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Affari calabresi per il patron delle discariche romane

Manlio Cerroni, patron delle discariche laziali, era passato anche dalla Calabria. E, in un certo senso, era inevitabile che fosse così: l`immondizia, per chi la considera un business, è molto reddit…

Pubblicato il: 09/01/2014 – 15:57
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Affari calabresi per il patron delle discariche romane

Manlio Cerroni, patron delle discariche laziali, era passato anche dalla Calabria. E, in un certo senso, era inevitabile che fosse così: l`immondizia, per chi la considera un business, è molto redditizia se si accompagna all`emergenza. La Calabria, dove l`emergenza è stata norma per 17 anni, ha fatto gola alla maggior parte dei grandi gruppi del settore. E Cerroni, arrestato questa mattina dai carabinieri del Noe di Roma, non fa eccezione. Nell`elenco delle aziende con le quali l`imprenditore «ha intrattenuto rapporti (cariche sociali, quote sociali, percettore di redditi», gli investigatori hanno trovato anche la Calabria Ambiente spa. L`azienda ha una sede a Cosenza – in via Monte San Michele, già indicata in passato come crocevia di molti interessi che ruotano attorno alle pratiche istruite con la vecchia legge 488 – e un ufficio a Roma. E lo scopo per cui era nata è la «progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione degli impianti componenti il sistema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani “Calabria Nord”». Una vecchia storia, costata ai cittadini calabresi anni di impasse gestionale e diversi milioni di euro. “Calabria Nord”, infatti, è quella parte del sistema pensato per trattare i rifiuti che non è mai partita. Quella porzione della rete della monnezza che prevedeva la realizzazione di un termovalorizzatore a Bisignano e di tutta una serie di altre strutture mai realizzate. Dentro quella società c`era Cerroni – ne è stato il rappresentante legale dal 14 gennaio 2002 e, dal 7 maggio 2009, «ha assunto la carica anche di presidente del cda e di consigliere» –, uno che di certo non ha problemi a fiutare un business. Infatti, la convenzione firmata nel 2000 in uno studio notarile di Catanzaro aveva spalancato le porte di un affare da 300 milioni di euro.

IL SISTEMA MAI NATO
Dopo più di 11 anni dalla stipula di quell`accordo, la relazione della commissione parlamentare d`inchiesta sul ciclo dei rifiuti bollava l`esperienza come un fallimento: «Nonostante i precisi impegni contrattuali assunti, nessuna opera è stata realizzata, a causa dell`opposizione dei comuni interessati e dell`incapacità a superare tali opposizioni, a dispetto degli ampi poteri che il legislatore e le varie ordinanze del presidente del consiglio dei ministri hanno riconosciuto al commissario». Tutto fermo, dai sistemi di trattamento dei rifiuti al termovalorizzatore previsto a Bisignano. E i guai cominciano qui. Infatti, per tutti gli impianti era stato concluso un regolare contratto di appalto tra il commissario delegato e la “Calabria ambiente spa”. Bene (si fa per dire), dopo l`accordo i siti non sono stati consegnati al raggruppamento di imprese, anche se il commissario aveva cercato altri siti – San Marco Argentano, Altilia e Cellara – prima di indicare quello di Bisignano. Tra autorizzazioni concesse all`unanimità (è successo a Cellara e Bisignano) e poi revocate per «rivolta di popolo», quel termovalorizzatore non è mai stato costruito. E il fatto – a prescindere dalle considerazioni di natura ambientale – è diventato un danno enorme per le casse dello Stato: dopo la risoluzione del contratto di appalto, un collegio arbitrale ha condannato la Presidenza del consiglio dei ministri al risarcimento dei danni provocati alla società appaltatrice. Il prezzo dello stallo? Poco più di 30 milioni di euro, più gli interessi e le spese. Il lodo arbitrale che ha sciolto la controversia (poi impugnato dall`Avvocatura regionale) dà tutte le colpe al commissario per l`emergenza ambientale, visto che «le difficoltà e criticità opposte dai comuni e dalle comunità interessate alla localizzazione degli impianti e dalla realizzazione dei siti erano note al commissario al momento della stipula della relativa convenzione», firmata il 20 ottobre 2000, «e del successivo atto aggiuntivo», datato 18 dicembre 2001. E la “Calabria Ambiente” di Cerroni? Non ha potuto aprire alcun cantiere per colpa dello Stato, dunque si è buttata nella disputa legale per racimolare qualche milione. Gli affari si fanno anche così. (0020)

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