Indignati (e stupiti) davanti al Sud di Stella e Rizzo
COSENZA Un viaggio dentro un mondo capovolto e paradossale, dove si spendono milioni di euro per corsi di formazione inesistenti e dove le risorse europee finiscono in mille inutili rivoli. L’ultimo…

COSENZA Un viaggio dentro un mondo capovolto e paradossale, dove si spendono milioni di euro per corsi di formazione inesistenti e dove le risorse europee finiscono in mille inutili rivoli. L’ultimo libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo dal titolo “Se muore il sud” ed edito da Feltrinelli, consegna una fotografia tragica delle condizioni del meridione e che tuttavia a tratti libera una risata amara. Perché non si può non ridere per il grottesco che quelle pagine rivelano, per poi farsi sopraffare dalla rabbia. Esattamente come è accaduto tra gli scaffali della Feltrinelli di Cosenza, dove i due autori, assieme al direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, hanno incontrato molti cittadini parecchio indignati, ma pure stupiti. Infatti benché il pubblico fosse nella sua gran parte composto da persone assai informate, nessuno sapeva per esempio di come la Bulgaria avesse negli ultimi anni di gran lunga superato in ricchezza prodotta le regioni del sud. Un dettaglio di quelli non irrilevanti, che il libro racconta per spiegare la marginalità cui il meridione dell’Italia è stato relegato. Di chi siano le responsabilità è la domanda cui gli autori cercano di dare risposta. Partendo da Cavour, attraversando le fasi risorgimentali dell’unificazione del Paese, fino alla contemporaneità, fatta di una classe dirigente tra le peggiori. Pollichieni nell’esordio del dibattito aveva annunciato che il libro era fedele allo stile “contundente” della scrittura cui i due giornalisti ci hanno abituati, capaci di scarnificare le questioni per giungere rapidamente al punto. Ma nessuno commetta l’errore di considerare l’ultimo lavoro di Stella e Rizzo come un attacco anti meridionalista, al contrario, avverte Pollichieni, quelle pagine sono un atto d’amore che avvisano di una verità fin troppo elusa dalla politica italiana e cioè che se il sud non si salva, non si salva l’Italia intera. Questo legame, spiegano gli autori, è stato sapientemente ignorato dall’opportunistica propaganda leghista, ma pure da un polveroso e anacronistico rivendicazionismo neo borbonico. Il resto del danno lo hanno fatto i meridionali stessi. Per esempio, spiega Pollichieni, il governo più tenacemente antimeridionalista fu quello scaturito dalla schiacciante vittoria berlusconiana in Sicilia. Il valore aggiunto al disastro poi è giunto dalla classe dirigente, che per Stella “in Calabria è disastrosa”. La presentazione del libro è una summa di sconfitte, dal turismo, dove in Calabria – rivelano Stella e Rizzo – la cifra incassata da tutti i siti archeologici della Regione è di 27mila euro, tanto per dare una idea di come sia valorizzata una delle maggiori risorse del territorio. C’è spazio per l’angoscioso tema dei veleni interrati in quella che era la fertilissima Campania e pure per illustrare i danni della corruzione. Ma pure per esaltare qualche buon esempio, come quell’imprenditore che ha consegnato per tempo il tratto di A3 che aveva in appalto, anche se dal pubblico annunciano che ora quello stesso tratto è tornato chiuso al traffico, creando stupore tra gli autori del libro, le cui pagine non potevano che suscitare un animato confronto, finendo per parlare del ruolo dell’Università della Calabria. Un tasto dolente, che ha dato la stura al direttore del Corriere della Calabria per ricordare quell’esame brillantemente superato con raccomandazione dalla figlia del boss latitante e lo scandalo ancora non sanato perché “dopo due anni di indagini quell’esame non è stato ancora invalidato. E’ su questo terreno che occorre riconquistare l’onore perduto”. Il libro di Stella e Rizzo non è un saggio in cui non si scorgono i buoni e i cattivi, anzi con lucidità essi vengono consegnati al giudizio dei lettori, facendo emergere pure la speranza di un riscatto – cui gli autori tengono molto – che è necessario all’intero Paese. Il rischio invece è che prevalga il senso di resa, l’abitudine alla sconfitta di cui i meridionali devono liberarsi. (0070)