CASO CACCIA | Documenti inediti per la riapertura delle indagini
TORINO Cristina, Paola e Guido Caccia vogliono conoscere tutta la verità sulla morte del padre Bruno, il procuratore della Repubblica di Torino, assassinato il 26 giugno del 1983 per mano della ’ndra…

TORINO Cristina, Paola e Guido Caccia vogliono conoscere tutta la verità sulla morte del padre Bruno, il procuratore della Repubblica di Torino, assassinato il 26 giugno del 1983 per mano della ’ndrangheta. A trent`anni esatti dall`omicidio spuntano elementi inediti sui quali la famiglia punta per far riaprire il caso.
In particolare – secondo quanto pubblica La Stampa – interessante ai fini investigativi sarebbe un`intercettazione telefonica datata 2011 e poi l’8 gennaio 2013, in cui il magistrato Olindo Canali, sentito come testimone nel processo a carico di Mario Mori per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, afferma: «Il pm Di Maggio mi racconto? che tangenzialmente Rosario Cattafi fu coinvolto nell’omicidio del giudice Caccia. Venni ad apprendere che un memoriale che rivendicava l’omicidio alle Brigate Rosse fu trovato in casa o in possesso o comunque nella disponibilita? di Cattafi». Interessante perché: il pm Francesco Di Maggio e? proprio quello che si occupava del caso Caccia.; la «falsa rivendicazione delle Br» – scrive Niccolò Zancan sul quotidiano torinese – non e? mai confluita nelle carte dell’inchiesta. Cattafi e? al centro di molte trame oscure della storia italiana: dall`eversione nera ai Servizi deviati. E all`epoca era ritenuto il cassiere della ’ndrangheta. Oggi e? in carcere all’Aquila in regime di 41 bis. Quindi – secondo quanto emerso – Cattafi aveva «nella sua disponibilita?» una falsa rivendicazione sull’omicidio Caccia.
Informazioni da non trascurare considerando che in quel periodo il procuratore stesse indagando sul riciclaggio di capitali mafiosi nei casino? del nord Italia. E che Cattafi, un anno dopo il delitto, finì nelle carte di un`inchiesta analoga.
Dopo cinque gradi di giudizio, per quella morte è stato condannato il boss della `ndrangheta Domenico Belfiore, ritenuto il mandante dell`omicidio. Ma adesso i figli vogliono andare fino in fondo: «Per noi vorrà dire riaprire una ferita, che per altro non si è mai del tutto chiusa. Ma lo sentiamo come un dovere, come un bisogno di giustizia per il nostro Paese». Lo aveva già anticipato il 27 ottobre del 2011 la figlia Paola in un`intervista pubblicata sul Corriere della Calabria (in allegato il pdf delle pagine). (0050)
intervista figlia Bruno Caccia sul Corcal