METASTASI | L`«uomo dei Coco Trovato» nel consiglio comunale di Lecco
LECCO La metastasi a Lecco, ossia la cosca Coco Trovato, era coordinata, così come gli altri clan presenti a Milano e nella province limitrofe, da quella sorta di “cupola” chiamata “La Lombardia” e s…

LECCO La metastasi a Lecco, ossia la cosca Coco Trovato, era coordinata, così come gli altri clan presenti a Milano e nella province limitrofe, da quella sorta di “cupola” chiamata “La Lombardia” e scoperta con l`inchiesta cosiddetta “Infinito” del luglio 2010 che aveva portato a oltre 170 arresti al Nord.
La cosca dei Trovato avrebbe creato una «condizione di assoggettamento e di omertà nel territorio di Lecco», mettendo in atto anche forme di «coercizione elettorale». E il consigliere comunale di Lecco Ernesto Palermo, arrestato oggi assieme al presunto boss della `ndrangheta Mario Trovato e ad altre otto persone, si sarebbe adoperato anche per «incidere sulla raccolta dei voti e sull`andamento delle consultazioni elettorali locali». Lo si legge nell`ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro. L`associazione mafiosa, secondo l`imputazione, procacciava voti anche per altre persone durante le elezioni «in cambio di future utilità».
Mafia e politica, un sodalizio che miete “successi” dalla Calabria al profondo Nord. Dalle intercettazioni sull`inchiesta della Dda di Milano sulla presenza della `ndrangheta a Lecco emerge che Palermo, accusato di associazione mafiosa, si definiva, parlando con altre persone al telefono, uno dei «nuovi uomini dei Trovato».
Ernesto Palermo, consigliere comunale a Lecco e insegnante in un istituto professionale, era iscritto al Pd e dal 2011 è passato al Gruppo misto. Era in Commissione lavori pubblici e patrimonio e forse proprio per questo suo ruolo avrebbe avuto facilità, secondo le accuse, di manovrare appalti e concessioni e intervenire per modificare il piano di governo del territorio per favorire gli interessi dell`associazione mafiosa.
È accusato, stando all`imputazione, di essere un «partecipe sotto le direttive» di Mario Trovato, fratello del boss Franco Coco Trovato, e si sarebbe occupato per conto del clan «in qualità di uomo politico e consigliere comunale dei rapporti con esponenti politici e pubbliche amministrazioni comunali». Il suo ruolo sarebbe stato quello di acquisire «appalti e concessioni» e di intervenire per modificare il piano di governo del territorio per favorire gli interessi dell`associazione mafiosa.
Il consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, secondo l`accusa, si sarebbe adoperato direttamente per far ottenere al clan la concessione dell`area comunale “Lido di Parè” sul lago di Como, già oggetto in passato di una serie di attentati incendiari. Per l`acquisizione della concessione, che doveva essere effettuata da una società dei Trovato in cui aveva investito anche Palermo, secondo l`inchiesta, sarebbe arrivata una mazzetta da diecimila euro a Marco Rusconi, sindaco di Valmadrera, dove sorge il lido.
Nelle intercettazioni, come ha chiarito il pm Gittardi, Palermo parlava «come un uomo di `ndrangheta» e avrebbe attribuito la sua elezione anche «all`appoggio che gli hanno dato i Trovato». E diceva poi, sempre secondo il pm, che se ci fosse stato ancora il “vecchio” boss Franco Coco Trovato al comando della cosca sarebbe diventato anche assessore.
Palermo, tra l`altro, sempre stando all`ordinanza, avrebbe anche partecipato «all`attività estorsiva e di protezione nei confronti degli esercizi commerciali». Come nell`episodio dell`attentato a “colpi d`arma da fuoco“ ai danni dell`Old Wild Cafè avvenuto la notte del 16 gennaio 2012: Palermo e Mario Trovato avrebbero cercato di «costringere» i gestori del locale a versare «una somma di denaro a titolo di protezione». Per acquisire, invece, l`area comunale del Lido di Valmadrera, «attraverso la sostanziale gestione della società “Lido di Parè srl”», Palermo, Trovato e altri due avrebbero prima promesso diecimila euro al sindaco della cittadina, Marco Rusconi, e poi gli avrebbero versato una mazzetta di cinquemila euro.
Palermo, sempre stando alle imputazioni, sarebbe intervenuto per «turbare» anche le procedure pubbliche per la «modifica di destinazione urbanistica di un`area riferibile» a una società amministrata da una donna, che avrebbe dovuto versare 60mila euro. E per la modifica di una «strada pubblica» un`altra persona avrebbe pagato 15mila euro. Trovato e altri del clan poi avrebbero tentato di mettere a segno un`estorsione da 200mila euro.
«PAPÀ FA INCONTRARE I DELINQUENTI»
«Gli ho detto prendi due taniche di benzina e dagli fuoco». Così parlava il consigliere comunale di
Lecco, Ernesto Palermo, riferendosi a una persona che si lamentava con lui perché stavano aprendo un nuovo bar «sotto i portici».
L`intercettazione ambientale è riportata nell`ordinanza di custodia cautelare di 566 pagine firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro, su richiesta dei pm della Dda Claudio Gittardi e Bruna Albertini. Nel provvedimento sono riportate tantissime intercettazioni che dimostrano, secondo l`accusa, che Palermo parlava proprio come un affiliato alla cosca, usando anche il gergo violento della `ndrangheta.
Una telefonata del 21 gennaio 2012, nella quale Palermo parla con la figlia Anna, offre poi, secondo i magistrati, uno «spaccato illuminante sia della struttura associativa» che dell`attività di «sostegno» del consigliere «alla vita» del clan. Alla figlia che gli chiede spiegazioni su alcuni personaggi che Palermo frequenta, il consigliere risponde: «Papà lo sai che cosa fa? Ti dico la verità … papà, fa
incontrare i delinquenti e loro fanno le cose, hai capito? A me non interessa! Io non le faccio le cose, hai capito? Io sono sicuro, io non le ho mai fatte, io le faccio fare a loro!».
MEGLIO IL VECCHIO BOSS
Palermo, prò, si lamentava anche della diversa caratura dei nuovi boss rispetto ai vecchi. «Se c`era Franco fuori ed io ero in questa posizione qua andavo da lui e dicevo che potevo avere la
possibilità di essere eletto (…) mi faceva eleggere! Andava lui a contrattare l`assessorato». Così il consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, finito oggi in carcere con l`accusa di associazione mafiosa, si lamentava in una telefonata intercettata della “debolezza” del presunto boss della cosca
Mario Trovato, rispetto alla “potenza” che esercitava in passato il fratello Franco Coco Trovato, già condannato all`ergastolo. La telefonata del 27 aprile 2011 è contenuta nell`ordinanza di custodia cautelare emessa nell`ambito dell`inchiesta della Dda di Milano. «Tutti i boss – diceva Palermo parlando con un presunto affiliato – io tutti i boss li conosco tutti, io c`ho lo stesso rapporto con il boss, quello che abbiamo visto lì, quello era Mancuso».