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"Alta tensione", arrivano condanne durissime

REGGIO CALABRIA In sede di requisitoria, il pm Stefano Musolino aveva chiesto al collegio di valutare le responsabilità degli imputati, ma anche di mandare un messaggio alla città. E dai giudici non…

Pubblicato il: 14/04/2014 – 22:55
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"Alta tensione", arrivano condanne durissime

REGGIO CALABRIA In sede di requisitoria, il pm Stefano Musolino aveva chiesto al collegio di valutare le responsabilità degli imputati, ma anche di mandare un messaggio alla città. E dai giudici non avrebbe potuto arrivare una risposta più chiara. Sono condanne pesantissime quelle che il Tribunale di Reggio Calabria ha disposto per gli imputati del processo Alta tensione, il procedimento scaturito dall’inchiesta dall’indagine che ha raccontato come i clan Caridi-Borghetto-Zindato avrebbero imposto e mantenuto il proprio dominio sui rioni di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra, anche difendendolo dalle pretesi di altri clan come i Rosmini e i Serraino che su quei territori accampavano diritti. E quello tracciato dall’inchiesta è un quadro devastante e desolante, dove il degrado morale dell’oppressione mafiosa si trasforma in degrado sociale, visibile, palpabile, nelle facciate mai finite dei palazzi come nelle parole e soprattutto nei silenzi della gente comune, nello squallore dei luoghi, sottomessi alla ferocia di più cosche che nel tempo si sono contese e divise un unico territorio, come nell’omertà quasi compiacente delle vittime dei clan.
Uno sfacelo che, stando a quanto la pubblica accusa ha sostenuto e il Tribunale ha confermato, porta a vario la firma degli imputati, registi, manovali o vittime compiacenti di un medesimo sistema e per questo tutti condannati a pene che – sebbene lievemente più basse di quanto chiesto dal pm – rimangono comunque estremamente pesanti.

LE CONDANNE
Vent’anni di reclusione dovranno dunque passare dietro le sbarre Eugenio Borghetto, Bruno Caridi e Vincenzo Quartuccio, tutti condannati a pagare anche 6mila euro di multa. Medesima pena inflitta a  Giuseppe Modafferi, punito, oltre che con 20 anni di carcere, con 9 mila euro di multa. E’ invece di 16 anni di reclusione la pena inflitta a Natale Alampi, Paolo Latella, Matteo Perla e Santo Giovanni Caridi, condannato anche a pagare 6 mila euro di multa. Quindici anni di reclusione vanno a Natale Iannì e Osvaldo Salvatore Massara, mentre è di 12 anni di carcere la pena inflitta a Domenico Malavenda, Giampiero Melito, Fabio Pennestrì, Diego Rosmini, Sebastiano Sapone, Domenico Serraino e Giuseppe Zindato. È invece di 11 anni di carcere la condanna disposta dai giudici per Tommaso Paris, di 10 anni di reclusione quella stabilita per Tullio Borghetto, mentre rimediano entrambi 9 anni di carcere Giovanni Zindato e Giuseppe Cento, l’ingegnere per formazione, in seguito affermatosi come esperto di progetti sociali, sulla cui posizione il pm in sede di requisitoria si era soffermato a lungo per spiegare come il professionista fosse divenuto, per i Caridi-Borghetto-Zindato, l’uomo necessario per accaparrarsi i soldi messi a disposizione dal Comune per le politiche sociali.
Più lievi le pene inflitte agli imputati per posizioni minori. Il Tribunale ha condannato a 1 anno e 6 mesi Carmelo Gattuso e Pasquale Giuseppe Latella, a 1 anno di carcere Giuseppe Riggio, mentre incassa una condanna a 9 mesi, tre in più di quanto chiesto dal pm, Massimo Orazio Sconti. Rimediano invece 6 mesi di carcere Antonia Contestabile, Concetta Modafferi, Carmela Nava, Biagio Consolato Parisi e Giuseppe Parisi. Infine, come chiesto dallo stesso sostituto procuratore Stefano Musolino è stata disposta l’assoluzione perché il fatto non sussiste per Nicolina Zumbo. Per Francesco Modafferi e Franco Fabio Quirino, ucciso in un agguato a pochi giorni dalla requisitoria, il collegio ha disposto il non doversi procedere per intervenuta morte del reo.
Anche per i giudici del Tribunale di Reggio Calabria, sono questi dunque gli uomini che hanno costruito il sistema svelato dal pm Musolino nel corso dell’inchiesta come della lunga istruttoria dibattimentale. Un sistema che per anni ha schiacciato i quartieri, condannandoli al degrado, ha schiacciato i cittadini, gli imprenditori, i lavoratori riducendoli al silenzio e all’omertà. Un sistema che con queste condanne è stato colpito al cuore. (0020)

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