto da Olga Tarzia aveva fatto emergere nel corso del dibattimento l’immagine di un Comune in balia dei marosi già da molto tempo prima che lo scandalo delle milionarie autoliquidazioni della Fallara divenisse di dominio pubblico. Ma soprattutto, dalle parole dei tanti che si sono alternati sul banco dei testimoni, così come dall’imbarazzo con cui i massimi dirigenti dell’Ente – in seguito debitamente ricompensati – erano stati costretti a dribblare le domande del pm Sara Ombra e dello stesso presidente Tarzia, era venuto fuori chiaramente che le curiose prassi in voga al Comune di Reggio Calabria, erano per tutti cosa nota. E la Babele contabile e finanziaria, pure. Ma di tutto questo nell’esame di oggi è emerso poco o nulla.
Ha avuto facile gioco il governatore Scopelliti nel ripetere quanto ai quattro venti sta raccontando – con tanto di eventi pubblici organizzati allo scopo – di fronte a un’aula di tribunale. Dal giorno dell’interrogatorio in Procura, la sua linea – variamente declinata nei mesi successivi – non è cambiata: di quanto succedesse all’ombra della Ragioneria nulla sapeva, né era tenuto a sapere perché le responsabilità tecniche dei dirigenti nulla hanno a che fare con l’indirizzo politico di un Ente. Una versione che anche oggi – in un’aula 12 curiosamente gremita – ha ripetuto. E senza incontrare grossi ostacoli sul suo cammino.
Occhiali da sole d’ordinanza, scortato da almeno due uomini dell’ufficio stampa e diversi membri dello staff, oltre che dal nutrito collegio difensivo guidato dal neosenatore Nico D`Ascola, eletto nelle fila del Pdl che nello stesso Scopelliti ha il suo dominus, il governatore si è presentato puntuale in aula. A stemperare la tensione di un’udienza che molti – sulla carta – credevano difficile, le tante facce amiche che si sono alternate in platea. Fin dalle prime ore del mattino si è fatto vedere il sottosegretario regionale Alberto Sarra, così come il coordinatore del Pdl Grande Città, Daniele Romeo, mentre preferisce rimanere fuori dall’aula quello della lista Scopelliti Presidente, Oreste Romeo, e solo nel pomeriggio si fa vedere l’ex sindaco “sciolto” per mafia oggi transitato in giunta regionale, Demi Arena. Ma tanta apprensione è forse fuori luogo.
La normale amministrazione a Reggio Calabria
Rispondendo alle domande del pm Ombra, Scopelliti racconta la “sua” Reggio, in cui le «incompatibilità caratteriali» fra dirigenti e assessori, portavano questi ultimi a chiedere e ottenere di rinunciare a una delega prestigiosa come quella al Bilancio, per ripiegare su un più modesto settore come lo Sport. «Fra Veneziano e la Fallara – ricorda Scopelliti – c’era una concezione differente di l lavoro. I contrasti fra i due nascevano da ragioni secondo me insignificanti, ma purtroppo questa circostanza nella pubblica amministrazione si ripete frequentemente. Nel periodo della mia amministrazione non capitò solo con la Fallara ma anche con altri assessori all’interno del Comune come Germanò e l’architetto Cammera, o l’assessore Sidari e il suo dirigente – dice il governatore memore degli anni passati al timone del Comune – Adesso non ricordo se in questi casi i contrasti hanno portato al trasferimento dell’assessore, ma purtroppo non sempre l’assessore e i dirigenti riescono a lavorare insieme. È normale amministrazione». Così come normale era il regime di assegnazione degli incarichi esterni, affidato a una short list dopo lo smantellamento dell’Ufficio legale interno all’Ente e l’eliminazione di una datata convenzione con tre professionisti reggini. «Abbiamo dato la possibilità di lavorare a 120-130 giovani avvocati reggini». Ed è con mandati firmati dallo stesso Scopelliti che i giovani avvocati era pagati per rappresentare l’Ente nei differenti contenziosi, peccato però che fra i fortunati virgulti del Foro di Reggio ci fosse anche Orsola Fallara, che grazie a quei 47 incarichi si liquiderà mandati milionari.
Gli incarichi di Orsola
Una circostanza che il pm Ombra non manca di ricordare al governatore, che per un momento sembra entrare in difficoltà. «Il sindaco firmava il mandato e ogni giorno ne firmava tre quattrocento. Il sindaco non andava a guardare a chi assegnava l’incarico, e per me un professionista valeva l’altro – dice Scopelliti, colpito da un accesso di tosse che tornerà – puntuale – nei – pochi – momenti di tensione – Per questo sono rimasto stupito quando ho scoperto i 47 incarichi della Fallara. Io non sapevo di aver firmato per 47 incarichi alla Fallara. Qualche caso sì, ma non tanti”. Ma stando a quanto si lascia scappare lui stesso – all’epoca – deve essere stato quanto meno sfiorato dal dubbio sulla liceità di tali incarichi. «Io le chiesi se poteva farlo e lei mi disse “si lo posso fare». Quindi lei si costituì, ma pensavo solo per cause specifiche e cose particolari”. E quasi a sua discolpa, il governatore punta poco elegantemente il dito su quello che sarà il suo riottoso delfino «Anche Raffa firmò i mandati per la Fallara, ma nel mio caso né Barrile, né nessun altro, mi ha detto che la dottoressa non potesse avere gli incarichi o che non potesse costituirsi. La fortuna del dottore Raffa è stata quella di essere ancora in carica e poter revocare i mandati». La prima di una lunga serie di velenose stoccate che il governatore riserverà all’attuale presidente della provincia reggina e non solo. «La Fallara nell’arco dell’anno 2008-2010 si liquidò 160mila euro di parcelle, mentre è da quando sono andato via io, che la Fallara si è liquidata oltre 600mila euro. Se il segretario generale mi avesse avvertito, anche io me ne sarei accorto. Vorrei capire qual è il ruolo dei segretari generali nella pubblica amministrazione. La politica si offre per dare linee guida alle attività, non entra nel merito delle scelte».
L’amica Orsola e la stampa assassina
Ed a riprova della sua assoluta – asserita – estraneità a scelte e determinazioni tecniche, Scopelliti ricorda non solo il mese e mezzo di totale interruzione dei contatti con la Fallara, intercorso fra l’esplosione dello scandalo e il suicidio della potentissima burocrate reggina, ma anche un passaggio dell’ultima conferenza stampa della Signora della Ragioneria di Palazzo San Giorgio, durante la quale «al minuto 64 dice di dover chiedere scusa alla mia famiglia e a Peppe Scopelliti perché ho tradito i suoi principi».
Una situazione di estrema difficoltà che avrebbe spinto la dirigente al suicidio, perché «la Fallara si è trovata di fronte a un’attenzione mediatica che non ha eguali. Era una persona debole che si è trovata in una condizione di estrema debolezza, perché viveva anche un momento difficile dal punto di vista personale. Si era separata di recente dal marito, aveva la figlia che viveva fuori e non aveva un rapporto idilliaco con i familiari. La Fallara si è trovata a essere bombardata da una campagna mediatica che l’ha messa in ginocchio e l’ha spinta al suicidio». Eppure in precedenza – quando al Comune regnava il sereno, mentre la voragine di bilancio cresceva – mai Orsola Fallara, amica d’infanzia dell’attuale governatore e da questi chiamata a dirigere il delicatissimo settore di ragioneria con incarico fiduciario, più volte riconfermato nonostante le pessime relazioni del Nucleo di valutazione, mai gli avrebbe comunicato alcunché di preoccupante.
I rimbrotti inascoltati della Corte dei Conti
E a rompere la bolla di cristallo e serenità in cui l’allora sindaco Scopelliti sembrava vivere e amministrare il Comune, non sono serviti neanche i duri moniti arrivati
a Palazzo San Giorgio dalla Corte dei Conti. «Se lei va a verificare cosa scrive la Corte dei conti si trova che il 95% dei Comuni riceve richieste di chiarimenti. A quelle richieste, le amministrazioni rispondono con le controdeduzioni. Se non sono stati assunti provvedimenti significa che problemi non ce n’erano», risponde il governatore al pm Ombra che tenta di incalzarlo, carte alla mano. Ma per il governatore «adesso è facile dire ci sono problemi di bilancio ma chi doveva rilevarlo? L’organo politico o gli organi tecnici?». Un tema variamente declinato e su cui la difesa Scopelliti sembra contare molto. “Io posso motivare le scelte sul piano politico, ma non sul piano tecnico perché non ho le competenze». E sul piano politico, dice il governatore non ci sarebbe stato «né il motivo né l’esigenza di falsificare i bilanci per coprire il buco. Io ho vinto con il 70% e ho fatto 265 gare d’appalto, per questo i residui attivi sono molto più elevati. Ma questo significa una dinamicità dell’azione amministrativa. Un sindaco che vince con il 70%, che ottiene l’inserimento in Costituzione di Reggio Calabria città metropolitana, con a Roma un governo amico, se avesse conosciuto il problema, avrebbe chiesto a Roma un finanziamento straordinario di 30-40 milioni di euro, come è stato fatto per Catania e Roma». Tutto andava bene per l’allora primo cittadino.
L’inutile discussione sul bilancio in consiglio comunale e il “modello Reggio” alla canna del gas
Gli unici rilievi che venivano posti al bilancio erano «di natura politica – sostiene il governatore – elementi di normale dinamica politica». Quando la pm prova a ricordargli le denunce presentate in consiglio comunale dall’allora consigliere Romeo, il governatore taglia corto «Romeo non ha neanche un titolo di studio per sollevare un problema specifico in merito al bilancio. Le buone regole della politica vogliono che il gruppo dirigente di un partito per sottoporre un problema al sindaco si presenti con documentazione alla mano per sottoporre la cosa. I rilievi in consiglio comunale, in sede di approvazione del bilancio, fanno parte di un dibattito politico che si ripete uguale a se stesso ad ogni consiliatura. Sono considerazioni di carattere politico, ma nessuno si è presentato con una proposta seria con dati alla mano. In aula c’è chi interviene due ore per parlare di bilancio… diventa difficile seguire tutti. Una prassi consolidata anche per l’opposizione».
Ma anche a domande precise, relative a vertenze concrete, l’unica risposta che il governatore sa trovare sta nel minimizzare. «Non è vero – dice – che l’Enel aveva introdotto una riduzione dell’erogazione a causa di un enorme debito». Ci sarebbe stato qualche difficoltà, ammette, ma tutto sarebbe stato risolto quando «l’Enel venne una volta a Reggio Calabria per presentare il problema e venne approntato un piano di rientro». Anche sul fronte delle società miste, afferma Scopelliti, avrebbe brillato il sereno. «Fino a quando ci sono stato io anche con le società miste non c’era una situazione di grande criticità in maniera evidente». Il caos – sostiene l’ex sindaco di Reggio Calabria – sarebbe scoppiato dopo. «Quello che è bene ricordare è che tutte queste cose sono sorte dopo la seconda metà del 2010. Nel 2009 c’erano delle avvisaglie, ma si sono manifestate quando io non ero più sindaco. All’epoca non c’erano i problemi che sono sorti quando io non ero più sindaco della città». Eppure, fa notare il pm, proprio in quel periodo si colloca la discussa – e rischiosa – operazione di rinegoziazione dei mutui tramite swap. Per l’opposizione dell’epoca e nell’ipotesi accusatoria, una mossa adottata per far cassa immediatamente. Per Scopelliti, normale amministrazione. «Ci fu proposta dalla Bnl, recuperata dalla dirigente, ne abbiamo discusso in giunta in qualche occasione e ci è sembrata conveniente. Anche noi come altri Comuni abbiamo deciso di accedere a questa procedura. Era un’iniziativa che secondo i tecnici produceva un guadagno per l’amministrazione. In ogni caso era una procedura abbastanza comune tra le amministrazioni italiane». E nonostante Scopelliti provi ad accreditare la tesi di una crisi comune a tutti gli enti locali e decentrati, la presidente Tarzia fa presto a ricordargli che le considerazioni di natura politica. Un monito che l’ex sindaco di Reggio Calabria non sembra recepire e più di una volta si lascia andare a peana che magnificano quel “modello Reggio” da lui forgiato e che avrebbe riempito la città di “grandi opere completate o in via di completamento».
Il decreto Reggio
Un lavoro – dice Scopelliti che avrebbe voluto proseguire, per questo avrebbe chiesto a Raffa di mantenere la delega sul Decreto Reggio. Una proposta che – stando a quanto il governatore racconta – avrebbe inizialmente incontrato il favore di Raffa, “ma poi invece di scrivere che era disponibile, mise nero su bianco che non era disponibile a concedermi questa delega. Io per questo mi sono ritirato in buon ordine senza chiedere spiegazioni”. Ma forse non a caso, negli stessi mesi, Scopelliti entrerà a piedi pari nella gestione della crisi di Reggio, dopo l’esplosione dello scandalo sulle autoliquidazioni, “consigliando” al sindaco Raffa di mantenere il dirigente Nucera quale erede della Fallara a capo della Ragioneria. Un episodio che da l’occasione al governatore per lasciar cadere allusioni pesanti come macigni a carico del suo “successore”: «Contattai Nucera – racconta Scopelliti – per convincerlo a farsi carico del settore bilancio come un qualsiasi cittadino innamorato della sua città. Lui era preoccupato perché Raffa invece di occuparsi delle difficoltà finanziarie dell’ente, ogni mattina si presentava con bigliettini con i nomi di imprese da pagare. I rappresentanti della maggioranza mi hanno rappresentato la volontà di Nucera di andare via, quindi ho chiesto un incontro nella sede istituzionale, a Palazzo San Giorgio». Affermazioni che poco o nulla aggiungono al quadro istruttorio, ma che sembrano suggerire che nel centrodestra reggino – oggi come allora – è guerra aperta. (0030)