REGGIO CALABRIA Non figura fra gli imputati del procedimento. Tanto meno sarebbe stato mai indagato. Eppure è il segretario questore del consiglio regionale Gianni Nucera a catalizzare dichiarazioni e accuse degli imputati sentito oggi nel processo “Alta tensione 2”, il procedimento che vede alla sbarra anche l’ex assessore comunale di Reggio Calabria Giuseppe Plutino.
«Nucera ha mentito»
Fino a qualche anno fa delfino di Nucera, finito in seguito dietro le sbarre perché considerato «referente politico del sodalizio, destinatario delle preferenze elettorali, ricevute sia dagli affiliati, sia da parte di terzi ma raccolti in suo favore dagli esponenti della cosca nel corso di varie consultazioni elettorali» anche grazie alle confidenze che il suo allora mentore ha sussurrato all’orecchio della Digos, Plutino – controesaminato dal pm Musolino – non ha esitato a puntare il dito contro il segretario questore: «Ritengo che Nucera mi abbia calunniato, sono sempre più convinto che abbia detto un sacco di bugie e che si facesse scudo di me per coprire il suo rapporto diretto con la famiglia Condemi. Con i Caridi, Nucera ha un rapporto personale e ancora più antico». Una conferma delle accuse formulate già qualche settimana fa dall’ex politico a carico di quello che un tempo era stato il suo mentore e in seguito sarebbe divenuto il suo “boia”. «Un buon politico – afferma – non lascia crescere nessuno accanto a sé. Nucera temeva che gli facessi ombra e aveva motivi di risentimento nei miei confronti perché stava preparando una lista per le comunali e sperava che mi candidassi con lui, ma io ho un altro modo di fare politica».
Nucera e la politica delle promesse mai mantenute
Una rottura maturata – a detta di Plutino – per ragioni politiche. «Quando è nato il Pdl si doveva procedere alla nomina degli organismi provinciali e cittadini. Io aspiravo ad una carica, ma Nucera ha fatto il nome di Suraci e quando ho chiesto spiegazioni ha cercato di prendermi in giro», ricorda l’ex assessore, che però non rinuncia a una stoccata velenosa contro il segretario questore, a suo dire malvisto nel quartiere di San Giorgio Extra, per la pessima abitudine di promettere molto in campagna elettorale e mantenere poco a urne chiuse. «Erano lamentele che si sentivano in giro» – afferma Plutino, senza volerne o saperne indicare con precisione gli autori –. «Ci sono politici che quando sono in campagna elettorale dicono sì a qualsiasi richiesta. La gente purtroppo vive di illusioni, la disperazione detta legge». L’ex assessore sembra non volere puntare il dito contro Nucera, non ricorda fatti specifici se non una circostanza che a lui avrebbe riferito l’ex moglie, eppure su un punto più volte è categorico: «Io in quel quartiere ci ho messo la faccia – dice – per questo ho deciso di non candidarmi più con lui». Un distacco che Nucera, lascia intendere Plutino, non avrebbe digerito, ma che soprattutto si sarebbe tradotto nel tentativo del segretario questore di scaricare su di lui la responsabilità e il peso del suo rapporto con la famiglia Condemi – cugini dell’ex assessore finito in manette, ma anche del potente clan Caridi – da sempre protagonista del rastrellamento delle preferenze in suo favore nella zona di San Giorgio Extra.
Galeotto fu il posto in Regione
Un rapporto cristallizzato nella serrata – e burrascosa trattativa – nata attorno al posto di lavoro che – stando a quanto denunciato da Nucera alla Digos – i Condemi all’indomani delle elezioni avrebbero preteso per uno di famiglia in cambio dell’impegno elettorale profuso e che toccherà infine alla nipote di Domenico Condemi, Maria Cuzzola. La ragazza, cugina di Condemi, ma anche nipote di Cosimo ed Eugenio Borghetto – due nomi più che noti nella ‘ndrangheta reggina – viene assunta con un contratto a progetto ma non entra nella struttura di cui lo stesso Plutino aveva per lungo tempo fatto parte «perché Nucera – dice l’ex assessore, accennando allo scandalo Parentopoli che ha colpito la Regione Calabria – fu costretto a eliminare la moglie, i figli, i nipoti…».
Nella ricostruzione della vicenda fornita agli inquirenti dal segretario questore la soluzione sarebbe non piaciuta ai Condemi che assieme a Plutino avrebbero gestito tutta la trattativa, rifiutandosi infine di far firmare alla Cuzzola il contratto proposto.
Le accuse di “Doddi”
Una versione che oggi in aula Plutino ha più volte negato, puntando il dito contro Nucera, ma lo stesso Domenico Condemi, “Doddi” – accusato di aver lasciato sulla sua auto una bottiglia di benzina con tanto di miccia innescata per manifestare il suo disappunto per l’esito della vicenda – ha respinto al mittente. «Il lavoro lo abbiamo rifiutato noi perché la ragazza o frequentava l’università a Catanzaro o andava a lavorare. Fosse stata una cosa fissa, ma per una cosa a tempo determinato non valeva la pena. Per me Nucera si è messo quella tanica da solo. Che motivo avrei avuto? Lui ci ha offerto una cosa e noi abbiamo rifiutato», afferma Condemi che dice chiaramente: «Era lui ad avere bisogno di troncare il legame con noi». Come poco prima di lui il cugino, che in precedenza ha anche ricordato come Nucera abbia personalmente aiutato Condemi per “verificare” l’iter di una pratica di Sviluppo Italia, “Doddi” conferma i rapporti che per lungo tempo hanno legato l’attuale segretario questore e la sua famiglia, senza rinunciare a una stoccata polemica. «Nucera ha detto di essere intimorito da me, ma vorrei chiedergli se aveva la stessa paura quando andavamo a braccetto a chiedere i voti in tutta San Giorgio Extra», dice nel corso delle lunghe, stentate ma pesantissime dichiarazioni spontanee che ha chiesto e ottenuto di fare. Anche per lui Nucera ha mentito, così come a suo dire avrebbe mentito il figlio del segretario questore che – interrogato come testimone – ha nel corso delle passate udienze affermato di non aver mai avuto a che fare con i Condemi. «È venuto a casa mia a portare un cartellone per le elezioni di suo padre, ne abbiamo messo un altro a Croce Valanidi da mio nipote e lui era con me».
Nucera e le pratiche di voto assistito
Ma soprattutto, lascia intendere “Doddi”, un rapporto c’era e doveva anche essere confidenziale se è vero che sarebbe stato lo stesso Francesco Nucera a chiedergli di accompagnarlo «per togliersi una grande soddisfazione» il giorno delle elezioni: «Siamo andati alla sezione 131, ha preso 11 o 15 schede di malati di mente e le ha firmate tutte lui». Allo stesso modo l’entourage del segretario questore avrebbe tentato di pilotare il voto tra gli anziani di San Giorgio Extra: «A mio figlio che all’epoca aveva otto anni chiedevano di accompagnarli presentandosi come il nipote, doveva entrare con loro e scrivere Nucera».
Affermazioni confermate anche dal fratello di Condemi, Filippo, che senza farsi pregare dice chiaramente non solo che «con Nucera abbiamo rapporti diretti dal 2000. Abbiamo fatto tutte le campagne elettorali per lui, a spese nostre», ma soprattutto che l’ex segretario è stato per lungo tempo una presenza fissa anche nella vita quotidiana della famiglia. «È venuto al mio matrimonio, è rientrato da Roma per la morte di mia madre, è venuto al funerale di uno zio», sottolinea Condemi, senza tralasciare quel viaggio a Cosenza fatto assieme all’onorevole «per avere luce sul progetto che avevo presentato».
Tutta colpa della Questura
Ma i Nucera non sono l’unico bersaglio delle critiche dei due fratelli. Anche il personale della Questura sarebbe responsabile «di avermi rubato la vita con cose che non esistono», dice “Doddi”, tentando di scagionare tanto Bruno Doldo – poliziotto, cognato di Plutino come lui finito in manette – come quel Bruno Falco che nella ricostruzione della Procura lo avrebbe informato delle indagini a suo carico. Parole che trovano eco in quelle del fratello, che poco dopo di lui
più volte ironizzerà sulle accuse che gli sono state rivolte, come sulle dichiarazioni dei collaboratori. «Avevo 9 anni prima della guerra di `ndrangheta, guidavo una bici blindata», risponde Condemi all’avvocato Iaria, quando il legale tenta di fare accenno alle accuse del collaboratore di giustizia Roberto Moio, che ha in precedenza ha identificato i due fratelli come autisti del boss Caridi.
«La `ndrangheta non esiste»
Ugualmente ironica è la risposta che il legale riceve quando tenta di affrontare con Condemi l’argomento ndrangheta. «Forse la `ndrangheta esisteva cento anni fa, adesso vedo solo scemenza in giro. Ma poi essere `ndranghetista da cosa si deduce, da un’intercettazione?», sibila Condemi suscitando le ire della presidente De Pascale, costretta più volte a richiamarlo durante il suo esame. Richiami vani se è vero che nel rispondere all’ultima domanda del suo legale Condemi afferma: «Quando ho sentito Pignatone che parlava di un’intercettazione dei fratelli Condemi con Oppedisano ho detto: “O sono ubriaco io oppure…”». Un argomento scivoloso anche per l’ex assessore comunale Giuseppe Plutino, che nel rispondere – quasi imbarazzato – al pm Musolino dice: «Ho scoperto che la `ndrangheta esisteva a San Giorgio con l`operazione “Wood”, nel 1997 che ha coinvolto anche i Caridi. Fino ad allora non ho avuto sentore che fossero mafiosi. Oltre a saperlo dai giornali, io non l’ho mai percepito». (0050)
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