CLAN IN BRIANZA | Scoperta la banca della `ndrangheta
MILANO La polizia sta eseguendo alcune decine di arresti in Lombardia e in altre regioni italiane, al termine di un`indagine nei confronti di presunti appartenenti alla `ndrangheta operanti in Brianz…

MILANO La polizia sta eseguendo alcune decine di arresti in Lombardia e in altre regioni italiane, al termine di un`indagine nei confronti di presunti appartenenti alla `ndrangheta operanti in Brianza. In corso anche perquisizioni e sequestri di beni mobili, immobili e società per un valore di decine di milioni di euro. Gli inquirenti hanno scoperto a Seveso una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell`usura, grazie ad un`ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari. I capitali accumulati, hanno inoltre accertato gli inquirenti e gli investigatori, oltre a essere esportati in Svizzera e a San Marino venivano reimpiegati dall`organizzazione attraverso l`acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione. Secondo gli inquirenti, inoltre, i membri dell`organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di `ndranghetisti detenuti.
«COME LA BANCA D`ITALIA» Giuseppe Pensabene, il presunto capo del clan della `ndrangheta radicata in Brianza smantellato oggi con un`operazione della Dda di Milano, era «una sorta di “Banca di Italia”». Lo scrive il gip di Milano Simone Luerti nell`ordinanza di custodia cautelare riportando le parole di uno degli arrestati che così descrive in un`intercettazione il presunto boss. Pensabene e il suo gruppo criminale, spiega il gip, «hanno operato come una vera e propria banca clandestina». Non è un`esagerazione affermare, scrive il gip nell`ordinanza a carico di 40 persone (21 in
carcere e 19 ai domiciliari) «che Pensabene ed il suo gruppo criminale hanno operato come una vera e propria banca clandestina, gestendo flussi di denaro liquido ingentissimi sicuramente di provenienza delittuosa, ed investendolo in operazioni finanziarie e speculazioni immobiliare illecite». L`enorme disponibilità di denaro liquido, spiega ancora il giudice Luerti, «da parte di Giuseppe Pensabene giustifica pienamente, e rende perfettamente calzante, l`affermazione di Morabito Maurizio (uno degli arrestati, ndr), nel corso della conversazione ambientale del 03 agosto 2011, alle ore 16.54, quando, dopo avere riepilogato le consistentissime somme di denaro investite nei diversi affari, lo stesso Morabito definiva Pensabene come una sorta di “Banca di Italia”». Morabito intercettato diceva: «Ah, già stasera la devi vedere? Mannaggia… ci vuole la Banca di Italia per davvero con te… e abbiamo bisogno della Banca di Italia? Tutti i giorni abbiamo… 50, 60, 30…». Si riferisce, chiarisce il gip, «a somme di denaro contante variabili dai 30 ai 60 mila euro». Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini ha spiegato che «la “sede” della banca della `ndrangheta era in un tugurio a Seveso. Un ufficio in cui le condizioni logistiche erano al di sotto della soglia del vivere civile, eppure in questo luogo Pensabene (il presunto capo, ndr) e i suoi sodali sono riusciti a gestire centinaia e centinaia di milioni di euro». «In quell`ufficio hanno avuto la possibilità di irretire imprenditori, alcuni dei quali hanno visto la convenienza di frodare lo Stato con fatture false, assegni con prestanome e altro – ha aggiunto il magistrato -. Ciò per favorire sé stessi, non le proprie aziende né il nostro Paese. Al centro di tutto c`è la potenza economica dell`organizzazione, che avendo capitali freschi in un periodo di crisi, diventa attraente per molti. Un elemento preoccupante è il fatto che, ancora una volta, abbiamo trovato imprenditori usurati e malmenati che hanno preferito non denunciare».
MEGLIO LE POSTE «Per i soldi sono meglio le Poste…». A parlare è Giuseppe Pensabene, `ndranghetista a capo dell`organizzazione smantellata dalla polizia e dalla Dda di Milano, che agiva nella provincia del capoluogo lombardo e in Brianza. Le parole sono contenute in un`intercettazione in cui il boss parla della convenienza per il gruppo di conti negli uffici postali, dove in alcuni casi poteva contare sulla complicità di dipendenti (anche un direttore) infedeli che non effettuavano le segnalazioni previste per legge. In tal senso Pensabene dice: «Alle poste è meglio, perché possiamo avere subito 100-200mila euro da usare per i nostri affari…». Sul tema si è espresso il pm Giuseppe D`Amico nel corso della conferenza stampa organizzata in questura a Milano alla presenza del procuratore generale Edmondo Bruti Liberati, del procuratore Ilda Boccassini e del capo della squadra mobile Alessandro Giuliano. «A livello legislativo – ha dichiarato D`Amico – bisogna intervenire perché Poste Spa è diventata una banca a tutti gli effetti».(0070)