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Cattura del Supremo, «nessuna soffiata da Lo Giudice»

REGGIO CALABRIA «Da Luciano Lo Giudice non abbiamo mai avuto notizie utili alla cattura del latitante Pasquale Condello». Non lascia alcun margine di interpretazione alternativa la testimonianza del…

Pubblicato il: 28/05/2013 – 19:11
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Cattura del Supremo, «nessuna soffiata da Lo Giudice»

REGGIO CALABRIA «Da Luciano Lo Giudice non abbiamo mai avuto notizie utili alla cattura del latitante Pasquale Condello». Non lascia alcun margine di interpretazione alternativa la testimonianza del brigadiere del Ros Francesco Maisano. Quell’agente Falcao che, nell’ipotesi accusatoria, sarebbe stato il destinatario delle soffiate dei Lo Giudice che avrebbero permesso al Ros di catturare Condello. Una dichiarazione rilasciata nell`ambito del processo che ha messo alla sbarra il clan Lo Giudice e le sue articolazioni.
Una verità ricordata dal pentito Nino Lo Giudice,  per sua stessa ammissione boss dell’omonima famiglia, solo al termine dei 180 giorni durante i quali un collaboratore è tenuto a mettere nero su bianco quello che sa,  ma che sembrava aver convinto la pm Beatrice Ronchi che, nel processo contro il clan Lo Giudice, sostiene la pubblica accusa. Ma è stato proprio colui che il boss pentito ha indicato come interlocutore privilegiato del fratello Luciano e destinatario delle soffiate su Condello, a dire chiaramente che le indicazioni del clan non hanno mai portato a nulla.
Chiamato a testimoniare dal pm Ronchi, Maisano ha raccontato che in tre occasioni, Luciano – al quale è legato da amicizia iniziata al cantiere navale di Spanò e maturata nella comune passione per le barche – gli avrebbe rivelato qualche particolare sulla latitanza di Pasquale Condello. Ma nulla di realmente utile. «Inizialmente non sapevo perché mi rivelasse tali particolari, dopo mi ha lasciato intendere di avere dei risentimenti nei suoi confronti».
E sarà per questo, ad esempio, che nel giugno del 2007, Luciano segnalerà al brigadiere di aver visto il nipote di Pasquale Condello, Andrea Vazzana nell’immobile di via Lia – un alveare di micro-appartamenti, generalmente affittati a lavoratori di passaggio o studenti – dove lui stesso aveva una stanza. Lì, stando a quanto Lo giudice ha detto a Maisano,  Vazzana avrebbe dovuto incontrare Condello. «Il colonnello Giardina era in licenza, quindi ho riferito la notizia al capitano Lardieri». Maisano, pur non rivestendo un ruolo prettamente investigativo – negli anni è stato autista del comandante e addetto alla contabilità dei carbo-lubrificanti – al Ros è considerato un tipo preciso. «A volte gli facevamo fare il riascolto delle trascrizioni perché aveva una conoscenza approfondita del dialetto calabrese – dice Lardieri, anche lui chiamato oggi in aula a testimoniare – lo chiamavamo Cassazione perché non ce ne faceva passare una».
E quando “Cassazione” arriva in ufficio con la notizia avuta da Luciano – la cui identità rimarrà sconosciuta fino al 2011, dirà lo stesso Lardieri, quando verrà svelata sulla stampa – prima vengono predisposti dei servizi di osservazione, quindi «dopo due o tre giorni è scattata la perquisizione». Un’operazione – spiegano in aula prima Maisano, poi Lardieri, rispondendo alle domande del pm che sul punto insiste più e più volte  – che non doveva per nessuna ragione mettere in allarme Pasquale Condello e la sua rete. Per questo è stata fatta in collaborazione con gli uomini del Comando provinciale «perché ci servivano uomini in divisa» e – spiegano prima Maisano, poi più chiaramente Lardieri «abbiamo detto che cercavamo un cittadino extracomunitario sfuggito a un controllo, per evitare di bruciare l’attività». Ed è per questo che al personale del Ros quella notte vengono lasciati solo compiti di cinturazione dell’area, continua Lardieri, rispondendo alla Ronchi,  affiancata per circa metà udienza dal pm della Dda Giovanni Musarò. Ma i militari torneranno a casa con un pugno di mosche. Oltre a Vazzana – soggetto già da tempo nel mirino degli investigatori come possibile fiancheggiatore di Condello – a via Lia non troveranno nessuno.
Allo stesso modo, a nulla porterà l’indicazione di «seguire i familiari», una pista che il Ros batteva da tempo. «Per noi era cosa nota da anni – dice Maisano –. Per questo non sono andato neanche a dirlo al comandante, sarebbe stato inutile». E ancora «anche nell’indagine “Vertice” sono stati evidenziati i contatti con i familiari. Li avevamo attenzionati da molto tempo prima delle indicazioni di Lo Giudice». Del resto, indicazioni molto più precise sui familiari di Condello che avrebbero potuto lavorare come fiancheggiatori della latitanza del super boss erano arrivate anche da quei colloqui con Grazia Iannò e Francesco Rodà che il Ros aveva avviato fin dall’ottobre 2004. Anche grazie a loro, riferisce Lardieri, le attenzioni degli inquirenti si sarebbero concentrate su Giovanni  Barillà, all’epoca solo fidanzato della figlia di Condello.
Ma al pari dell’indicazione sui familiari, inutile – lascia intendere il brigadiere – sarebbe stata la dritta su Pellaro perché «siamo andati a verificare ma ci siamo resi conto che l’indicazione era troppo vaga e l’area troppo vasta da monitorare». Del resto, aggiungerà in seguito Lardieri, «Pellaro era il nostro interesse primario perché fin dal 2006 avevamo riscontrato la presenza di Condello. Avevamo trovato uno scontrino della spesa tra le cose della moglie relativo a un negozio di Pellaro. Secondo elemento, nell’ottobre 2007 la moglie di Condello era mancata per circa quindici giorni e l’ultimo trasferimento monitorato era stato a casa di una cugina che abita a Pellaro».
Ma se Luciano parlava di Condello con il Ros, c’era qualcuno che dello stesso argomento con Luciano avrebbe voluto parlare. «Mi ha detto che Panvino della squadra mobile aveva tentato un approccio, ma io con lui non avevo mai avuto rapporti». Mentre Luciano non avrebbe riferito nulla al brigadiere  sui suoi rapporti con il capitano Spataro Tracuzzi del Noe, o del contatto avuto con l’ex comandante del Ros, poi passato al Sismi Ferlito (anche lui chiamato a testimoniare qualche udienza fa). Ma in cambio di quelle dritte al brigadiere, Luciano non avrebbe chiesto nulla in cambio. Se non la possibilità di vedere Condello una volta catturato. A questo – rivela Maisano – si riferirebbero gli sms che Luciano gli invia  quando la notizia della cattura del superboss si diffonde. «Aveva manifestato la voglia di vederlo per fargli delle rimostranze, ma io ricordo di avergli detto che non era possibile. Nessuno di noi si era attivato per proteggere Luciano Lo Giudice né per  toglierlo dai guai quando è stato arrestato». (0090)

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