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Il "caso Rappoccio" arriva al Quirinale

REGGIO CALABRIA Anche il Quirinale arriva a essere interessato del cosiddetto caso Rappoccio, l’ex consigliere regionale del gruppo Insieme per la Calabria, sospeso perché finito in manette per una s…

Pubblicato il: 02/09/2013 – 11:50
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Il "caso Rappoccio" arriva al Quirinale

REGGIO CALABRIA Anche il Quirinale arriva a essere interessato del cosiddetto caso Rappoccio, l’ex consigliere regionale del gruppo Insieme per la Calabria, sospeso perché finito in manette per una serie di reati che vanno dalla corruzione elettorale alla truffa, quindi reintegrato, una volta ottenuta una contestata scarcerazione, superata da un provvedimento di divieto di dimora in Calabria, legato proprio al suo rientro in consiglio regionale. Un provvedimento che – stando alla norma – comporterebbe una nuova sospensione per il politico “sentito” il  ministero per gli Affari Regionali, il  Turismo  e  lo Sport ed il ministro dell`Interno. Tuttavia – fa notare l’avvocato Aurelio Chizzoniti, grande accusatore del suo ex collega di lista, Antonio Rappoccio – «la  Presidenza  del Consiglio dei Ministri non ha ancora trovato il tempo per decretare la sospensione dello stesso pur “ope legis” disciplinata».

RITARDI INCOMPRENSIBILI A ROMA
Un ritardo incomprensibile per un parere non vincolante, sottolinea l’avvocato, ma soprattutto inspiegabile alla luce della precedente sollecitudine dimostrata dal Consiglio dei Ministri, già interessato del caso Rappoccio, quando si è trattato di reintegrare il politico nelle funzioni di consigliere regionale. All’epoca – si legge nella missiva che Chizzoniti ha indirizzato al presidente della Repubblica – «la Presidenza del Consiglio  dei  Ministri, opportunamente investita, in data 15 luglio  2013 – n.  33 107/02013,  di un delicatissimo quesito tecnico da parte del Dott. Pasquale Crupi, Capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio della Regione Calabria, con tempistica anglosassone, in data 16 luglio 2013 – n. DAR 00 16497-P­ A-29.31, ovvero in appena 24 ore, liquidava qualsiasi dubbio giuridico affermando  incredibilmente che trattasi di un “errore materiale” della  legge (sic!), sdoganando il ritorno del pluri-imputato ed indagato ex ante cautelato».
Un errore che si trascinerebbe ormai da quasi 15 anni, sottolinea l’avvocato per il quale il Consiglio dei Ministri «“sine titulo e sine causa”, attraverso la surriferita nota, non ha esitato a sostituirsi alla Corte  Costituzionale preposta all`uopo “rationae materia”». Tutte circostanze che a detta di Chizzoniti non possono apparire che sospette e che l’avvocato – che con le sue numerose denunce ha dato un contributo fondamentale all’inchiesta su Rappoccio – non esita a segnalare a Napolitano: «Mal si comprendono – si legge nella missiva – i motivi per i quali, a fronte della pregressa celerità pro Rappoccio, ora che lo stesso dovrebbe essere sospeso, a Palazzo Chigi c`è qualcuno che funambolicamente ancora cincischia».

«NECESSARIO BANDIRE QUALSIASI SUBDOLA AMBIGUITÀ ISTITUZIONALE»
Ed è proprio a causa della curiosa inerzia dell’esecutivo, in cui non mancano – fanno notare alcuni – solidi amici della maggioranza al governo in Calabria e di cui Rappoccio era espressione, che Chizzoniti si è visto obbligato a sollecitare l’intervento del Quirinale «perché venga  bandita qualsiasi subdola ambiguità istituzionale che, di fatto, preclude la indifferibile ricostituzione del quorum strutturale della massima Assise Assembleare della Regione Calabria. Ciò perché, secondo il rispettoso avviso del deducente, questa oppressa e vessata terra di tutto può avere bisogno meno  che di pessimi esempi burocratici pur di alta, nobile e saccente espressione».

LE RAGIONI DEL DIVIETO DI DIMORA
Il consiglio regionale si trova nuovamente azzoppato in seguito al provvedimento di divieto di dimora in Calabria con cui il Tribunale presieduto da Rodolfo Palermo, su richiesta del procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho ha superato la scarcerazione del politico, chiesta e ottenuta dall’avvocato Giacomo Iaria. Un provvedimento controverso e contestato dalla stessa Procura, ma che ha consentito a Rappoccio di indossare di nuovo – per breve tempo – le vesti di consigliere regionale. Una funzione che avrebbe voluto ricoprire fino a settembre, ma che per il Tribunale – che per Rappoccio oggi ha disposto il divieto di dimora in Calabria – è motivo di «aggravamento delle esigenze cautelari».
È questo il nodo centrale del lungo ed articolato provvedimento di divieto di dimora, in cui non solo si ripercorre tutto l’intricato iter giudiziario del “caso Rappoccio”, ma soprattutto si sottolinea che «la mutata situazione vede Rappoccio Antonio nuovamente inserito nella vita politica della Regione, con conseguente  ripristinazione delle sue funzioni pubbliche» non fa che aggravare il quadro a suo carico. Un evento – sottolinea il Tribunale,  «che, in quanto tale, non è certo censurabile  dall`A.G., in quanto prerogativa dell`autodisciplina interna all`Ente Regione». Ma la Regione – si ricorda nel procedimento – non solo ha disposto con delibera il reintegro di Rappoccio, ma ha anche supinamente accettato le dimissioni differite annunciate dal politico per settembre. «A tale delibera – ricorda il giudice Fiorentini nel provvedimento – è seguita una dichiarazione dell`imputato Rappoccio Antonio (protocollata in  pari data nei registri del  Consiglio Regionale) con la quale il medesimo ha rassegnato le proprie irrevocabili dimissioni dalla carica di consigliere regionale a partire dalla data del 24.9.2013».
Circostanze che a Palazzo Campanella hanno provocato non più di qualche mugugno, ma che per il Tribunale sono di inaudita gravità e implicano provvedimenti immediati perché «le modalità del fatto contestato all`imputato (così come cristallizzate nel quadro indiziario, dal quale si evince che l`imputato ha utilizzato, in passato, la funzione politica  ricoperta – capogruppo del Pri in seno al Consiglio Comunale – per perseguire scopi personali e del tutto divergenti da quelli istituzionali ai  quali era preposto) inducono a ritenere che il ripristino della carica elettiva produca il concreto pericolo che lo stesso riallacci i legami con la struttura organizzativa di cui al reato associativo delineato in premessa». Anche perché, si legge nel provvedimento, tale struttura è «costituita da soggetti per la maggior parte gravitanti nell`ex gruppo consiliare del Pri come tali legati  alla vita politica locale».

LE DIMISSIONI DIFFERITE DIVENTANO PROVA A CARICO
Inoltre – scrive il giudice Matteo Fiorentini nelle sette durissime pagine con cui ha motivato l’allontanamento di Rappoccio dalla Calabria – «le dimissioni presentate dall`imputato non  conducono alla volontà del predetto di dissociarsi dal contesto di riferimento, le stesse testimoniando, anzi, la volontà di permanere nel ruolo di consigliere regionale sino alla dichiarata data del 24.9. 2013». Se Rappoccio avesse voluto davvero «prendere le distanze dal contesto politico (lo stesso del  quale, da capogruppo del Pri al Consiglio Comunale, nel 2007, l`imputato ha propiziato per porre in essere le gravi condotte delittuose contestate), avrebbe presentato le proprie dimissioni al momento stesso della sua reintegra o anche precedentemente». Al contrario, si sottolinea nel provvedimento, «la richiesta di dimissioni (peraltro respingibili, anche se una sola volta, dal Consiglio stesso) posticipata al 24.9.2013, senza alcuna apparente motivazione se non quella di mantenere la carica sino a tale data connota in termini negativi la personalità dello stesso (apparendo prevedibile che egli, lungi dal discostarsi dal contesto che ha dato vita alla condotta incriminata, intenda permanere in seno al Consiglio per finalità diverse da quelle istituzionali)».

UN NUOVO SLITTAMENTO?
Dimissioni che forse potrebbero anche slittare. È quanto ha lasciato intendere lo stesso Rappoccio, al termine dell’udienza con cui il Tribunale ha rimandato al 9 ottobre la decisione sull’istanza di revoca del provvedimento di scarcerazione dell’ex consigliere regionale Antonio Rappoccio, avanzata dal procuratore Federico Cafiero de Raho. Una d ilazione che il politico ha salutato come una vittoria, che potrebbe anche modificare i suoi piani. «Io in atto ho depositato le dimissioni con numero di protocollo – mette le mani avanti Rappoccio –. Questa però è un’eventualità che non mi sento di escludere. Se dobbiamo aspettare la differita, aspettiamo. Tanto non succede niente, o prima o dopo non succede niente, grazie ai consigli dell’avvocato Iaria, è un atto che penso di fare».
A lui – spiega  – interesserebbe solo una cosa: «Affrontare un processo da uomo libero e in questo momento non è possibile perché si è ripristinato il vecchio confino politico, dopo 83 anni ho avuto il confino politico con il divieto di dimora in tutta la Calabria. Non sono stato messo in condizioni di essere uomo libero, dopo un anno di carcerazione preventiva». (0020)

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