Marina è calabrese
«Ricordo ogni vicolo del mio paese e ogni momento che ho vissuto lì: la chiesa in cui sono stato battezzato, il campetto in cui ho giocato. Siete voi che ora, all’improvviso, vi ricordate di me». Roc…

«Ricordo ogni vicolo del mio paese e ogni momento che ho vissuto lì: la chiesa in cui sono stato battezzato, il campetto in cui ho giocato. Siete voi che ora, all’improvviso, vi ricordate di me». Rocco Granata sembra avercela un po’ con la Calabria che ha acceso i riflettori su di lui soltanto adesso che la sua vita di emigrato dal Sud – diventato famoso all’estero – è raccontata in un film, “Marina”, ispirato alla storia del cantautore nato a Figline Vegliaturo, nel Cosentino, che vive in Belgio dove si è trasferito sin da bambino assieme alla sua famiglia.
Si chiama Granata si traduce “Marina”, la canzone – che prende il nome da una marca di sigarette – che lo ha reso celebre anche fuori dai confini italiani: una vera e propria hit mondiale, con più di 500 versioni, molte delle quali affidate all’estro interpretativo di star come Dean Martin, Connie Francis e Caterina Valente. E da quando il film – un lavoro importante che, dopo il passaggio nelle sale, sarà trasmesso dalla Rai che lo coproduce assieme ai fratelli Jean Luc e Pierre Dardenne, i più rappresentativi tra i registi belgi del momento e per due volte vincitori della Palma d’oro al Festival di Cannes – è stato presentato in anteprima al Festival del cinema di Roma, Rocco ci tiene a precisare che questo lavoro nasce da un percorso lungo e complesso e che il rapporto che lo lega alla sua terra d’origine è sempre molto forte perché «Marina è calabrese».
Il cantante è stato nella sua Figline assieme al regista di “Marina”, Stijn Coninx, quando stavano preparando alcune scene e poi nei mesi scorsi con alcuni giornalisti belgi. «Vivo all’estero, ma sono sempre italiano e calabrese soprattutto», dice con fermezza prima di iniziare a parlare del film che in Italia uscirà a gennaio. Una pellicola – nel cast Luigi Lo Cascio, Donatella Finocchiaro, Matteo Simoni, Evelien Bosmans, Chris Van Den Durpel – che parte dal lontano 1949 quando Rocco, a quasi 10 anni, lascia la sua regione e con la famiglia si trasferisce in Belgio perché il padre decide di andare lì a lavorare in una miniera di carbone. I primi tempi – erano gli anni del Dopoguerra – sono difficili per lui: non comprende la lingua e non è semplice abituarsi al clima. Così decide di rifugiarsi nella musica contro il volere del padre: la fisarmonica è stata ed è una sua grande passione. In quel periodo, in breve tempo, con altri ragazzi mette su una band, “The international quartet”. Ma gradualmente oltre a suonare scrive anche canzoni. A 20 anni ne ha già composte alcune e “Manuela” è la prima che decide di incidere, ma poiché allora i dischi in vinile avevano il lato B, registra “Marina”, nata per caso una sera in un locale improvvisando un testo mentre guarda il cartello pubblicitario della marca di sigarette “Marina”. Da quel momento il musicista cosentino non si scoraggia: fa stampare a sue spese 300 copie del disco e nel giro di alcune settimane quella canzone diventa un tormentone ed è in vetta alle classifiche di tutta Europa. Così la carriera professionale di Granata conosce il successo. E non si ferma a “Marina”: scrive altri brani, partecipa come attore ad alcuni film musicali, e fonda l’etichetta indipendente “Cardinal Records” e la casa di produzione “Granata Music Editions”. Nel 1989 fa rinascere la canzone che lo ha reso celebre con un arrangiamento new beat. Nel 2007 pubblica Paisellu miu, un disco autobiografico con brani in dialetto calabrese in cui racconta la sua vita tra ricordi, nostalgie e tradizioni. E il film – nel quale Rocco recita un piccolo ruolo – parte dall’arrivo in Belgio e racconta la svolta con l’uscita di “Marina”.
Il cantante di Figline è orgoglioso per il gradimento che sta riscuotendo la pellicola: «È la storia di un emigrante e di “Marina”. Si sente pure il nostro dialetto». Ed è felice quando rivela: «In Belgio il film è già uscito da una settimana e ha superato “Gravity”, quello con George Clooney». Ma è un po’ dispiaciuto perché alla presentazione a Roma non c’era alcuna presenza istituzionale calabrese: «Forse non lo sapevano, spero però che facciano qualcosa perché “Marina” è calabrese, è una canzone nostra. In Belgio e in Germania mi hanno dedicato monumenti, in Italia e in Calabria nulla e questo un po’ mi fa male».
Granata vuole essere ricordato nella sua terra perché l’ha sempre portata nel cuore quando girava in Belgio con la sua orchestrina in cerca di fortuna. Sono lontani quei tempi, eppure lui non li ha dimenticati nemmeno quando quel brano gli ha regalato tanta notorietà: «Non bisogna pensare che quella canzone sia diventata un film per miracolo: ho sempre studiato musica, suonavo e lavoravo di sera. Dovevo guadagnare i soldi per incidere i dischi e ho lottato per far uscire “Marina” ma anche tutti gli altri brani. Ho partecipato a Sanremo e ho fatto molte tournée. Poi ho scritto un libro sulla mia vita e da questo il regista ha tratto il film». Rocco vuole che la sua storia sia da monito soprattutto per i giovani: «Bisogna lottare per realizzare i propri sogni: io l’ho fatto prima e dopo il successo. È vero che mi identificano con “Marina”, un po’ come Modugno con “Volare”, ma ho fatto anche altro». Non si spiega perché quel tormentone «mi sono innamorato di Marina, una ragazza mora ma carina…» ha avuto un così grande successo: «Non lo so altrimenti ne avrei scritte altre mille. Forse perché è uscita in un periodo particolare ed è la canzone dell’emigrante».
Nel film è stato anche ritagliato un ruolo per Granata: «Interpreto il signor Fiocchi, il proprietario di un negozio di Bruxelles dove sono andato a comprare la mia prima fisarmonica. Io non avevo i soldi e quando gli ho detto che mio padre faceva il minatore, Fiocchi mi ha regalato lo strumento che tanto desideravo. Devo tutto ai miei genitori perché è grazie a loro che sono arrivato fin qui». Adesso la sua vita è in Belgio: «Sono sposato con una belga e ho due figli: un maschio, che fa il giudice, e una ragazza che ha studiato Filosofia. E ho cinque nipotini». E non pensa di tornare a vivere in Calabria: «No, perché qui ci sono i miei figli. Ho una casa in Francia e quando voglio posso venire a prendere un caffè in Italia e salutare i miei cugini a Figline». (0050)