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Una vita difficile

Scriveva tempo fa, Roberto Gervaso, quello passato alla storia, tra l’altro, per la rubrica “Il dito nell’occhio” nel Gr2 di Gustavo di Selva (prima della “vicenda P2”) che «il pessimismo è non di ra…

Pubblicato il: 11/12/2013 – 18:35
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Una vita difficile

Scriveva tempo fa, Roberto Gervaso, quello passato alla storia, tra l’altro, per la rubrica “Il dito nell’occhio” nel Gr2 di Gustavo di Selva (prima della “vicenda P2”) che «il pessimismo è non di rado l’ottimismo che ha perso la pazienza». In questo caso, lo scrittore satirico – molto pungente e, a tratti, molto simpatico – ha ragione da vendere. Come si fa a essere ottimisti se si perde, per una ragione o per un’altra, tutte più o meno valide, la pazienza che è (o dovrebbe essere) la virtù dei forti? O, come rifletteva San Francesco, con i suoi fioretti «la pazienza è opera di perfezione e prova di virtù»? E non è punto vero che occorra «diffidare dagli ottimisti perché sono la claque di Dio» come scriveva Gesualdo Bufalino. E se è vero che l’ottimismo non è altro, molto spesso, che un modo di difendere la propria pigrizia, la propria irresponsabilità, la volontà di non fare nulla (Antonio Gramsci), è pur sempre vero che “sognare e fantasticare” sono l’ottimismo della volontà, a cui si contrappone il pessimismo dell’intelligenza. Oh, quanti manifesti di questo tenore negli anni della giovinezza, che passa in fretta e non torna più!
E veniamo alla Calabria. Uno può anche nascere ottimista, con gli occhialini rosa, sorridere, far dormire i genitori, non farsi spesso la pipì addosso, non ammalarsi, eccetera… E se, poi, col passare degli anni, si scontra con la realtà quotidiana calabrese? Mi è capitato di interloquire con il numero uno di un’azienda ospedaliera – forse la più grande della Regione – e mentre lo incitavo a riflettere sulle criticità della struttura ospedaliera, per colpe antiche, recenti e attuali, il nostro (reggino, naturalmente) non faceva una piega. Non si mordeva un labbro, né corrucciava la fronte dinanzi alle evidenti contestazioni critiche-positive, tutte mirate all’interesse del cittadino utente-paziente. E quanto paziente! «No, tutto è fatto, no, stiamo provvedendo, non ci sono le criticità che avevano lasciato gli avversari».
Insomma, pareva di capire che tutto funzionasse alla perfezione, anche a giudicare dal sorriso sulle labbra che ha sempre sfoderato, in un’oretta di colloquio, il nostro pur autorevole dirigente. Ora, se c’è un qualcosa – è in re ipsa – che, giocoforza può non funzionare, assai spesso perché imprevedibile o perché la “spending review” ti costringe a non spendere, è l’ospedale, costo delle siringhe differenziato a parte. Perché non tutti hanno la pazienza di comprendere, non tutti si immedesimano nella dura realtà quotidiana, ognuno vorrebbe “tutto e subito”, al di là dei rossi, verdi, bianchi codici! Per cui, se si ha la (s)ventura di…, e tutti l’avremo (più poi che prima, c’è da auspicare), ecco che se c’è un qualche settore al quale prestare il massimo possibile dell’attenzione è proprio quello della sanità anche perché, in questo caso, tutto attiene all’imponderabile. «Sia fatta la volontà di Dio», mi diceva il mio primo assistente di Azione cattolica, don Peppino Stagno, seguito da don Pietro Gallo e da don Pino De Masi, sì, lui, il referente di Libera, quello delle terre confiscate, quello che meriterebbe maggiore attenzione dal Vaticano e dalla Conferenza episcopale.
Eppure tu vai in qualsiasi ospedale calabrese, tranne rare eccezioni che pure ci sono, e non trovi parcheggio al pronto soccorso e non sai come fare con l’ammalato da ricoverare, ti infili in un corridoio e se non trovi anima pia, non sai dove recarti perché non trovi un cartello, una segnaletica qualsiasi che ti indichi il reparto che cerchi. Se poi, ti fermi ad uno sportello e chiedi, l’altro ti risponde: «Faccia la fila!». Ti giri,non vedi nessuno e allora dici: sogno o son desto? Gli molli un “cinque” e all’incazzatura dell’occhialuto impiegato rispondi: chi, io? Con questa fila che c’è perché se la prende con me?
E allora, barzelletta (ma non tanto) a parte, l’esame bisogna essere aiutati a farlo, non solo perché si ha un sacrosanto diritto, ma perché – chi lavora in ospedale – deve capire che deve essere portato alla missione di donarsi agli altri. Un esempio? Sono state consegnate all’efficiente direttore pro-tempore del pronto soccorso e, quindi, al direttore dell’ospedale cinque nuove carrozzelle, frutto della raccolta di fondi di una fondazione, costituita dopo la scomparsa del giovane Massimiliano Adamo. Il posto in ospedale, bisogna darlo, se c’è! Sia esso medico, con maggiore attenzione, paramedico, impiegato, ausiliario: bisogna stare attenti che questi assunti non sbuffino o guardino l’orologio in attesa della fine del turno. Quando questo accade, non bisogna licenziarli, occorre, d’urgenza, far cambiare loro mestiere. E impedire l’emigrazione, tollerata (assurdo) dal ministro Lorenzin.
«Pronto? Dove vai?», è la registrazione di una telefonata che mi è stata raccontata da un collega della Gazzetta. «Vado ad operarmi», è stata la risposta. E da chi? «Dal dottor Caio!». Nooo… «E perché?». L’abbiamo sistemato noi, non avevamo di meglio, non è assolutamente competente, come quel collega che voleva andare alle Poste e finì alla Rai, ma – questa – è una leggenda. Ecco perché spesso l’ottimismo perde la pazienza: non sai se arrivi, neanche se sei riuscito a pagare il benedetto ticket . Ho fatto la fila per pagare ma, allo sportello, ero il 137esimo alle dieci del mattino. Ho rinunciato, pur essendo un esame di routine, o quasi. Non ho fatto la fila e non sono andato a pagare. Ho scelto il laboratorio privato. Possibile che non ci sia un sistema più semplice per pagare il ticket? Gli uffici studi non riescono ad individuare una soluzione che accontenti pazienti ed impiegati? Aiutare gli altri, rendere la vita meno difficile appartiene agli uomini di buona volontà. Manzoni, però, scriveva: «Avete bisogno molto di aiuto? Cercate di non averne bisogno!». (0050)

                                                                                     *giornalista

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