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Rappoccio, il Tdl rimanda tutto al 9 ottobre

REGGIO CALABRIA Nulla di fatto all’udienza del Tribunale delle libertà, chiamato a decidere sull’istanza di revoca del provvedimento di scarcerazione dell’ex consigliere regionale Antonio Rappoccio…

Pubblicato il: 07/08/2013 – 15:45
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Rappoccio, il Tdl rimanda tutto al 9 ottobre

REGGIO CALABRIA Nulla di fatto all’udienza del Tribunale delle libertà, chiamato a decidere sull’istanza di revoca del provvedimento di scarcerazione dell’ex consigliere regionale Antonio Rappoccio, avanzata dal procuratore Federico Cafiero de Raho. Un provvedimento che un mese fa aveva portato l’ex consigliere a riconquistare lo scranno in consiglio regionale – salvo poi dovervi rinunciare perché colpito da un divieto di dimora in Calabria – e contro il quale il procuratore capo in persona aveva deciso di fare appello. Per de Raho, Rappoccio non doveva lasciare gli arresti domiciliari e lì deve tornare al più presto, perché da libero «in modo insopportabile in uno Stato di diritto, può recuperare, come anche notizie di stampa hanno evidenziato, dandone ampio risalto, il seggio al consiglio regionale, così conseguendo il risultato illecito della condotta per cui è a processo». Un’istanza durissima – che aveva ribaltato totalmente il parere favorevole alla scarcerazione precedentemente espresso dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e del pm Stefano Musolino – e urgente, dunque, presentata dal capo della Dda reggina, rinunciando alla sospensione feriale che prevede lo stop dell’attività dal 1° agosto al 15 settembre.
Facoltà che però – ha eccepito oggi l’avvocato Iaria di fronte ai giudici – non è in capo alla pubblica accusa, ma solo agli imputati detenuti, che possono scegliere se rinunciarvi o meno, di cui dunque – allo stato – neanche Rappoccio si può avvalere. Tutte eccezioni che – nonostante l’opposizione del pm Musolino – il Tribunale ha deciso di accogliere, rimandando la decisione sul destino del politico al prossimo 9 ottobre.
Una decisione che Rappoccio, oggi presente in aula, ha accolto con soddisfazione, ma che soprattutto – ha annunciato – potrebbe far slittare le dimissioni che il 25 luglio scorso ha deciso di protocollare per settembre. «Oggi prendiamo semplicemente atto della decisione del Tribunale, poi con più calma e ci determineremo in attesa di questo consiglio regionale. Nel frattempo, io ho presentato le mie dimissioni che saranno valutate nel momento in cui ci sarà il primo consiglio regionale utile. Io ho protocollato le mie dimissioni per il 25 settembre, e chiaramente possono essere portate avanti o ritirate in qualsiasi momento», ha affermato il politico uscendo dall’aula. “Questa considerazione forse mi porterà ad un ripensamento su quello che stavo andando a fare”.
Non sembra aver chiare le prossime mosse, o comunque non ha intenzione di mandare messaggi chiari in proposito, Antonio Rappoccio. Le dimissioni ci sono, sono protocollate per settembre, ma la decisione dei giudici di rinviare tutto al 9 ottobre potrebbe farle slittare ulteriormente. «Io in atto ho depositato le dimissioni con numero di protocollo – mette le mani avanti Rappoccio –. Questa però è un’eventualità che non mi sento di escludere. Se dobbiamo aspettare la differita, aspettiamo. Tanto non succede niente, o prima o dopo non succede niente, grazie ai consigli dell’avvocato Iaria, è un atto che penso di fare».
A lui – spiega il politico – interesserebbe solo una cosa: «Affrontare un processo da uomo libero e in questo momento non è possibile perché si è ripristinato il vecchio confino politico, dopo 83 anni ho avuto il confino politico con il divieto di dimora in tutta la Calabria. Non sono stato messo in condizioni di essere uomo libero, dopo un anno di carcerazione preventiva».
All’ex onorevole non è piaciuto per niente il provvedimento con cui il Tribunale gli ha ordinato di abbandonare immediatamente la Calabria, obbligandolo anche a non farvi ritorno fino a nuovo ordine e con apposito permesso perché «la mutata situazione vede Rappoccio Antonio nuovamente inserito nella vita politica della Regione, con conseguente ripristinazione delle sue funzioni pubbliche» è motivo di «aggravamento delle esigenze cautelari». L’istanza di reintegro in Consiglio, presentata a scarcerazione appena ottenuta e immediatamente accolta, per il politico ha significato solo nuovi guai.
Per i giudici reggini infatti, tornando a Palazzo Campanella, Rappoccio non solo si sarebbe ritrovato ad operare nelle medesime condizioni che in passato gli hanno permesso di commettere i reati che oggi gli vengono contestati e per i quali sta già affrontando un procedimento, ma soprattutto avrebbe avuto a disposizione tutti gli strumenti per commetterli ancora. E il politico – sottolineavano i giudici – avrebbe avuto paradossalmente a disposizione un raggio d’azione ancora più ampio perché «nel periodo in cui il Rappoccio ha ricoperto la carica di consigliere regionale, egli ha esteso nell`intero territorio della Regione (il cui ambito territoriale segna il perimetro  dell`influenza esercitata) il proprio bacino di relazioni». Inoltre – si legge nel durissimo provvedimento elaborato dal giudice Matteo Fiorentini e controfirmato dal presidente del Tribunale, Rodolfo Palermo – «le dimissioni presentate dall`imputato non conducono alla volontà del predetto di dissociarsi dal contesto di riferimento, le stesse testimoniando, anzi, la volontà di permanere nel  ruolo di consigliere regionale sino alla dichiarata data del 24.9.2013».
Valutazioni che Rappoccio ovviamente non condivide.«“Io le decisioni le ho già protocollate, è chiaro che poi ci sarà una decisione finale. Io ho detto mi dimetto, si poteva tranquillamente attendere». Stretto nel suo vestito grigio, il politico si dice amareggiato e stanco, ma la determinazione del Tribunale di far slittare la decisione sulla revoca della scarcerazione sembra avergli dato fiducia. Per questo – forse – non esita a lanciare un attacco durissimo contro colui che considera l’origine di tutti i suoi guai giudiziari, l’avvocato Aurelio Chizzoniti. «Sono amareggiato da tutta questa faccenda perché alla base c’è una lotta intestina portata avanti dal primo dei non eletti e sono stato trattato da delinquente. Io ho 53 anni e ho sempre pagato anche le multe. E sono stato trattato da delinquente perché? Per un’ambizione di poltrona». Parole di fiele, quelle di Rappoccio, che rincara la dose: «Questo processo mi vede coinvolto grazie al lavoro fatto dal primo dei non eletti, che quindi ha tutto l’interesse a ottenere questo risultato. Io sono stanco, questa vicenda mi ha stancato. Per una poltrona ho dovuto fare un anno di carcere preventivo, se me lo avesse detto prima, mi sarei dimesso prima. Così avremmo evitato tutto questo», sbotta il politico.
Eppure sul passo che – a suo dire – risolverebbe tutti i suoi problemi, esita ancora. «Il mio dimettermi potrebbe dare una risposta e un senso a quello che voglio far apparire, ma anche il mio non dimettermi potrebbe darlo. Se ho protocollato è difficile che io possa tornare indietro, ma  potrebbe essere un’eventualità che non mi sento di escludere». (0070)

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