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INCHINO AL BOSS | Morosini: «Uso strumentale della Chiesa»

ROMA Il tradizionale “San Gianni”, che fa riferimento al battesimo che il Battista officiò nel Giordano nei confronti di Gesù, ha assunto negli anni una connotazione negativa. Infatti, nasce da «un…

Pubblicato il: 08/07/2014 – 12:29
INCHINO AL BOSS | Morosini: «Uso strumentale della Chiesa»

ROMA Il tradizionale “San Gianni”, che fa riferimento al battesimo che il Battista officiò nel Giordano nei confronti di Gesù, ha assunto negli anni una connotazione negativa. Infatti, nasce da «una riflessione pastorale su come oggi si presenta la figura del padrino» la proposta dell’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, di abolire per 10 anni i padrini per i sacramenti del battesimo e della cresima. Questo per ostacolare l’uso strumentale della Chiesa e dei sacramenti da parte della ‘ndrangheta. Per Morosini, riporta il Sir, «i padrini oggi vengono scelti per lo più tra amici, parenti, personalità che nulla hanno a che fare con l’educazione alla fede. Spessissimo è gente che non vive più la fede, non è praticante, agnostica, addirittura non credente». “I media – ha aggiunto – hanno voluto legarlo solo al problema della ‘ndrangheta, ma non è solo questo il motivo: è un’urgenza legata alla situazione della fede cristiana oggi; non è più una religione professata dalla maggioranza dei cittadini, ma da una minoranza, anche se i suoi riti si sono imposti culturalmente e permangono come momenti importanti per la cultura della maggioranza, soprattutto al Sud».
La ‘ndrangheta, che «fonda la sua forza sui legami familiari, che quanto più sono estesi tanto più danno potere – ha sottolineato mons. Morosini – l’ha trasformata in un’occasione per allargare i legami familiari e quindi l’ampliamento del potere. Certi battesimi vengono ritardati anche di molti anni, sino all’adolescenza e oltre, perché si aspetta che il padrino esca dal carcere».
L’arcivescovo reggino ne ha parlato recentemente con papa Francesco al quale aveva scritto lo scorso mese di marzo. «A voce ho ricordato al Papa il fatto e ho espresso la gravità del problema. Mi ha risposto – ha concluso il vescovo – assicurandomi di aver affidato la questione alla Segreteria di Stato, la quale ci ha invitato a discutere il problema a livello regionale e formulare una nuova richiesta, se condivisa».

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