E Reggio abbraccia il suo Mustrumu
REGGIO CALABRIA Suona e canta la sua rabbia Reggio Calabria. Risponde con un corteo di tremila persone all’incendio che la notte fra il tre e il quattro ottobre ha distrutto il Museo dello strumento…

REGGIO CALABRIA Suona e canta la sua rabbia Reggio Calabria. Risponde con un corteo di tremila persone all’incendio che la notte fra il tre e il quattro ottobre ha distrutto il Museo dello strumento musicale di Reggio Calabria la struttura, nata dalla passione e dall’impegno di Demetrio Spagna, che per anni ha esposto, conservato, valorizzato strumenti musicali provenienti da ogni parte del mondo, appartenenti alla cultura musicale etnica, a quella tradizionale popolare e a quella occidentale “colta”. Una collezione che non esiste praticamente più. Quell’incendio che qualcuno ha voluto anche firmare con una tanica di benzina e un piede di porco ha distrutto buona parte dei circa ottocento strumenti catalogati – fra cui spiccava una ricca sezione dedicata agli strumenti della tradizione musicale reggina e calabrese – gran parte dei libri e degli antichi spartiti musicali ma anche il monumentale pianoforte del Seicento. Uno schiaffo a cui la città ha deciso di rispondere in massa.
Più di tremila persone si sono riversate in strada sabato pomeriggio portando il proprio strumento. Chi non ha mai potuto voluto imparare a suonare, ha portato da casa una pentola per fare rumore, per rivendicare come propri gli spazi della città che qualcuno vorrebbe appannaggio esclusivo di pochi. Già dalle prime ore del pomeriggio Piazza Italia, luogo di concentramento prima del corteo, sembrava quasi troppo piccola per contenere la gente che ha risposto all’appello di quelle associazioni e quei comitati che, insieme al collettivo che anima il Mustrumu, subito dopo l’attentato si sono mobilitate per organizzare la protesta. Sono da poco passate le cinque quando il corteo parte, invade il corso affollato dallo shopping del sabato pomeriggio, si ingrossa, chiede e ottiene attenzione da parte di una città spesso troppo indifferente. Ed è un fiume di persone che non si vedeva da anni, se non decenni quello che alla fine arriva alla pineta Zerbi, di fronte alla struttura annerita del Mustrumu.
Nessuno si aspettava una risposta così massiccia, ma la città – così avara di cultura e di luoghi a essa consacrati – ha vissuto come un affronto collettivo l’incendio di due settimane fa. Un atto vandalico non nuovo a Reggio Calabria, dove più volte poli di aggregazione sociale, culturale o religiosa sono stati presi di mira da mani ignote e che restano tali. È successo nell’agosto 2011 al lido della Banda Falò, unico bastione alternativo ed ecosostenibile all’invasione di discoteche e cemento che negli ultimi anni ha invaso la costa reggina, il 15 maggio 2012 al centro sociale Cartella a Gallico, qualche mese fa alla chiesa ortodossa di Sbarre. Tutti episodi slegati l’uno dall’altro, ma che per cittadini e attivisti hanno la medesima ispirazione: la necessità di fare paura. Ed oggi la città, stringendosi attorno al “suo” Mustrumu, ha risposto che non ha alcuna intenzione di farsi spaventare. (0070)