"El dorado", chiesto il rinvio a giudizio per 21
CONDOFURI Per il pm Antonio De Bernardo dovrebbero tutti affrontare in giudizio le pesanti accuse loro contestate i ventuno soggetti coinvolti nell’operazione “El dorado”, l’inchiesta che per la pri…

CONDOFURI Per il pm Antonio De Bernardo dovrebbero tutti affrontare in giudizio le pesanti accuse loro contestate i ventuno soggetti coinvolti nell’operazione “El dorado”, l’inchiesta che per la prima volta ha portato alla luce l’esistenza di un locale di `ndrangheta a Gallicianò, dove la criminalità organizzata aveva il nome e il volto della famiglia Nucera. È dunque per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi, riciclaggio e impiego di denaro e beni di provenienza illecita, di cui sono a vario titolo accusati, che il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per Antonino Casili, Alberto Corso, Augusto Corso, Domenico Foti, Concetto Manti, Tommaso Mesiano, Antonio Nucera, classe 1955, Antonio Nucera, classe 1941, Bruno Nucera, Carmelo Nucera, Carmelo Nucera, Diego Nucera, Domenico Nucera, Francesco Nucera, Giuseppe Nucera, Raffaele Nucera, classe 1963, Raffaele Nucera, classe 1973, Roberto Raso, Pietro Rodà, Domenico Vitale e Girolamo Zindato.
Stando a quanto emerso nel corso delle indagini, anche nella piccola frazione di Gallicianò, a Condofuri, dove le inchieste della Dda reggina hanno già in passato individuato due distinti locali, i clan – ha svelato l’inchiesta – hanno messo radici: lì era il cuore del rodato sistema di riciclaggio di denaro sporco, che gli uomini delle `ndrine ripulivano attraverso ditte del Viterbese, per poi riportarlo in Calabria. In combutta con Alberto Corso, i fratelli Nucera avrebbero infatti investito oltre 600mila euro nelle ditte “Nucera Trasporti”, “Vitercalabra” e “Ortofrutta Ciminà”, da cui mensilmente veniva fatta arrivare a Gallicianò una quota di 7500 euro, più 50mila euro di una tantum, che periodicamente dal Lazio veniva inviata ad Antonio Nucera, incaricato di redistribuirli fra chi in principio aveva finanziato l’operazione.
Un meccanismo svelato dalle minuziose indagini della Dda, e avvalorato anche dalla viva voce dei protagonisti, che nel corso delle migliaia di conversazioni intercettate e messe agli atti del procedimento, non solo discutevano di affari, ma anche di regole, riti, affiliazioni e cariche. A guidare il locale erano – stando alle risultanze investigative – Giuseppe e Antonio Nucera, responsabili non solo della gestione interna del clan, ma anche dei rapporti con le altre `ndrine del territorio. (0090)