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Zindato: "Travisate le intercettazioni"

REGGIO CALABRIA Hanno risposto per oltre quattro ore alle domande del gip Domenico Santoro, respingendo qualsiasi addebito a loro carico gli arrestati dell’operazione Tatoo, che ieri ha fatto scattar…

Pubblicato il: 05/11/2013 – 23:05
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Zindato: "Travisate le intercettazioni"

REGGIO CALABRIA Hanno risposto per oltre quattro ore alle domande del gip Domenico Santoro, respingendo qualsiasi addebito a loro carico gli arrestati dell’operazione Tatoo, che ieri ha fatto scattare le manette per Malgorzata Tchorzewska, moglie di Checco Zindato, considerato dagli inquirenti a capo dell’omonima famiglia di `ndrangheta e destinatario ieri di una nuova ordinanza, il presunto reggente Demetrio Sonsogno, Pietro e Antonio Labate.
E se la donna, assistita dagli avvocati Giuseppe Nardo e Gianfranco Giunta, si è limitata a una lunga dichiarazione spontanea con cui ha tentato di convincere il giudice di essere totalmente all’oscuro degli affari leciti e illeciti del marito, affermando di essersi limitata a seguire quelli che riteneva dei consigli durante i colloqui in carcere, Zindato, anche lui assistito da Nardo e Giunta, ha risposto punto per punto alle domande del gip e del pm Stefano Musolino. Ma soprattutto, quello che gli inquirenti considerano il vertice della famiglia che controlla i quartieri di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra ha puntato il dito contro gli investigatori, sostenendo che le conversazioni portate oggi come prove a suo carico sarebbero state travisate o manipolate. Una tesi a sostegno della quale ha portato non solo la presenza dei numerosi “incomprensibili” riportati nelle trascrizioni, ma anche versioni radicalmente differenti dei fatti che gli vengono contestati. A partire da quella che a suo dire sarebbe solo una presunta estorsione a D’Agostino, l’imprenditore proprietario di una serie di villette a schiera, che nella ricostruzione degli inquirenti sarebbe destinatario di una richiesta – veicolata tramite la moglie di Zindato – di 200mila euro, poi “scontata” ad “almeno 50mila”. Cifre che – stando a quanto il presunto capoclan ha riferito oggi – si riferirebbero invece alla vecchia casa della madre, che i due coniugi pensavano di vendere per comprare una delle villette a schiera costruite da D’Agostino, in parte già pagata.
Allo stesso modo, secondo Zindato, gli investigatori avrebbero totalmente frainteso i riferimenti a una nota catena di negozi di abbigliamento sportivo. Secondo quanto si legge nell’ordinanza, è proprio lì che avrebbe ordinato alla moglie di fare incetta di articoli sportivi, «perché là ho mille euro di buono al mese, hai capito?». Un buono che esisterebbe davvero e sarebbe stato destinato ad un regalo per una terza persona, ha affermato oggi Zindato, respingendo qualsiasi ipotesi di estorsione. Un crimine  di cui mai – a suo dire – si sarebbe macchiato, nonostante gli inquirenti, sulla base di una conversazione intercettata, gli contestino addirittura una sorta di “etica dello strozzo”, secondo cui le richieste devono essere tarate sulle possibilità della vittima. Nulla di più lontano dal vero per Checco Zindato, secondo cui, nel corso di quella telefonata, avrebbe al contrario aspramente criticato coloro che vessano “chi non ha neanche i soldi per pagare le bollette”.
Sarà la trascrizione delle bobine originali, di cui i legali hanno fatto richiesta per sottoporle a perizia di parte, a indicare – forse – quale delle interpretazioni sia più corretta. Nel frattempo però Zindato ha tentato di scagionare tutti gli arrestati nel corso dell’operazione di ieri, incluso quel Santo Labate, per gli inquirenti reo di avergli girato la propria carta d’identità e tessera sanitaria perché le alterasse, ma che per il presunto vertice del clan sarebbe stato all’oscuro di tutto. La sua unica colpa – ha affermato Zindato, proclamandosi unico responsabile di ogni eventuale reato ravvisato – sarebbe stata solo quella di essergli amico – nonché vicino di casa – da tempo immemore. Una versione identica a quella sostenuta da Labate durante il suo breve interrogatorio. Ha infine respinto ogni accusa a suo carico anche Demetrio Sonsogno, difeso dall’avvocato Giunta, per gli inquirenti attuale reggente del clan, in assenza di Checco e Gaetano Andrea Zindato. Un ruolo – si evince dall’ordinanza che lo ha colpito – per il quale già in precedenza sarebbe stato preparato, se è vero che – come Zindato confida alla moglie durante un colloquio in carcere ascoltato dagli investigatori – «Mico ha un foglio con un promemoria», che per i pm sintetizzerebbe tutti gli affari illeciti in mano al clan. (0020)

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