MEDIA E POTERE | La Calabria "Bella addormentata"
Meno male che ancora qualche amico che legge i giornali, sia pure con grande ritardo, il senatore Tonino Gentile lo ha, altrimenti a sua insaputa chissà quanti altri oscuri tramatori si sarebbero sca…

Meno male che ancora qualche amico che legge i giornali, sia pure con grande ritardo, il senatore Tonino Gentile lo ha, altrimenti a sua insaputa chissà quanti altri oscuri tramatori si sarebbero scatenati in queste ore per cercare di favorirlo oscurando l’antipatica vicenda giudiziaria riguardante il suo figliolo.
Si sa, la Calabria è terra soporifera: si addormentano in tanti e improvvisamente: si addormentano magistrati e si addormentano politici, si appisolano dirigenti di partito e ronfano alla grande i capetti dell’antimafia danzante e saltellante. A far, poi, da guardia a tutela del sonno di potenti e potentati c’è un certo giornalismo (qualcuno lo definì «di mutanda»). Da noi, direbbe l’aretino Pietro, il giornalista è come la ruota: «unger ti piaccia l’una perché giri e l’altro perché taccia».
Poi capita che Luciano Regolo si metta di traverso e il meccanismo s’inceppa con il risultato che si svegliano tutti e tutti starnazzano, anche quelli che farebbero assai meglio a tacere.
Adesso che con il tardivo risveglio del principale protagonista della purulenta vicenda, il senatore Tonino Gentile, tutto si è consumato, vediamo di rimettere le cose al loro posto. Analizzando personaggi e interpreti di questa odiosa commedia delle parti.
LUCIANO REGOLO
Ha la nostra amicizia e la nostra solidarietà, vera e non pelosa come altre che pure abbiamo registrato. Messo davanti alla scelta tra la propria dignità e il piegarsi alle ragioni dell’editore, dello stampatore e del futuro stesso della sua direzione non ha esitato e ha scelto per la prima. Forse avrebbe avuto minori delusioni se si fosse documentato bene su usi e consuetudini che accompagnano i rapporti tra editoria e politica in Calabria. Avrebbe scoperto che la tipografia De Rose è dotata di particolare sensibilità e si rompe sempre nel momento giusto. Lo dico per esperienza personale; 20 luglio 2010, l’editore mi chiede di “mettere mano” alla stesura del giornale, i nuovi padroni della Regione (Scopelliti e Gentile) reclamano la testa del direttore, il direttore va via e scrive tutto in un lungo editoriale senza nulla nascondere ai lettori (proprio come ha fatto ora Luciano Regolo) ma la tipografia si rompe e il giornale non va in edicola, con buona pace dell’editoriale di commiato e del suo direttore. Qualche settimana dopo, ma è chiaro che trattasi di una mera coincidenza, l’editore di Calabria Ora (all’epoca si chiamava così), che nella vita non fa l’editore ma l’imprenditore nel campo della sanità privata, riceve dalla Regione Calabria nove accreditamenti per altrettante cliniche. Ovviamente, siccome quella linea editoriale non stava sulle palle solo a Gentile ma anche agli altri potentati di centro, di destra e di sinistra, nessuno si stracciò le vesti per la violata libertà di stampa. Anzi…
È anche per questo che oggi riconosciamo a Luciano Regolo il merito di aver contribuito a far saltare il coperchio di una pentolaccia che bolle da anni.
UMBERTO DE ROSE
Qui, caro Luciano Regolo, cominciano le ipocrisie dell’Ordine dei giornalisti, del tuo Cdr, dei politicanti che ti offrono solidarietà pelosa e persino del nuovo editore. Definire Umberto De Rose semplicemente come «lo stampatore» del giornale è una balla colossale condita di falsità in quantità industriale. È molto di più, Umberto De Rose. È un pezzo grosso della struttura di Confindustria (ne è stato presidente regionale), ha un intenso vissuto da politico (è stato candidato a sindaco di Cosenza per Forza Italia e quindi sponsorizzato dai fratelli Gentile), oggi è l’intoccabile capo di Fincalabra. Intoccabile al punto da rifiutare di render conto del suo operato anche alla Commissione di vigilanza del consiglio regionale della Calabria, cioè dell’Ente che lo ha nominato. Con il presidente Aurelio Chizzoniti sono volati stracci e ricorsi in Procura per via di assunzioni facili che Fincalabra avrebbe fatto e delle quali non intende rendere conto. Guarda caso, tra le assunzioni “sospette” c’è quella della figlia di Tonino Gentile, Lory, sorella di Andrea. E lo stesso Andrea Gentile, oggi al centro delle cronache giudiziarie, ha rapporti con la stessa Fincalabra e con la Field, società gestita dal presidente Mimmo Barile fin quando questi non è scappato via con la cassa. Detto questo, è assai difficile ritenere che Umberto De Rose si sia mosso autonomamente, anzi all’insaputa del senatore Gentile. Altrettanto difficile, caro Luciano Regolo, è ipotizzare che le sue telefonate all’editore fossero una mera ingerenza. Umberto De Rose è solo stato usato come mediatore tra due parti in guerra fra loro: la famiglia Citrigno, che a torto o a ragione imputa ai Gentile quella che ritiene una persecuzione giudiziaria, e la famiglia Gentile che incarna a Cosenza la massima secondo la quale comandare è meglio che fottere. Ed è sincero De Rose quando dice: ma come, mi avete messo in mezzo ed ora vi tirate indietro? Così come è sincero quando dice che al senatore Gentile, in corsa per fare il sottosegretario alla Giustizia (chissà che ne pensa l’ottimo Nicola Gratteri, in predicato per il posto di Guardasigilli), è stato garantito che la notizia del coinvolgimento del suo figliolo non sarebbe stata pubblicata da nessun altro giornale. Abbiamo visto che qualcuno effettivamente si è guardato bene dal darla quella notizia.
ALFREDO CITRIGNO
Gli vanno riconosciute le attenuanti generiche. Capiamo bene cosa si cela dietro il passaggio del direttore Regolo che fa riferimento alle «pressioni psicologiche» connesse alle attuali vicende giudiziarie che aggrediscono il suo patrimonio familiare e creano nuovi grattacapi al padre. Detto questo, però, resta l’incredibile arrampicata sugli specchi che Citrigno va a tentare nel giustificare il tentativo di convincere il suo direttore a togliere la notizia che tanto infastidisce il potente senatore Gentile. Da quando in qua l’editore si preoccupa della tutela penale del direttore? E che fiducia ha nel suo direttore un editore che gli domanda se una notizia messa in prima pagina ad apertura del giornale è stata verificata? Alfredo Citrigno sapeva bene che la notizia era vera, in città circolavano le fotocopie dell’ordinanza del gip con le tre paginette dedicate alle intercettazioni di casa Gentile. Mente ancora, Alfredo Citrigno, quando dice che nessun sito l’aveva pubblicata: aveva letto la notizia data dal Corriere della Calabria e aveva visto che non c’era solo la notizia ma anche il testo delle intercettazioni. Ci ha provato, si era lasciato convincere, poi gli è scoppiata in mano la “bomba Regolo” ed è andato nel pallone cercando un dietrofront e lasciando il cerino in mano a De Rose «lo stampatore».
Altra attenuante che va riconosciuta, però, ad Alfredo Citrigno risiede nel fatto che altri editori sono stati più fortunati: in casa loro dall’editore all’usciere passando per il direttore e tutto il corpo redazionale, nessuno ha battuto ciglio davanti all’ordine: la notizia del figlio di Gentile non va data. Mai “buco” giornalistico è stato più voluto, inseguito, ostentato!
L`ORDINANZA DEL GIP
C’è un convitato di pietra in questo teatrino della Calabria “Bella addormentata”. È la Procura della Repubblica di Cosenza. Qui il discorso va aperto e poi sospeso in attesa di vedere meglio le carte, capire meglio le indagini, valutare meglio le decisioni prese e quelle non prese. Nell’attesa una cosa però la possiamo dire: è il gip che ha consentito al Corriere della Calabria lo “scoop”, che poi scoop non è ma lo diventa solo davanti alla pervicacia abdicazione del giornalismo «di mutanda» rispetto ai propri doveri. La Procura aveva disposto lo stralcio della posizione dell’indagato Andrea Gentile. Ha fatto bene? Ha fatto male? Vedremo. Siamo curiosi di leggere la richiesta di applicazione delle misure interdittive firmata dai pubblici ministeri, allo stato dobbiamo fare uso della sola ordinanza del gi
p. Il quale gip scrive avendo riguardo all’intero incartamento processuale e non solo alla richiesta del pubblico ministero. Ecco, se il gip non avesse scritto quelle tre paginette sugli “stralciati” tutto questo casino non sarebbe mai esploso.
E il nascituro governo Renzi non avrebbe dovuto privarsi della possibilità di contare su un sottosegretario della levatura di Tonino Gentile. (0050)